150 miliardi di euro in 5 anni. E’ questa la cifra messa sul piatto da 10 operatori e fornitori di infrastrutture europei, riuniti nel progetto Make the Network for Europe. Scopo dell’alleanza – che riunisce le principali aziende europee del settore, da Telecom Italia ad Alcatel-Lucent, da Vodafone a Ericsson – è di ‘realizzare le reti di nuova generazione e sostenere la Commissione europea nell’obiettivo di portare la banda larga ‘veloce’ a tutti i cittadini europei entro il 2020’.
Sullo sfondo, anche la volontà di contrastare i produttori cinesi che, forse, sono più bravi nel pubblicizzare le loro mosse. Huawei, ad esempio, ha da poco annunciato che investirà nel Vecchio Continente oltre 4 miliardi di dollari entro il 2015 e assumerà 5.500 persone entro 5 anni.
“Noi – dice il portavoce di Ericsson – investiamo molto di più e assumiamo quanto loro se non di più. Semplicemente non lo facciamo sapere”.
L’entrata in carica della nuova Commissione è considerata dalle aziende di settore come una buona opportunità per rilanciare tematiche di grande rilevanza strategica come il mercato unico digitale, leva di nuove opportunità per risollevare le sorti di un settore ormai da troppi anni in perdita.
I fautori dell’iniziativa hanno anche un altro obiettivo: ottenere una semplificazione delle normative europee e difendere la net neutrality.
Sul loro sito è scritto molto chiaramente che le aziende si impegnano a “gestire il traffico sulle nostre reti utilizzando le ultime tecnologie, così che tutti i contenuti siano trasportati nella maniera più efficiente e in modo da migliorare l’esperienza di tutti gli utenti”.
“Migliorando le economie di scala e fornendo un’ampia varietà di servizi a diversi livelli di qualità e prezzo, offriremo prodotti convenienti economicamente e in grado di soddisfare ogni possibile esigenza dei consumatori e le necessità delle imprese”, si legge ancora sul sito.
Altro punto focale della discussione sono le normative antitrust troppo frammentarie, con le telco che devono avere a che fare con 28 differenti regimi mentre, ad esempio, quelli americani dispongono di una platea potenziale di 315 milioni di persone e sottostanno a una sola regolamentazione sulla concorrenza.
Le imprese del settore, infine, chiedono di estendere la portata della regolamentazione europea a tutto ciò che rientra nell’ambito delle comunicazioni, non volendo più essere i soli a sottostare a determinati obblighi e costrizioni, mentre gli OTT cavalcano le loro reti senza un cent di investimento.
In ballo c’è il futuro di un settore che fino a 10 anni fa era il fiore all’occhiello dell’industria europea ma che ora non riesce a tenere il passo di altre economie avanzate. Un dato su tutti: in Corea, il 51% degli utenti mobili utilizza il 4G, negli Usa la percentuale è del 31%. In Europa si ferma al 20%.
La nuova Commissione europea, sottolinea quindi Pierre Louette di Orange, “può mettere in atto una nuova regolamentazione che favorisca lo sviluppo del settore concorra alla nascita di una nuova politica industriale. Quello che serve, insomma, è una visione di lungo termine”.