Che la pace non fosse stata firmata tra i principali azionisti di Tim si era capito dall’assemblea del 29 marzo scorso e in particolare da una parola “oggi”, detta dalla rappresentante del primo azionista, Vivendi (23,9%), nell’annunciare lo stop della revoca dei consiglieri nella lista Elliot: “Vivendi non intende più perseguire oggi la propria proposta di revoca” di 5 consiglieri del CdA. Quel giorno, dunque, è iniziato una sorta di “cessate il fuoco” in attesa di verificare cosa accadrà nei prossimi mesi. Perché se le cose “non dovessero soddisfare” il gruppo francese, Vivendi “è pronta a tornare all’attacco” con la richiesta di una nuova assemblea entro fine estate. Questo il messaggio lanciato ieri da fonti vicine a Vivendi, riportano le agenzie, in occasione dell’assemblea del colosso francese dei media.
Quindi l’appello ad un board che sia espressione di tutti gli azionisti. “Non troviamo che attualmente sia il caso”, hanno riferito le fonti, puntualizzando che “non si tratta di una questione di numeri, quanto piuttosto di una questione di persone. Vediamo cosa accadrà nei prossimi mesi, visto che al momento c’è una sorta di cessate il fuoco, una tregua, anche se non è stata ancora firmata la pace”.
Invece pubblicamente durante assemblea di Vivendi l’Ad della società francese e membro del cda di Tim, Arnaud de Puyfontaine, ha rassicurato i soci del gruppo italiano.
Il 29 marzo “siamo stati pragmatici e abbiamo messo le basi per il successo di Telecom Italia” ha detto Puyfontaine, e questo perché “vogliamo creare le condizioni indispensabili al successo di Tim“. Poi ha lanciato di nuovo un attacco a Elliot (9,45), che detiene la maggioranza del consiglio di amministrazione: per riuscire a raggiungere questo successo è necessario “un piano industriale ambizioso e di lungo termine“, una “governance trasparente e rasserenata“, oltre a un “cda efficace e indipendente“.
“Lo dico ‘urbi et orbi’”, ha affondato de Puyfontaine, “Vivendi è in Italia da molto tempo per far vincere Tim e tessere legami solidi sia nei contenuti che nei media; e in queste ultime settimane ci sono stati passi avanti significativi e incoraggianti“, anche se permangono “molte sfide da affrontare”.
Quali sono? Non ha dato delle risposte neanche Vincent Bolloré, che ormai ha ceduto al figlio Cyril la guida del consiglio di sorveglianza di Vivendi (ma resta comunque alla guida della holding Financière de l’Odet). “Dell’Italia ormai si occupa Puyfontaine, io sono in pensione”, si è limitato a dire. A quest’ultimo, dunque, il compito di riconoscere che “finora la strada non è stata semplice“, ma Vivendi è un “investitore industriale e di lungo termine. Considero che l’assemblea generale di Telecom Italia il 29 marzo abbia consentito a Vivendi di dare un segnale, che è stato molto ben accolto in Italia, della nostra volontà di poter contribuire in quanto attore industriale al progetto di lungo termine di Tim“.
Nessun accenno al tema della rete, che però sarà centrale nel tentativo di costruire una pace centrata sull’asse con Cassa depositi e prestiti (Cdp): la posizione resta a favore della rete unica con Open Fiber, a condizione che Telecom mantenga il controllo.