Voci di ogni tipo sul futuro di Tim alla viglia della semestrale. Negli ultimi giorni, sono emerse diverse ipotesi sul futuro della rete e di certo altre ne verranno fuori di qui al 30 settembre, data in cui scade ufficialmente il negoziato esclusivo avviato a giugno con il fondo americano KKR per arrivare ad un’offerta vincolante per l’acquisto della NetCo.
MEF direttamente in partita?
In ordine di tempo, ieri Repubblica rilanciava l’ipotesi che il MEF starebbe meditando di entrare direttamente in Tim al 35%, insieme a CDP (controllata dal MEF) che già detiene il 9,81% e al fondo F2i (partecipato al 12% dalla Cassa), che ciclicamente riemerge come potenziale investitore.
Un piano che si starebbe sviluppando in parallelo con l’offerta del fondo KKR, che potrebbe investire 21-22 miliardi di euro nell’azienda.
C’è da dire che un anno e mezzo fa Tim aveva respinto al mittente un’offerta non vincolante al prezzo di 0,505 euro da parte di KKR perché ritenuta troppa bassa. All’epoca era stata Vivendi a respingere le avances del fondo americano, resta da capire se oggi il socio francese, primo azionista di Tim con il 23,75%, sarà disposto invece a cedere la NetCo ad un prezzo nettamente inferiore a quello offerto un anno e mezzo fa e dalla sua valutazione pari a 30 miliardi di euro per la rete.
“Qualsiasi offerta che non risponda alle nostre domande sul futuro della strategia di Telecom Italia non avrà il sostegno di Vivendi”, ha detto l’ad di Vivendi Arnaud De Puyfontaine quattro giorni fa in occasione della semestrale secondo quanto riporta Ansa, citato da Bloomberg.
Previsioni di Standard & Poor’s
Per il resto la situazione non è troppo positiva sul fronte dei conti. Secondo le previsioni di Standard & Poor’s, le prospettive di crescita sul fatturato nei prossimi anni sono molto basse. La redditività dell’attività è un punto debole significativo.
Uno dei principali punti deboli del gruppo è la sua situazione finanziaria con un debito molto elevato.
Scannapieco (CDP) rilancia la rete unica?
Intanto, ieri in occasione dei conti trimestrali l’ad di CDP Dario Scannapieco è tornato a parlare della rete e di investimenti, senza escludere una “forma di cooperazione per avere un’infrastruttura efficiente e moderna” e rilanciando anche il progetto di rete unica, al netto di un investimento in Open Fiber che si sta dimostrando quanto mai oneroso. “La concorrenza sulle infrastrutture genera sprechi – ha detto l’ad di Cdp – il disegno di una rete unica ha un valore industriale, la concorrenza va fatta sui servizi. Dobbiamo collaborare con la Ue per capire quale disegno industriale sia accettabile”. L’ad Scannapieco rinnega l’investimento in Open Fiber?
“L’Italia ha un bassissimo utilizzo della fibra; siamo al terzultimo posto. Riteniamo sia una infrastruttura importante nel medio lungo termine per la competitività paese. Ci sono sinergie per avere una rete se non unica una forte aggregazione”, ha concluso.
Ma la concorrenza?
Dichiarazioni fuori luogo da parte di Dario Scannapieco, AD di CDP, che sembra conoscere poco il settore europeo delle telecomunicazioni. In tutti i paesi europei ci sono almeno due reti in competizione. Tra l’altro, nelle aree nere anche in Italia esistono già due reti in concorrenza fra loro. Perché eliminare la concorrenza infrastrutturale laddove già esiste, considerato che l’Unione Europea è da sempre fautrice di più concorrenza? In altre parole, in Europa la regola è quella della competizione infrastrutturale. Open Fiber in Italia è nata per questo.
Allora perché eliminare la concorrenza infrastrutturale nelle aree nere? Ma forse l’obiettivo vero è quello di cercare di conferire tutta Open Fiber nella Netco per togliersi questa patata bollente ed al tempo stesso tenere a bordo Macquarie, il fondo australiano che detiene il 40% di Open Fiber. Nell’ipotesi di break up della sua rete Open Fiber potrebbe vendere le aree nere ad un competitor e conferire le bianche alla nascente società della rete unica.
KKR pronta a lasciare Sparkle in mani statali?
Infine, un’altra voce rilanciata da Reuters sostiene che KKR sarebbe pronta a lasciare Sparkle, la società dei cavi sottomarini di Tim che insieme a Fibercop rientra nel perimetro della NetCo, in mani statali.
Conti trimestrali visti in crescita
I ricavi organici e l’Ebitda adjusted del secondo trimestre di Tim sono previsti in aumento, secondo le stime di consenso elaborate dalla società, che in base alle stime degli analisti dovrebbe registrare un Ebitda organico di 1,61 miliardi di euro su un fatturato di 3,965 miliardi di euro, secondo il consenso. Nello stesso periodo dello scorso anno, Tim ha registrato un Ebitda organico dopo locazioni pari a 1,30 miliardi di euro e ricavi pari a 3,91 miliardi di euro.