La strada per lo scorporo della NetCo si fa sempre più in salita. Ci sono diverse incognite intorno ad un’operazione che di fatto riguarda lo snaturamento della missione aziendale, con l’intenzione di cedere l’asset principale di Tim, vale a dire la rete. Un po’ come un ristorante che vende la cucina o un fornitore di ceramiche che da un giorno all’altro si mette a vendere caldarroste.
Ad ogni modo, il cerchio si stringe intorno all’offerta di KKR per la rete Tim. Nei giorni scorsi, Corte dei Conti e il primo azionista Vivendi hanno fatto sentire, in un modo o per l’altro, posizioni critiche rispetto all’architettura immaginata dal board di Tim, in sintonia con il MEF, per un’operazione di scorporo della rete già irta di ostacoli, ancora in attesa del parere Antitrust.
Doppio Cda il 3 e il 5 novembre
Per analizzare la posizione di Vivendi, che la scorsa settimana ha chiesto apertamente la convocazione di un’assemblea straordinaria per raccogliere i pareri di tutti i soci sulla vendita di NetCo, ieri Tim ha reso nota la convocazione di un doppio Cda il 3 e il 5 novembre “per esaminare l’offerta vincolante su NetCo e quella, di natura non vincolante, relativa a Sparkle, ricevute da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“KKR”) lo scorso 16 ottobre, nonché per esaminare la questione di quale organo sociale sia competente a decidere in merito. Il 4 novembre si terrà una riunione informale del Consiglio (induction) per continuare a interpellare il management e i consulenti. Il Consiglio si riunirà di nuovo formalmente il 5 novembre per deliberare”, si legge nella nota aziendale. L’offerta vincolante di KKR per la rete Tim scade l’8 novembre (prolungabile al 20 dicembre), mentre quella non vincolante per Sparkle ha come dead line il 20 dicembre.
Basta il Cda o serve l’assemblea?
Resta da capire se l’assemblea richiesta da Vivendi debba essere ordinaria o straordinaria, ma nella sostanza il punto vero è capire se per decidere del futuro di Tim sia titolato a votare il Cda (Vivendi non è più presente nel board) o se invece, come richiesto dal primo socio francese che detiene il 23,75%, non si debba passare attraverso l’assemblea straordinaria.
C’è da dire poi che in caso di assemblea straordinaria Vivendi avrebbe il comando del gioco, esprimendo la maggioranza, mentre un’assemblea ordinaria avrebbe un mero valore consultivo.
Cda al bivio il 5 novembre
E’ su queste ipotesi che dovrà esprimersi il Cda del 5 novembre. Una decisone molto delicata, perché se il board opterà per la scelta interna affidata al Cda, partirà per certo una ‘guerra punica’ legale da parte di Vivendi. Un Vietnam legale che potrebbe durare anni, a tutto detrimento delle sorti aziendali. Inoltre, per i consiglieri di Tim c’è la responsabilità in solido in caso di scontro con il primo azionista.
Secondo il parere di alcuni esperti, per deliberare sull’operazione – che modifica la mission aziendale – dovrebbe essere convocata una assemblea straordinaria e non sarebbe sufficiente la semplice riunione del Cda. Checché ne dicano tre illustri studi legali chiamati ad esprimersi dall’ad di Tim Pietro Labriola, assertore della via del Cda per decidere le sorti dell’azienda.
Vincent Bolloré non ha fretta di lasciare l’Italia
C’è da dire poi che in caso di scontro fra Cda e Vivendi, il gruppo francese non si tirerebbe certo indietro. Chi conosce Vincent Bolloré. (Accedi al link per l’acquisto del libro di Fiorina Capozzi, ‘Vincent Bolloré. Il nuovo re dei media europei’, uscito nel 2015). sa che la tempra bretone del fondatore di Vivendi non ha perso il suo smalto. E’ vero che l’avventura in Tim gli è costata investimenti complessivi per 4 miliardi e perdite per 3 miliardi, ma il primo socio francese non ha alcuna intenzione di lasciare l’Italia, dove non ha più nulla da perdere e non ha alcun vincolo con il nostro Governo e nemmeno con la famiglia Berlusconi. Non ha nemmeno buoni rapporti con il presidente Macron, quindi ha le mani libere. Il suo obiettivo è semplicemente vendere cara la pelle.
Giancarlo Giorgetti ha qualche dubbio? Ma il MEF è in partita
Lo sa bene Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, che da lunedì scorso, data di pubblicazione dell’offerta vincolante di KKR, ha fatto dichiarazioni che hanno pesato sul titolo. Lui stesso ha detto che “La proposta è sul tavolo, il tema è complesso – ha aggiunto – La decisione spetterà al CdA di TIM e all’assemblea, non entro in questi aspetti. Anche le fasi successive, se la proposta sarà accolta, saranno complesse. Ma il Governo su tutte queste vicende che si erano incancrenite si è mosso e ha fatto proposte. Vediamo l’esito finale”.
“Vivendi valuterà l’offerta in tutti i suoi aspetti, è un’offerta molto complicata e articolata perché sono centinaia e centinaia di pagine e non c’è solo il dato economico”. E’ quanto detto dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti a Bolzano rispondendo a una domanda circa la posizione dei francesi di Vivendi che hanno confermato l’interesse di un’assemblea straordinaria per valutare l’eventuale scissione della rete e l’offerta di Kkr. Giorgetti ha poi aggiunto che “per quanto riguarda il diritto commerciale, sono gli organi della società a decidere il luogo dove questa offerta dovrà essere valutata”.
Sembra da queste dichiarazioni che il ministro voglia in qualche modo prendere le distanze dalle decisioni sul destino di Tim, senza considerare però che con l’offerta di 2,5 miliardi da parte del Mef per entrare nella società della rete il Governo è esso stesso un attore in gioco nella partita.
Intanto oggi alle 15,00 il titolo Tim cede il 2,88% a 0,25 euro.