“Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”: questo il titolo del report su Tim della banca svizzera Ubs, che ieri ha contribuito non poco al tonfo del titolo della compagnia tlc in borsa passando il suo giudizio da “neutral” a “sell”. Titolo che veleggia intorno a 0,65 centesimi, vicino ai minimi degli ultimi due anni. La banca elvetica, che ha abbassato il giudizio sul titolo abbassando anche il target price, mette in fila quelli che a suo giudizio sono i principali elementi di incertezza che pesano sull’azienda. In primo luogo, “la governance litigiosa rischia di compromettere la capacità di reazione di TI alle minacce competitive”, rappresentate da “sfide strutturali (Open Fiber, Iliad, erosione del business proprietario, FTTH, 5G)” che al contrario richiederebbero “soluzioni strutturali”. Il board e il management di Tim, secondo Ubs, potrebbero quindi mancare della “stabilità necessaria e della visione a lungo termine, visto che il ruolo del maggiore azionista Vivendi (con circa il 24% del capitale ordinario) resta irrisolto”.
Minacce competitive esterne: Open Fiber e Iliad
Secondo i calcoli degli analisti di Ubs, il rischio in termini di mancati ricavi per Tim posto dalle “minacce competitive esterne” rappresentate da Open Fiber e Iliad è compreso in un range fra 0,7-1,2 miliardi di euro in un orizzonte temporale di 5 anni. A sostegno di questa previsione, Ubs avanza due argomenti:
- la diluizione generalizzata dei prezzi nelle prime settimane successive al lancio di Iliad, che se dovesse persistere avrebbe come conseguenza “l’allineamento dell’Arpu della telefonia mobile consumer in Italia a quello dei mercati emergenti”, innescando un calo della top line di Tim compreso fra 0,3-1,3 miliardi di euro.
- Open Fiber, al netto di alcuni ritardi, ha accelerato il roll out della rete (500mila case passate nel primo trimestre) mentre il project financing da 3,5 miliardi di euro dovrebbe essere finalizzato a metà luglio. Se il roll out della rete di Open Fiber sarà completato secondo i piani, raggiungerà il 50% delle case (escluse le gare pubbliche in arrivo nelle “aree grigie”, per ulteriori 15 milioni di case) e se dovesse avere una performance migliore della rete di Tim, provocherebbe perdite in termini di mancati ricavi wholesale compresi fra 0,4 e 0,8 miliardi (dopo il 2021). Il rischio di calo dei ricavi potrebbe essere anche superiore nel lungo termine, secondo Ubs, “considerata la diluizione delle quote di Tim sul mercato retail nella banda larga fissa” in seguito a due fattori:
- la perdita potenziale della leadership tecnologica (in particolare l’Fttc di Tim rispetto all’Ftth di Open Fiber)
- La potenziale riduzione delle barriere all’ingresso nel mercato del fisso che Open Fiber potrebbe consentire. “Sky (lancio nel secondo semestre del 2019) e Iliad sono candidati credibili come nuovi entranti nel mercato del fisso”.
Governance: la visibilità resta limitata
Il nuovo board di TI ha fatto “progressi significativi in termini di governance e sembra posizionato al meglio per affrontare le priorità di TI”, scrive la banca elvetica. Tuttavia, la contrapposizione fra i due principali azionisti (Elliott e Vivendi) rischia di compromettere l’azione del board.
La minaccia rappresentata da Open Fiber e Iliad nei confronti di Tim, secondo Ubs, è concreta, soprattutto se i due player potranno contare sull’appoggio degli azionisti (Cdp ed Enel per Open Fiber e Xavier Niel per Iliad).
Le prossime tappe
Per verificare la tenuta del board di Tim, secondo Ubs, sarà importante porre attenzione ad alcuni snodi, secondo Ubs:
- A metà luglio è attesa la decisione della BEI sull’approvazione dell’investimento in Open Fiber.
- Il 24 luglio è in agenda il board di Telecom Italia sui conti del primo semestre.
- A fine agosto/inizio settembre Iliad renderà noti i numeri degli abbonati mobili in Italia.
- A settembre/ottobre il governo italiano presenterà la bozza della legge di bilancio alla Commissione Europea
- Nel quarto trimestre del 2018 l’Agcom avvierà la consultazione pubblica sull’analisi di mercato.
Credit Suisse ed Equita
Anche gli analisti di Credit Suisse si sono espressi su Telecom Italia. Il broker elvetico mantiene il giudizio “neutral” sul titolo, ma abbassa il target price e rivede al ribasso le stime sull’Ebitda 2018/2019, in attesa della semestrale. Il rischio di una guerra dei prezzi nel mobile c’è, dopo il lancio di Iliad e la risposta di Ho. Da parte di Vodafone.
“Queste offerte sono delle promozioni, ma il rischio è che diventino permanenti, portando a una maggiore pressione sull’Arpu”, scrivono nel report.
E infine ieri Equita, che mantiene la raccomandazione di acquisto su Telecom Italia, si concentra sulla questione della rete che a suo giudizio vale circa 14 miliardi. Resta da capire quanta parte della rete Tim è disposta a cedere (soltanto la rete di accesso? La dorsale in fibra?). Il che varia certamente la valutazione dell’asset.
Gli analisti di Equita ricordano inoltre che Open Fiber sta accelerando, con un ritmo di 35mila case ogni settimana. Sarebbe giù arrivata a 3,1 milioni di case cablate, potenzialmente 4 milioni a fine anno. Circa 29 città del piano di Tim sono già state coperte da Open Fiber o sono nei piani dei prossimi anni. Secondo Equita, “questo crea un evidente problema di ‘duplicazione’ della rete che, per Open Fiber, potrebbe avere una bassa valutazione”. “Open Fiber considera obsolete le connessioni in rame”, sottolineano da Equita, secondo cui “l’ipotesi di una totale separazione della rete di Telecom con acquisto da parte di Open Fiber, è quindi difficilmente percorribile”.
Diversa, invece, l’ipotesi in cui al tavolo dei negoziati si parli solo dell’acquisto di `Flash Fiber`, che ha un obiettivo di investimento di 1,2 miliardi al 2020. “Questa operazione rientrerebbe più nelle corde di Open Fiber, considerando le tecnologie sottostanti (fibra Ftth) e la dimensione complessiva (diluita per Enel dalla compartecipazione con Cdp al 50%)”, concludono da Equita.