Continua la ridda di voci sui contrasti fra l’amministratore delegato di Tim Flavio Cattaneo e Vivendi, l’azionista che controlla di fatto l’azienda con il 24%. Il gruppo francese peraltro non ha fatto nulla finora per bloccare il flusso di indiscrezioni che da sabato scorso darebbero Cattaneo in uscita. Ieri intanto, secondo il Sole 24 Ore, la Consob avrebbe chiesto informalmente chiarimenti sulle voci di uscita di Cattaneo, che dal canto suo ha smentito i rumors rassicurando il mercato sulla sua permanenza fino al termine del contratto nel 2020. Una “posizione unilaterale”, secondo fonti vicine a Vivendi riportate oggi dai giornali.
Spunta poi l’ipotesi, lanciata dall’agenzia Bloomberg, di un triumvirato al vertice di Tim in caso di uscita di Cattaneo, con l’arrivo in qualità di direttore generale dell’israeliano Amos Genish (ex ad di Gvt e di Telefonica in Brasile), che attualmente ricopre la carica di chief convergence officer Vivendi. Altre deleghe operative verrebbero assegnate al vicepresidente Giuseppe Recchi, che a inizio giugno ha lasciato la presidenza operativa ad Arnaud De Puyfontaine, Ceo di Vivendi, che sarebbe il terzo del trio di comando.
In ballo c’è la buonuscita di circa 40 milioni di euro che per contratto Cattaneo dovrebbe incassare in caso di uscita non volontaria prematura dal gruppo.
Al timone di Tim da marzo 2016 con il sostegno di Vivendi, Flavio Cattaneo ha portato a termine un grosso lavoro di aggiustamento dei conti, anche se il titolo in borsa non sembra rispecchiare il reale valore dell’azienda e dal suo arrivo ha perso terreno.
Secondo gli analisti di Equita Sim, non è la prima volta che ci sono indiscrezioni sui disaccordi fra Vivendi e l’ex ad di Terna, come ad esempio già ad inizio aprile.
C’è poi da dire che gli analisti valutano positivamente la cosiddetta cura Cattaneo.
Equita Sim valuterebbe negativamente l’uscita dell’amministratore delegato, perché nei primi quattro trimestri sotto la sua gestione Tim ha chiaramente migliorato la sua performance da ogni punto di vista; un divorzio prematuro sarebbe un’indicazione che minerebbe la fiducia sulla piena esecuzione del piano aziendale al 2019.
Le tensioni fra Cattaneo e Vivendi sarebbero figlie del muro contro muro delle ultime settimane fra Tim e il Governo sui bandi Infratel per la banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato. Secondo Cattaneo, i bandi sarebbero stati disegnati “ad hoc” per favorire Open Fiber. La tensione fra Governo e Tim è ormai palpabile, tanto che la stessa Vivendi ha chiesto all’amministratore delegato di abbassare i toni per riallacciare i rapporti con le istituzioni italiane in una fase delicata per i francesi, alle prese con la battaglia legale con Mediaset su Premium.
Il tono usato da Flavio Cattaneo con il Governo “non è piaciuto a Vivendi” secondo una fonte riportata dall’agenzia AFP. “La situazione è molto tesa”, aggiunge l’agenzia francese citata da Le Figaro, secondo cui nemmeno le dichiarazioni di ieri di Cattaneo, che intende onorare fino al 2020 il suo contratto, sarebbero piaciute a Vivendi. Ma di qui ad arrivare alla rottura ce ne corre. Tanto più che il prossimo 27 luglio è in programma il consiglio di amministrazione per la semestrale e i conti, secondo le previsioni, daranno ragione ancora alla cura Cattaneo. Sul tavolo anche il dossier Persidera, ovvero l’ipotesi di creazione di un trust dove trasferire la quota del 70% di Tim nella società che detiene 5 multiplex televisivi (il restante 30% è in mano al Gruppo l’Espresso), in ottemperanza alle richieste della Commissione Europea in seguito al via libera al controllo de facto di Tim da parte di Vivendi. Difficile sostituire a cuor leggero un top manager considerato un cavallo di razza, che peraltro è in buoni rapporti con Silvio Berlusconi.
Tutte queste tensioni, però, aprono un secondo fronte per Vivendi in Italia, dove il gruppo transalpino si trova già ai ferri corti con Mediaset dopo la rottura un anno fa su Premium.
Secondo alcuni esperti, la chiave per risolvere l’impasse politico in cui versa Vivendi in Italia sarebbe appunto tornare sui suoi passi e concludere l’acquisizione di Premium. Un boccone che il finanziere bretone potrebbe digerire con la prospettiva di creare forti sinergie con Tim sul fronte dei contenuti tornando così al suo sogno originario (avrebbe voluto realizzarlo con Mediaset), ovvero la creazione di quella anti-Netflix del Mediterraneo che fu all’origine dell’accordo con Berlusconi per l’acquisizione poi rinnegata di Premium.
Vedremo come andrà a finire, anche se per ora non si vede una schiarita all’orizzonte fra Mediaset e Vivendi su Premium. Anzi.