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Tim prosegue il rialzo, Vivendi apre alla cessione della quota

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Tim continua il trend rialzista sulle voci di una possibile uscita di Vivendi pronta a cedere il suo pacchetto del 23,75% ad una cordata di investitori.

Tim continua il trend rialzista sulle voci di una possibile uscita di Vivendi pronta a cedere il suo pacchetto del 23,75% ad una cordata di investitori. In mattinata, il titolo ha messo a segno +1,1% a 0,24 euro, toccando i massimi dal 22 luglio dopo il progresso di ieri in scia ai rumor del Corriere della Sera su una cordata organizzata da Claudio Costamagna, ex presidente della Cassa Depositi e Prestiti, e Andrea Pezzi, già consulente di Vivendi in Italia, per rilevare la quota del 23,75% in mano a Vivendi, partendo da un iniziale 6-7%, investendo circa 500 milioni di euro forniti dai fondi Tikehau e Blakackstone (equivalenti a circa 0,50 euro per azione).

Vivendi vuole cedere l’intero pacchetto

In base alle indiscrezioni del Messaggero i francesi sarebbero favorevoli alla vendita ma dell’intero pacchetto a non meno di 2 miliardi di euro (0,55 per azione), che consentirebbe di ridurre sensibilmente la perdita rispetto all’investimento originale di 4 miliardi.

L’obiettivo della nuova cordata potrebbe essere un ulteriore spezzatino di Tim, nella convinzione che le sue parti – la telefonia mobile, i servizi alle imprese e la gallina dalle uova d’oro Tim Brasil – valgano più del tutto (5,3 miliardi alla chiusura di Borsa di ieri).

Golden power del Governo che sarebbe contrario al break-up

Un’eventuale operazione avrebbe bisogno del via libera del Governo che, con il golden power, ha la facoltà di indagare e dire l’ultima parola sulle acquisizioni di tutte le aziende che operano in settori che hanno un ruolo strategico, come le telecomunicazioni. Secondo altre indiscrezioni di Fineco, il Governo sarebbe contrario alle ipotesi di break-up in questa fase.

Tim, servono investimenti per il 5G. Cessione Sparkle in stand by

Tim, pur sgravata di una parte del debito dopo la cessione della rete, continua a navigare in acque difficili in un quadro complesso con costi di manodopera elevati e necessità di ingenti investimenti per l’upgrade delle reti e la realizzazione dei target di copertura 5G legati anche al PNRR.

Tim, ricorda il Corriere della Sera, resta la prima azienda di telecomunicazioni in Italia con 17mila dipendenti. Sotto il suo controllo ci sono poi ancora i cavi sottomarini di Sparkle, società di interesse nazionale che il Tesoro si era offerto di rilevare a gennaio per 750 milioni. La proposta è stata giudicata insufficiente dal cda guidato da Pietro Labriola e, da allora, il negoziato pare sospeso anche se i negoziati con il Mef e il fondo spagnolo Asterion, che in Italia controlla Retelit, proseguono.

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