Preoccupazione sul futuro assetto societario e industriale, sui livelli occupazionali del gruppo Tim. La manifestano i sindacati di categoria (Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil) e i confederali in una lettera al presidente del Consiglio, Mario Draghi, chiedendo l’apertura di un tavolo a Palazzo Chigi sui problemi del settore. Come manifestato già negli incontri con i ministri del Mise e del Mitd (Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao), le sigle vogliono scongiurare il rischio di spezzatino delle attività di Tim, nel giorno del Cda aziendale.
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Preoccupazione sul futuro assetto societario
“Siamo con la presente ad evidenziarle – si legge nella missiva – la nostra fortissima preoccupazione in merito al futuro assetto societario del gruppo Tim, degli attuali livelli occupazionali e del suo futuro industriale. Futuro che non può non interessare il generale assetto del mercato tlc del Paese”. Un eventuale spezzatino non si sposerebbe “con gli importanti interessi strategici e di sviluppo del Paese e lascerebbe potenzialmente sul campo migliaia di esuberi. I ministri ci avevano assicurato, vista la rilevanza e la complessità della situazione, non solo il loro impegno, ma anche di realizzare un celere aggiornamento sull’evoluzione del contesto riconvocandoci a breve, purtroppo ciò non è avvenuto”.
Nell’incontro del 10 febbraio, proseguono i segretari confederali (Maurizio Landini (Cgil), Luigi Sbarra (Cisl) e PierPaolo Bombardieri (Uil)) assieme ai segretari di settore (Fabrizio Solari (Slc-Cgil), Vito Vitale (Fistel-Cisl) e Salvatore Ugliarolo (Uilcom-Uil)) il nuovo ad di Tim, Pietro Labriola, “non è ancora stato in grado di fugare i dubbi circa la decisione di cessione della rete. Ha anzi evidenziato gli evidenti, a suo dire, vantaggi dell’operazione in termini di recupero di competitività commerciale dell’azienda. Per quanto ci riguarda questa eventualità continua ad essere sbagliata sotto ogni profilo”.
Sindacati contro lo spezzatino
“In Europa di fatto solo la Danimarca ha deciso di scorporare la rete dall’ex monopolista – prosegue la lettera – I più grandi Paesi del Continente continuano a vedere negli ex incumbent delle aziende di sistema, capaci di competere sui mercati esteri, anche in una ottica di aggregazione europea come risposta alla competizione dei colossi asiatici ed americani, ed essere punto di riferimento interno, sebbene in un contesto di libero mercato”.
Nessun riscontro dal Governo, ma tempi strettissimi
I sindacati ricordano che ad oggi, dopo oltre due mesi non hanno avuto “riscontri ufficiali da parte dei componenti del Governo”. Al contempo “i tempi sono strettissimi. Il 2 marzo il cda di Tim potrebbe approvare il nuovo piano industriale che darebbe il via allo smembramento del gruppo. Nel frattempo tutte le aziende del settore sono pervase da riassetti che potrebbero portare a un vero e proprio stravolgimento. Sono in gioco circa 40mila posti di lavoro nel prossimo anno tra i maggiori player del settore e il composito mondo degli appalti”. I sindacati si rivolgono dunque a Draghi per “dipanare questa complicata situazione per il bene del Paese e delle lavoratrici e lavoratori occupati nel gruppo Tim e nel settore, considerando il ruolo di protagonista che ha lo Stato in questa vicenda essendo il secondo azionista del gruppo Tim e il primo in Open Fiber, ambedue coinvolte nel percorso di realizzazione della rete Unica. Per tutte queste ragioni le chiediamo di voler favorire l’apertura di un tavolo complessivo presso la presidenza del Consiglio”.