Il fondo infrastrutturale americano Kkr, da tempo in trattativa con Tim, avrebbe recapitato alla compagnia guidata da Luigi Gubitosi un’offerta vincolante per rilevare una quota di minoranza della sua rete secondaria (ribattezzata FiberCop), ovvero quella in rame e fibra che copre l’ultimo miglio dall’armadietto di strada alle case. Lo scrive Repubblica aggiungendo che l’offerta, all’esame del cda di Tim del 4 agosto convocato per approvare la semestrale, valuta l’intera infrastruttura 7,7 miliardi di euro.
A questo punto, resta da capire quale sarà il perimetro della nuova società della rete, in caso di merger fra Tim e Open Fiber. Se il veicolo per la fusione con Open Fiber sarà (come previsto da Tim) FiberCop, la rete unica avrà in pancia anche il rame di Tim? Si tratta di una questione non certo secondaria, dal momento che Open Fiber da tempo chiede la rottamazione del rame e ad ogni modo è contraria al merger perché rallenterebbe gli investimenti.
Offerti 1,8 miliardi
Kkr – che ufficialmente non commenta – sarebbe quindi pronta a versare 1,8 miliardi, impegnandosi a rilevare circa il 38% di questa rete. Già a febbraio, Kkr aveva firmato con la società guidata da Luigi Gubitosi un’offerta non vincolante che valutava l’infrastruttura 7,5 miliardi, impegnandosi a rilevarne il 40%.
Nel frattempo, Gubitosi sarebbe riuscito a far entrare anche Fastweb in FiberCop, con il conferimento del suo 20% di Flash Fiber (società della fibra in 29 città italiane, di cui Tim ha l’80%) ricevendo in cambio circa il 4,4% di Fibercop.
Kkr interessata anche ad Open Fiber
Nella proposta vincolante inviata a Tim dal team londinese di Kkr ci sarebbe poi l’impegno esplicito a partecipare alla creazione di un’unica rete in fibra, unendo FiberCop con Open Fiber, controllata al 50% da Enel e Cdp. Se Enel decidesse di mettere in vendita il suo 50% aprendo un’asta competitiva, Kkr sarebbe interessata a partecipare e a fare un’offerta anche su Open Fiber.
Una volta che il cda di Tim avrà accettato l’offerta di Kkr, partirà sia il processo di scorporo di FiberCop sia quello autorizzativo ai fini del golden power. I 5 Stelle, scrive Repubblica, non sarebbero favorevoli all’operazione, ma visto che l’oggetto è una quota di minoranza, senza diritti di gestione sulla rete, da parte di una società privata come Tim a un fondo Usa, appare difficile che ci possano essere veti governativi. Del resto i cinesi di Silk Road sono da anni soci di Cdp Reti, la società attraverso cui la Cdp controlla Terna e Snam.
Secondo il Sole 24 Ore, Kkr potrebbe affacciarsi anche sul dossier Open Fiber, dove si sono già fatti avanti il fondo infrastrutturale australiano Macquarie, che ha stimato un enterprise value di 7,7 miliardi per la società della fibra, e il fondo Wren House.
Brasile
Sul fronte brasiliano invece Tim prova a riaprire i giochi, alzando la posta per le attività di telefonia mobile di Oi, l’ex campione nazionale finito in dissesto che ha deciso di mettere all’asta in quattro lotti buona parte dei suoi asset. Insieme con gli altri operatori su piazza, Telefonica e Claro (del gruppo del messicano Carlos Slim), ha messo sul piatto circa 2,7 miliardi di euro, un po’ sopra i 2,5 miliardi che erano la valutazione-base del venditore. Per capire se la mossa è stata azzeccata bisognerà aspettare però il 3 agosto, quando scade il periodo di esclusiva concesso al fondo infrastrutturale Highline, controllato dall’americana Digital Colony. Il consorzio Tim Brasil-Telefonica-Claro questa volta ha presentato direttamente l’offerta vincolante al board di Oi con l’obiettivo di scalzare Highline.