Via libera del CdA di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) al suo ingresso nel capitale di Tim “con quota massima del 5%”. Nell’attesa dell’ufficialità la compagnia telefonica nel pomeriggio è volata in Borsa dove il titolo ha chiuso a +5,2 per cento.
“Tale investimento rientra nella missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”, si legge nella nota del gruppo Cdp, che ha aggiunto: “L’operazione è coerente con i criteri di sostenibilità economico-finanziaria che caratterizzano tutte le iniziative di Cdp. Tale ingresso condurrà alla progressiva acquisizione di una partecipazione finanziaria di minoranza, non superiore al 5% delle azioni ordinarie”.
Dunque il board della Cdp ha valutato idoneo l’acquisto di una quota fino al 5% per un impegno massimo che ai valori attuali varrebbe intorno ai 550 milioni euro. Il gruppo Cdp avrebbe circa una settimana di tempo per procurarsi le azioni di Tim se vorrà votare sulla revoca dei consiglieri di Vivendi nell’assemblea del 24 aprile.
L’operazione di CdP è finalizzata a “tutelare gli interessi di sistema” ed è stata condivisa con il mondo politico, da Forza Italia alla Lega fino al M5S, (ed è stata verificata anche con le fondazioni azioniste) e già martedì scorso ha ricevuto l’ok del premier uscente Paolo Gentiloni, del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, e del ministro Pier Carlo Padoan (in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze azionista con l’82,77%). L’esecutivo uscente sogna sempre un “campione nazionale” della rete, ossia un unico soggetto capace di mettere insieme Telecom Italia e OpenFiber. Il M5S, per bocca della deputata Mirella Liuzzi, giorni fa ha ripetuto la volontà di veder realizzare la società della rete con Open Fiber’.
Gli effetti della mossa di Cdp
L’ingresso di Cdp sarebbe di sostegno al piano del fondo Elliott, che insieme allo Stato spinge per una separazione della rete.
L’ingresso di Cdp in Tim avvalora un progetto di separazione legale e poi cessione parziale della rete che potrebbe favorire infine una fusione con Open Fiber, la società paritetica di Enel e Cassa Depositi e Prestiti che sta realizzando l’infrastruttura in fibra ottica – FTTH, Fiber-To-The Home – nelle principali 271 aree urbane del Paese. A quel punto verrebbe creata un’unica grande società di gestione della rete che potrebbe diventare come Terna o Snam (dove però non mancano partecipazioni straniere). Questo percorso avrebbe il merito di far emergere il valore dell’asset rete, che secondo gli analisti, varrebbe circa 16 miliardi di euro.
Con la mossa di CdP si apre così un altro fronte per Vivendi, il socio di maggioranza di Tim con una quota del 23,94 per cento, già minacciato dal fondo attivista americano Elliott. “Qualsiasi azionista è sempre benvenuto se porta un valore aggiunto. E per quel che riguarda Vivendi il possibile ingresso di Cdp non è visto come un’operazione ostile”. È quanto spiegano all’Adnkronos fonti vicine al dossier Tim.
Sul tema della Rete, quello che più sta a cuore a Cdp, l’ad di Tim Amos Genish è intervenuto anche oggi, dopo l’intervista rilasciata ieri alla Stampa, sul quotidiano francese Les Echos: è un “imperativo” che Tim “controlli la sua rete. Ovunque dove gli operatori non hanno seguito questa strategia (ci sono esempi negli Usa, in Australia, o in Nuova Zelanda) ciò ha creato rischi inutili per una resa molto debole o nulla”, ha detto il 58enne manager israeliano.
La vicenda vista dal fondo Elliott e le prossime tappe
Lo scenario si complica anche per il fondo attivista Elliott, che ha staccato un assegno di oltre 850 milioni di dollari per conquistare il 5,74% del capitale di Tim e fino a ieri era sicuro di riuscire a spodestare Vivendi dal controllo di Tim all’assemblea del 24 aprile. Ma non si possono saltare le tappe e i soci sanno che devono comunque segnare in agenda l’impegno del 4 maggio, data per la quale resta confermata la convocazione di un’assemblea ad hoc per il rinnovo del CdA. Tim ricorda pertanto ai soci interessati il termine del 9 aprile per la presentazione delle liste di candidati per la nomina del Cda e, secondo quanto trapela, Assogestioni avrebbe rifiutato l’offerta di Elliott per la presentazione di una lista unitaria, in primis essendo impossibilitata per statuto a presentare una lista di maggioranza. L’assenza di un’intesa rischia di disperdere il voto dei fondi su due liste e complica il progetto del fondo Usa di sfilare a Vivendi la maggioranza del cda. Le liste per il cda di Tim vanno presentate entro lunedì 9 aprile.
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