Il Cda di Tim discute oggi il riassetto del gruppo con il nuovo Ceo Pietro Labriola, che sta preparando un piano alternativo alla manifestazione d’interesse del fondo americano KKR. Il Cda, a quanto pare, non sarebbe propenso ad accettare l’offerta al momento non vincolante, legata ad una due diligence preliminare, da circa 10,8 miliardi di euro per il 100% della compagnia lanciata da KRR (pari a 0,505 euro per azione), giudicata troppo bassa dal primo azionista Vivendi, che ha pagato circa un euro per azione la sua quota in Tim.
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Nuovo rilancio?
Anche per CDP, secondo azionista di Tim con il 9%, il prezzo offerto da KKR non è congruo. Ci sarà spazio per un rilancio del fondo statunitense?
Nel frattempo, il piano di Labriola è in gestazione e sarà presentato al Cda il 2 marzo, in occasione del bilancio annuale. Il piano prevede la separazione in due nuove entità del gruppo, da un lato la NetCo, dall’altra la ServiceCo.
In prospettiva, la NetCo andrebbe a fondersi con la rete di Open Fiber, una soluzione gradita a CDP, maggior azionista di Open Fiber con il 60% e secondo azionista di Tim con il 9%.
Questa ipotesi sarebbe gradita anche al primo azionista di Tim, vale a dire Vivendi che detiene il 24% del gruppo e che intende restare in sella come investitore di lungo termine, avendo versato circa 4 miliardi nel gruppo.
Sindacati preoccupati
La possibile scissione di Tim ha messo in allarme i sindacati, che hanno proclamato uno sciopero generale il 23 febbraio contro lo smembramento della compagnia. Il modello ITA traslato nelle Tlc non piace ai sindacati, che oggi hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi per aprire un tavolo di crisi a Palazzo Chigi.
Il MEF, secondo la Reuters, sembrerebbe comunque propenso a lasciare a KKR, che detiene già il 37,5% in Fibercop, la società della rete secondaria di Tim, un ruolo nella ristrutturazione del gruppo.
Intanto, oggi alle 11.55 il titolo Tim in borsa cedeva il 3,44% a 0,41 euro.