Il fondo Elliott, che ha messo online il sito TransformingTIM.com con i contenuti della sua offensiva anti-Vivendi, scrive agli azionisti di Telecom Italia e mette nero su bianco la sua strategia di attacco (qui il Pdf della lettera) per rilanciare l’azienda. Dopo la lista di sei candidati indipendenti Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini, Rocco Sabelli (presentati tutti come “cittadino italiano” in calce alla lettera) per sostituire in Cda i sei amministratori in quota Vivendi proposta per l’assemblea del 24 aprile, il fondo americano, che detiene oltre il 5% delle azioni ordinarie di Tim, attacca la governance di Vivendi sintetizzando nella missiva i suoi obiettivi. Vivendi è pronta al confronto, previsto all’assemblea annuale.
Vivendi è pronta al confronto, previsto all’assemblea annuale.“Vivendi, in quanto primo azionista di Telecom Italia (con circa il 25% del capitale), guarderà con spirito aperto i commenti di Elliott, hedge fund ben noto per le sue iniziative a breve termine e che detiene il 3% del capitale di Telecom Italia cui si aggiungerebbero la cui esatta natura non è conosciuta – si legge in una nota odierna del gruppo francese – Tuttavia, non è certo che il piano di smantellare e di destabilizzare la squadra crei valore tanto più che il piano industriale presentato dal Amos Genish (nominato da poco e riconosciuto a livello internazionale) e dalla sua squadra sono solidi e promettenti. Le azioni intraprese negli ultimi trimestri hanno già dato i loro frutti e sono stati ben accolti dagli investitori”.
Consiglio indipendente
L’obiettivo del fondo Usa è sostituire “la cattiva gestione del Consiglio di Amministrazione sotto il controllo di Vivendi” con un “Consiglio realmente indipendente”, mossa necessaria per “migliorare la governance e il rendimento di Telecom Italia”, si legge nella missiva.
Elliott ritiene che Tim “sia gestita oggi nell’interesse di Vivendi e a detrimento della compagine azionaria di Tim nel suo complesso – si legge – Infatti, Vivendi possiede solo il 24% delle azioni ordinarie con diritto di voto e una partecipazione del 18% delle azioni complessive della Società”.
Elliott precisa inoltre che “non ha intenzione di acquisire il controllo di Tim”, ma solo di fungere da catalizzatore del cambiamento per “assicurare che la Società sia gestita a beneficio di tutti i soci”.
Il piano di Elliott intende agire su tre criticità:
1. Il profondo e persistente corso azionario al ribasso, per cui le azioni Tim restano oggi “significativamente sottovalutate nonostante il miglioramento dei fondamentali….Le azioni ordinarie di Telecom Italia hanno subito un declino del 35% dal momento in cui i candidati di Vivendi hanno assunto la carica in seno al Consiglio di Amministrazione di Tim nel dicembre 2015”. Secondo Elliott il corso al ribasso rifletterebbe la preoccupazione degli investitori in merito alla direzione strategica e ai crescenti problemi di governance di Tim.
2. Insuccessi strategici. I “passi falsi” di Vivendi nascono, secondo Elliott, dalla “struttura obsoleta del capitale della Società”, in primis dalla mancata conversione in azioni risparmio (senza diritto di voto) in ordinarie. Per quanto riguarda la società della rete, Elliott ritiene che l’autonoma quotazione o la parziale vendita di NetCo, a seguito di scorporo, “ne massimizzerebbe il valore con conseguente riduzione dell’indebitamento ed apporto di benefici per tutti i soci Tim – si legge nella missiva – Nonostante il Cda abbia approvato il progetto di separazione volontaria della rete fissa di accesso, la Società rimane saldamente indirizzata al suo possesso. Per contro, noi riteniamo che ampliare la base azionaria di NetCo potrebbe creare valore per i soci di Tim e accelerare la creazione di un’unica rete nazionale. Il nostro intento sarebbe di incoraggiare il nuovo Consiglio a prendere in esame:
- Lo scorporo e la cessione di una quota di NetCo, pur continuando a detenerne una partecipazione;
- La vendita o cessione di una quota in Sparkle;
- L’utilizzo di proventi per ridurre la leva finanziaria che grava su Tim;
- Il ritorno alla distribuzione di dividendi
3. Problemi nella gestione societaria e conflitti d’interesse. Elliott mette in fila una serie di problemi che ascrive a Vivendi.
- La proposta di joint venture Tim-Canal Plus, imposta dall’alto e ora congelata dopo le proteste dei consiglieri indipendenti e l’intervento della Consob.
- Il mandato pubblicitario del gennaio 2017 ad Havas, posseduta da Vivendi (secondo rumors del valore di 100 milioni di euro).
- Le nomine dei manager in quota Vivendi Michel Sibony e Félicité Herzog.
- Il controllo di fatto di Vivendi su Tim, accertato dalla Commissione Europea, che ha costretto Telecom a cedere il 70% di Persidera affidata ad un soggetto terzo non vincolato ad un prezzo minimo, “non comprendiamo davvero come tale processo possa massimizzarne il valore a vantaggio dei soci”.
- La violazione della legge Gasparri da parte di Vivendi, con la doppia partecipazione detenuta in Tim e Mediaset, circostanza che ha ulteriormente “compromesso la relazione di Vivendi con il regolatore e con le altre autorità ed istituzioni italiane”.
- Gli amministratori non indipendenti sono stati esonerati dall’obbligo di non concorrenza alla scorsa Assemblea Generale Annuale, nonostante il dissenso di molti investitori diversi da Vivendi.
- Vivendi ha cambiato due amministratori delegati in due anni, spendendo 25 milioni di euro per la sola liquidazione di Flavio Cattaneo dopo appena 16 mesi dall’assunzione dell’incarico e nonostante il Collegio Sindacale avesse espresso parere negativo in parere ai compensi.
- La relazione tesa tra Vivendi e Mediaset limita la possibilità di acquisto di contenuti cruciali per la Società.