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Tim e settore Tlc, allarme sindacati ‘Servono regole e scelte industriali per evitare collasso’

A distanza di 18 anni dalla privatizzazione di Telecom Italia, il risultato che viene consegnato al nostro Paese è un impietoso bilancio negativo. Da un’azienda tra i maggiori player mondiali del settore, presente in diversi continenti e con una avanzata capacità tecnologica, economicamente sana e adeguatamente capitalizzata, siamo passati ad un’azienda concentrata solo sull’Italia e sul Brasile, con un fatturato attuale (circa 19,8 Mld) sensibilmente più basso di allora (circa 23 Mld), fortemente indebitata (circa 25,3 Mld), con minori investimenti e con decine di migliaia di dipendenti in meno. Lo scrivono i sindacati in una nota congiunta.

SLC CGILFISTEL CISL e UILCOM UIL, di fronte alla caotica situazione della gestione del Gruppo  ed il contestuale emergere di “voci” su presunti progetti di “spezzatino”, ribadiscono la loro totale contrarietà al riguardo e la contestuale necessità di difendere il patrimonio industriale, occupazionale e professionale dell’intero perimetro del Gruppo TIM in Italia, della sua Rete, dei suoi Asset anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi.

Va inoltre ancora una volta ricordato che, in tema di scorporo societario della rete TLC dell’ex monopolista, non vi è nessun esempio in Europa e pochissimi isolati casi nel mondo; il progetto di societarizzazione della Rete che TIM sta avviando deve prevedere il riassorbimento sotto un’unica entità anche di Open Fiber ed il suo mantenimento entro il perimetro del Gruppo per evitare che  l’Italia perda un’azienda, la quinta impresa privata del Paese, con una massa critica sufficiente a garantire gli elevati investimenti necessari per l’implementazione della banda Ultra Larga  (100 Mbps).

Il gruppo TIM occupa oggi circa 58.000 addetti nel mondo, dei quali  circa 49.300 in Italia cui si aggiunge l’indotto (circa 50.000 addetti) e nonostante i colpi subiti in questi ultimi venti anni, ha ancora oggi enormi potenzialità ed un altissimo  valore strategico per l’Italia, come testimoniato dai circa 5,7 Mld di investimenti (2017) dei quali circa 2 Mld in innovazione e ricerca con circa 1.300 addetti in attività di innovazione tecnologica ed engineering. Ribadiamo con forza la necessità che deve rimanere integro ed in tal senso ci batteremo contro ogni ipotesi, da chiunque provenga, di ‘spezzatino’ del gruppo TIM che comporterebbe innanzitutto esuberi di migliaia di lavoratori ed il depauperamento di un importante driver di innovazione e sviluppo del nostro paese.

La nuova TIM dovrà garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle Reti, dovrà valorizzare, innovare, difendere e sviluppare l’infrastruttura di rete nazionale garantendone l’apertura con una nuova regolamentazione che garantisca le pari opportunità per tutti gli operatori del settore.

Settore Tlc

Il settore delle TLC rischia di entrare in avvitamento con gravi ripercussioni negative per l’intero sistema paese.

Le sbagliate scelte regolatorie che hanno reimposto il quarto operatore, con conseguente nuova guerra dei prezzi e relativa caduta della marginalità, unita ai pesanti aggravi di costo conseguenti alla modalità di assegnazione delle frequenze 5G che hanno causato una fortissima lievitazione dei prezzi con i valori passati dai previsti 2,5 Mld ai 6,6 Mld registrati, mettono l’intero settore delle TLC in una condizione estremamente critica con il rischio di pesanti conseguenze dal punto di vista produttivo ed occupazionale sia direttamente sulle TELCO e sia sul versante delle aziende di appalti di rete.

Il settore delle TLC necessita di scelte di politica industriale che permettano di evitare un processo distruttivo e favoriscano il rafforzamento di uno dei sistemi infrastrutturali strategici per il paese e di permetterne una transizione che eviti contraccolpi negativi.

Call center

Il comparto dei call center è uno dei più esposti ai problemi della delocalizzazione e della concorrenza sleale sul costo del lavoro. Questi fattori, in un settore già stremato dalla crisi, hanno provocato e stanno provocando gravi crisi occupazionali che non possono e non devono ripetersi.

Il protocollo di autoregolamentazione sottoscritto al MISE il 4 maggio 2017 da tredici tra le principali aziende committenti delle attività di contact center italiane, alla prova dei fatti si è rivelato assolutamente inadeguato sia ai fini di un governo positivo dei processi che investono il settore e sia rispetto alle stesse finalità in esso indicate dimostrando, ancora una volta, la necessità di provvedimenti regolatori vincolanti e non affidati alla mera “autoregolamentazione”.

Per queste ragioni SLC CGIL FISTEL CISL UILCOM UIL il 4 settembre hanno inviato al Ministro Di Maio una richiesta di incontro con allegata la piattaforma sui contact center nella quale sono indicate le proposte che i sindacati stessi avanzano per permettere un futuro dignitoso al settore ed alle migliaia di lavoratrici e lavoratori che vi lavorano.

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