Banda ultralarga

Tim e le storie tese con Vivendi

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Le dimissioni di Arnaud De Puyfontaine dal Cda di Tim sono l’ennesima dimostrazione dei rapporti difficili di Vivendi con la compagnia italiana.

Poco alla volta, Vivendi scioglie i suoi legami con Tim. Arnaud De Puyfontaine, Ceo di Vivendi che è primo azionista di Tim con il 23,75%, ha appena dato le dimissioni dal Cda della compagnia italiana dove era entrato nel 2015, pur confermando il suo “interesse di investitore di lungo periodo”.

Ma le dimissioni di De Puyfontaine sono l’ennesima dimostrazione dei rapporti difficili di Vivendi con Tim.

Il francese non ha più alcun rappresentante all’interno del Cda italiano.

Vivendi e Tim storie tese da tempo

Oggi Le Figaro ricorda come il tentativo del gruppo francese di prendere la mano di Tim si sia scontrato nel tempo con diversi ostacoli. Nel 2019 lo scontro con il fondo speculativo Elliott ha costretto Vivendi a scendere a più miti consigli, raggiungendo così un compromesso. Una “Pax Romana” che non ha in alcun modo risolto i problemi atavici di Tim, che si rispecchiano nel valore del titolo scivolato intorno a quota 0,26 euro, lontano dal prezzo di carico medio pagato da Vivendi (1,07 euro) che ha già portato svalutazioni per 1,7 miliardi di euro a bilancio sui conti del gruppo media francese, in due tornate diverse, a fronte di investimenti complessivi per 4 miliardi. La perdita virtuale dell’investimento in Tim per Vivendi si aggira intorno ai 3 miliardi di euro.

L’offerta di KKR rispedita al mittente

C’è da dire che a novembre del 2021 Vivendi aveva avuto la sua occasione di riguadagnare qualcosa, ma si era opposta in modo netto alla proposta del fondo americano KKR, che aveva messo sul piatto un’offerta non vincolante di 10,8 miliardi di euro, a 0,505 euro per azione.

Futuro incerto

Il futuro di Tim si intreccia oggi con quello dell’intero comparto italiano delle Tlc e coinvolge lo Stato che vuole assumere un ruolo di guida sulla rete.

In gioco c’è il futuro della rete in fibra nazionale.

Il Governo vuole mettere ordine nel settore, visti i ritardi di copertura che si registrano nel paese soprattutto nelle aree bianche.

Ma non si sa ancora come il Governo di Giorgia Meloni intenda procedere, anche se si percepisce una distinzione fra posizioni differenti.

L’ipotesi del MoU che vedeva in CDP il pivot dell’operazione rete unica, con scorporo della rete Tim e successiva fusione con quella di Open Fiber, è ormai tramontata.

Ma non appare ancora con nitidezza una alternativa condivisa e sostenibile per tutti gli stakeholder in gioco.

Vivendi è francese

C’è anche la questione che Vivendi è francese. Rimane il tema della sicurezza nazionale e dello status della rete Tim come asset strategico nazionale e va posta sotto il controllo pubblico. Il governo vuole lavorare con attori stranieri, ma non consentendo loro di assumere un ruolo di controllo.

Tutto ciò aiuta a spiegare perché la decisione di De Puyfontaine di lasciare il Cda di TIM potrebbe contribuire a facilitare il nuovo piano di rete, qualunque siano i suoi termini.

Vedremo.

Nel frattempo, Tim e tutti i suoi concorrenti devono vedersela con lo stato di difficoltà del settore.

In questo contesto, confuso, De Puyfontaine potrebbe forse sperare in maggiori margini di manovra nelle discussioni sulla rete.

L’agenda delle Tlc

Mentre domani è in programma un Cda di tim, per mercoledì prossimo è stato convocato al Mimit un nuovo incontro del tavolo sulla rete, cui in precedenza oltre Vivendi hanno preso parte rappresentanti di Cdp.

Nel frattempo, sempre domani è in programma un primo giorno di incontri con gli operatori delle telecomunicazioni che si svolgeranno per iniziativa del sottosegretario alla presidenza con delega all’innovazione Alessio Butti. L’obiettivo, come chiarito nei giorni scorsi, è quello di “approfondire le esigenze e le problematiche del settore, nonché definire le possibili linee di intervento e semplificazione, anche in relazione all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per i progetti di competenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio”.

Il secondo giorno di incontri con gli operatori è fissato per il 25 gennaio presso il Dipartimento della Trasformazione Digitale. Ma sarà inevitabile confrontarsi anche sui temi della “rete nazionale”, secondo la nuova denominazione che il sottosegretario Butti ha dato al dossier.

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