Arnaud De Puyfontaine, Ceo di Vivendi, primo azionista di Tim con una quota del 23,75%, si è dimesso oggi dal Cda di Tim dove era entrato nel 2015.
Un gesto forte per marcare discontinuità nella governace di Tim, che da tempo vede il gruppo francese deluso dalla presidenza di Salvatore Rossi, considerato non imparziale da Parigi.
Non va trascurato nemmeno un altro aspetto che riguarda il dibattito sulla rete, sottaciuto dai più ma alquanto presente sottotraccia, vale a dire il fatto che la rete Tim si trovi sotto il controllo di un primo azionista straniero. Ma l’italianità della rete rappresenta un fattore centrale nel dibattito in corso sul futuro assetto di Tim.
In quest’ottica, le dimissioni di De Puyfontaine rappresentano anche la volontà del primo azionista d’Oltralpe di rinunciare ad un nome di peso francese.
Chi entrerà in Cda al posto di De Puyfontaine?
La questione non è banale, in vista della discussione sul futuro della rete e della stessa Tim che andrà in scena nelle prossime settimane con il Governo.
Un passo di lato che non pregiudica in alcun modo il ruolo preponderante di Vivendi nel dossier Tim, che con questo escamotage sarà un po’ meno sotto i riflettori.
Secondo alcune voci, il posto lasciato libero da de Puyfontaine sarà preso certamente da un uomo di fiducia di Vivendi, un italiano che potrebbe presentarsi anche come indipendente.
Una questione di cui si discuterà al consiglio in agenda per mercoledì 18 gennaio, dove si dovrà discutere di tante cose tra cui del futuro piano industriale di Tim da presentare alla comunità finanziaria il prossimo 14 febbraio.
Si vedrà.
Frizioni in Cda sul prezzo della rete
Da tempo le maggiori frizioni all’interno del Cda di Tim riguardano la valutazione della rete, che secondo Vivendi ha un valore compreso fra 31 e 34 miliardi di euro, mentre per Cdp il valore complessivo dell’asset è compreso fra 15 e 18 miliardi.
Una distanza abissale, che fino ha contribuito all’attuale stallo in cui si trova il dossier della rete, che rappresenta il problema economico più pressante per il governo di Giorgia Meloni anche per il risvolto sociale che rappresenterebbe il fallimento dell’azienda, che nel nostro paese conta 42mila dipendenti.
“Fino a quando per Tim non verrà aperta una nuova stagione, Arnaud de Puyfontaine desidera dedicare tutte le sue energie nella capacità di amministratore delegato di Vivendi, maggiore azionista di Tim dal 2015, con l’obiettivo di ristabilire un percorso di crescita per Tim e per vedere adeguatamente riconosciuto il valore reale dell’azienda e della sua rete”, fanno sapere fonti vicine ai francesi.
Una freddezza, quella espressa dai francesi nei confronti del dossier della rete, che per il momento non investe il Governo, mentre sono in corso le trattative per il futuro della rete unica, o meglio, della rete nazionale.
Vivendi, buoni rapporti con il Governo
“In questa fase di dialogo tra i principali azionisti di Tim e il governo, è fondamentale che tutti i soggetti interessati possano essere liberi di operare in modo costruttivo e trasparente nell’interesse di Tim e di tutti i suoi azionisti”, viene spiegato da Parigi. Da cui si ribadisce che Vivendi resta “un investitore di lungo termine” e “conferma con forza il suo interesse industriale per Tim e la propria volontà di intraprendere ulteriori operazioni industriali in Italia”.
L’obiettivo dei Francesi è sempre quello “di far emergere il valore di Tim che ancora non è apparso in modo risolutivo”, per cui bisogna “concentrarsi tutti per un dialogo costruttivo e trovare la soluzione più giusta” sul tema della rete, concludono le fonti.