Analisi

TIM, cosa farà Poste dopo il passo indietro di Vivendi? Iliad alla finestra

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Cresce l’attesa per il Cda di Poste in programma il 26 marzo, dopo la cessione da parte di Vivendi di un pacchetto del 5% detenuto in Tim, che riduce la quota del socio francese al 18,37%.

Cresce l’attesa per il Cda di Poste in programma il 26 marzo, dopo la cessione da parte di Vivendi di un pacchetto del 5% detenuto in Tim, che riduce la quota del socio francese al 18,37%.
Gli occhi del mercato sono puntati sull’Ad Matteo Del Fante, per capire se ci saranno novità da comunicare ufficialmente, mentre dietro le quinte le voci si moltiplicano. Secondo La Stampa, il Gruppo – che nelle scorse settimane è subentrata a Cdp come secondo azionista di Tim con circa il 9,81% – sarebbe pronto a salire al 24%. Sotto soglia Opa.

Vivendi scenderà ancora?

Vivendi, secondo il Messaggero, non sarebbe intenzionato a diminuire ulteriormente la sua quota in Tim, in attesa degli eventi. Quel che sembra certo è che Vivendi vuole guadagnarci e non si fermerà.
Il mercato si interroga sul pacchetto del 5% ceduto dal gruppo francese, che prelude secondo voci ad altre operazioni da parte del gruppo guidato da Bolloré.

E’ già tato rilevato da qualcuno?

Magari da CVC, già interessata a Tim Enterprise in passato, che non lo ha ancora dichiarato?

O magari da Poste stessa? I questo modo la quota rimanente rimasta a Vivendi non dovrebbe essere acquisita tramite Opa.

In molti ritengono che Vivendi non voglia uscire completamente da Tim, ma soltanto parzialmente. Continuando a vendere sul mercato, visto che da 1,01 euro prezzo di acquisto ha svalutato le azioni Tim e le ha in carico a 0,21 euro.

Secondo quanto emerso, la cessione del 5% di Tim avrebbe fruttato a Vivendi un guadagno di circa 230 milioni di euro, avendo venduto al prezzo di 0,30 centesimi una quota in carico a 0,21 euro.

E ancora: il mercato si aspetta un rinnovato attivismo di Poste, come se alla progressiva uscita di scena di Vivendi (che per ora non è sul tavolo) dovesse corrispondere una contemporanea salita del gruppo dei recapiti, controllato da Cdp. Ma davvero c’è una correlazione fra le due cose?
Poste sta trattando direttamente con Vivendi? Nel caso, a che prezzo?

Nessun regalo da Vivendi

Si ricorda che in totale dal suo ingresso nel 2014 Vivendi ha investito 4 miliardi in Tim e che oggi la quota che detiene vale circa 1,5 miliardi.
D’altra parte, Vivendi vuole uscire da Tim e lo ha ribadito nuovamente nella nota diffusa il 21 marzo precisando di aver “cessato di contabilizzare la propria partecipazione in TIM con il metodo del patrimonio netto a partire dal 31 dicembre 2022 e ha indicato in diverse occasioni la propria intenzione di vendere la propria partecipazione in TIM a condizioni finanziarie favorevoli”.
Insomma, Vivendi è pronta a scendere ancora in Tim, ma non a regalare la sua quota. Senza dimenticare che procede in Tribunale la causa contro la decisione del Cda di Tim di cedere la rete.

Consolidamento all’orizzonte?


Detto questo, è indubbio che il subentro di Poste a Cdp nel capitale di Tim con una quota del 9,81% abbia smosso le acque stagnanti della compagnia, su cui grava ancora un debito di 7,3 miliardi di euro.
Resta da capire cosa intenderà fare Poste, che da subito si è detta favorevole ad un consolidamento del settore delle Tlc. Consolidamento che, va ribadito, per essere davvero industriale – con la riduzione da 4 a 3 operatori in Italia per intenderci – dovrà prevedere un merger con un altro operatore. Le sinergie di Tim con Poste potranno essere soltanto di carattere commerciale.
A questo punto resta da capire se Poste vorrà trattare in questo senso, in direzione di un consolidamento industriale quanto mai auspicato dal mercato e dallo stesso ad Pietro Labriola, che in effetti promuove apertamente un merger con Iliad.
Poste si muoverà in questa direzione, per favorire un’operazione industriale con Iliad?
Tratterà anche con il fondo CVC, l’altro player che ciclicamente torna alla ribalta per l’interesse che nutre per Tim Enterprise?
Tanta carne al fuoco, con alcune avvertenze. Come ricorda il Messaggero, le sinergie commerciali fra Tim e Poste se dovessero andare avanti dovrebbero incassare il via libera del regolatore.
In primo luogo, per usare i 12.800 uffici postali per vendere i prodotti Tim si dovrebbe verificare se non ci sono gli estremi degli aiuti di Stato, dal momento che Poste è una società pubblica. Cosa direbbero i competitor?
Altre sinergie potrebbero verificarsi con il canale diretto di Poste energia per distribuire luce e gas e con il trasferimento di Poste Mobile dalla rete Vodafone alla rete Tim.
Bolloré non ha fretta, aspetta di capire la linea di Del Fante per cedere eventualmente ulteriori quote. Data ultima il 24 giugno, giorno dell’assemblea, rimandata appositamente rispetto al 10 aprile fissato in precedenza per trovare una soluzione.

Benvenuti a Telecommunications of the Future by 5GItaly

Di questo e di altro si parlerà ampiamente alla prossima edizione del convegno promosso dal CNIT Telecommunications of the Future by 5GItaly, che si terrà il prossimo 9 aprile a Roma.

Leggi anche: Tim, l’assemblea slitta a giugno. Due mesi in più per trattare con Vivendi

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