Ma che sta succedendo in Tim? Nel giorno della cessione della rete a KKR, spuntano le voci sulla possibile vendita di quote di Enterprise rilanciate da Bloomberg.
Perché?
Si tratta forse di una manovra a favore dei mercati, una mossa per sostenere il titolo Tim in un giorno decisivo?
Di certo, in apertura il titolo cedeva l’1,27% per poi recuperare e virare in positivo, più 0,67%, intorno alle 11,45 dopo l’indiscrezione su Enterprise. L’esito del Cda sulla rete, vale a dire la scelta di KKR come potenziale acquirente, non è poi così scontato. Il Cda potrebbe ancora risolversi con un nulla di fatto.
Leggi anche: Vivendi considera un errore vendere la rete Tim
TIM: immagine spezzatino
L’immagine è quella dello spezzatino, una società pronta per essere fatta a pezzettini sempre più piccoli. Tanti bocconi da cedere al miglior offerente. Non ad uno soltanto.
Nel giorno del giudizio sulle offerte concorrenti per la rete, quella del fondo americano KKR (in pole position) e l’altra della cordata CDP-Macquarie, spuntano anche altre voci di una possibile cessione di quote in un altro ramo d’azienda, la business unit Enterprise, quella che comprende Noovle (Cloud), Olivetti (IoT) e Telsy (Cybersicurezza). Lo scrive oggi Bloomberg, secondo cui l’obiettivo dell’ad Pietro Labriola sarebbe quello di cedere una quota di minoranza di Enterprise, valutata 6 miliardi di euro, al fine di alleggerire il debito lordo del gruppo, che ha superato 30 miliardi.
L’ad starebbe sondando potenziali investitori interessati ad entrare nella divisione che occupa circa 5mila dipendenti e controlla una rete di 16 data center.
C’è da dire che non più tardi di marzo Tim aveva rispedito al mittente un’offerta da parte del fondo CVC Capital Partners per una quota di minoranza perché giudicata troppo bassa.
Voci su Enteprise nel giorno del Cda clou sulla rete?
La voce su Enterprise arriva nel giorno del Cda clou, nel quale è attesa la decisione su come procedere con la cessione della rete di fronte alle due offerte non vincolanti giunte sul tavolo del board.
Secondo il Sole 24 Ore, ma non solo, l’offerta di KKR sarebbe in vantaggio perché più conveniente dal punto di vista economico, ma anche da quello antitrust visto che CDP è presente sia in Tim sia in Open Fiber.
Vivendi convitato di pietra
Il convitato di pietra, Vivendi primo azionista con il 23,75%, non è rappresentato in Cda e quindi, pur contrario all’operazione, dovrà muoversi altrimenti per far valere le sue ragioni. In primo luogo, per vie legali e poi anche convocando un’assemblea allo scopo di bloccare l’eventuale vendita.
Detto questo, non pare dalle prime indiscrezioni (se effettivamente si arriverà ad una scelta del Cda) che l’offerta di KKR sarà subito vincolante. La speranza del Cda di Tim è che nelle prossime settimane l’offerta possa essere ulteriormente migliorata. Secondo il Sole 24 Ore, potrebbero essere concesse ancora alcune settimane, forse altri due mesi, per consentire di limare ancora l’offerta.
Anche sull’esclusività a KKR, secondo MF, non c’è tutta questa sicurezza. Un allargamento dei pretendenti e della cordata non è escluso, come confermato dal fondo F2i. Inoltre, anche CDP potrebbe affiancarsi al fondo Usa, che avrebbe dato il benestare all’apertura dell’azionariato precisando però che non intende rinunciare alla maggioranza della NetCo.
Il dossier Tim sul tavolo del Governo
La cessione della rete Tim e il futuro dell’azienda, in crisi da tempo, rappresentano il dossier economico più importante sul tavolo del Governo Meloni, che ha fatto un’intera campagna elettorale sulla necessità di mantenere l’italianità della rete Tlc, un’infrastruttura strategica per il paese che deve essere pubblica.
Accettare le avances e le condizioni di KKR per il Governo, che tratta la vicenda Tim con i guanti in quanto società privata e quotata padrona del suo destino, non sarebbe comunque neutro. Che fine farebbe la tanto sbandierata italianità dell’asset strategico in mano al fondo Usa?
Resta infine da capire chi dovrebbe prendersi la responsabilità politica delle migliaia di esuberi: i sindacati parlano di 20mila persone a rischio nel quadro della separazione di NetCo da ServCo.
Vivendi promette battaglia
Secondo il Financial Times, Vivendi è sul piede di guerra, pronta a combattere la proposta di Tim di cedere la rete a KKR. Vivendi, che detiene una quota del 23,75% pari al 17% dei diritti di voto, considera sottostimato il valore della rete e la cessione un errore strategico: “Separare la rete senza risolvere i problemi è soltanto un modo per procrastinare il futuro… una governance e un management carenti”.
L’offerta di KKR è intorno a 22,5 miliardi a fronte dei 31 miliardi stimati da Vivendi.
Vivendi ha investito più di 4 miliardi nella quota che detiene in Tim a partire dal 2015, considerato che il primo obiettivo dei francesi era realizzare un grande polo media dell’area mediterranea.
Ma da allora è stata costretta due volte a svalutare la quota di Tim iscritta a bilancio. Dopo l’uscita a gennaio di Arnaud De Puyfontaine dal board a gennaio, Vivendi non è presente nel Cda di Tim.
Secondo il Financial Times, l’atteggiamento di Vivendi “tatticamente contrario” alla cessione della rete ha “profondamente” irritato il Governo italiano, secondo cui Vivendi non ha un’alternativa valida rispetto a KKR. Resta però da capire perché il Governo non metta in moto le misure adeguate ad assicurare il controllo pubblico della rete.