Fari puntati sul Ceo di Tim Amos Genish in vista della riunione del Cda del 25 giugno, dopo le dichiarazioni circa il comportamento di alcuni consiglieri che “non avrebbero svolto un ruolo di supporto al management, interferendo con il suo lavoro”.
Con chi ce l’aveva Genish? Chi sono i consiglieri che sarebbero “indaffarati a diffondere congetture che minano la capacità di Tim di raggiungere i suoi obiettivi”?
Chi gli sta mettendo i bastoni fra le ruote?
E perché?
Dichiarazioni forti, rilasciate due giorni fa da Genish alla stampa, di cui lunedì prossimo il Cda dell’azienda – 10 membri in quota Elliott e 5 membri in quota Vivendi – chiederà certamente conto. Tanto più che dopo il ribaltone all’assemblea del 4 maggio il fondo Elliott aveva dato piena fiducia al Ceo israeliano indicato da Vivendi, ma da allora non si è registrata una svolta significativa in borsa, dove il titolo resta sottostimato e veleggia intorno a 0,66 centesimi. Alcuni osservatori fanno notare che da quando Amos Genish ha preso le redini di Tim lo scorso 28 settembre il titolo ha perso il 16%, a fronte di un calo complessivo del 4% dell’indice Ftse Mib e dell’11% dell’indice Stoxx Europe Telecommunications.
Nel frattempo Tim ha collocato ieri un bond a tasso fisso per 750 milioni. Il rendimento dell’emissione, pari a 2,876%, risulta inferiore al costo medio del debito del gruppo (4,6%). La società, si legge in una nota, “riapre il mercato per gli emittenti corporate italiani finanziandosi al di sotto del costo medio del debito”.
Ma l’incertezza sulla governance solleva anche le preoccupazioni di piccoli azionisti di Asati, tanto più che l’emergere di dissapori in seno al Cda arriva in un momento molto denso per Tim, alle prese con la trattativa sugli esuberi appena conclusa con l’annuncio dei contratti di solidarietà per circa 30mila dipendenti, l’imminente asta frequenze per il 5G (si prevede che Tim prenderà parte alla gara per l’assegnazione dei lotti in banda 700, quella più pregiata e costosa), l’ok preliminare da parte di Agcom del piano di separazione della rete per la creazione della NetCo e sullo sfondo la concorrenza aggressiva di Iliad.
Genish ha ribadito mercoledì scorso che è pienamente motivato ed entusiasta di realizzare il piano industriale 2018-2020 denominato DigiTim e ha inoltre aperto all’ipotesi di un’eventuale fusione della sua rete in fibra Ftth con OpenFiber.
Sarà quindi interessante verificare l’unità d’intenti del board societario, che secondo alcuni potrebbe chiedere a Genish di concentrarsi su alcuni dossier “aperti” (Inwit, la società delle torri che potrebbe essere ceduta; Persidera, la società dei mux anch’essa in cerca di acquirenti e Tim Brasil, anch’essa al centro di speculazioni).
Secondo altre voci, il Ceo di Tim sarebbe addirittura in bilico e potrebbe lasciare il suo posto a breve, forse già a luglio.
Nel frattempo, Genish non ha perso l’occasione per attaccare Sky e Perform dopo l’esito della gara per l’assegnazione dei diritti Tv della Serie A per il triennio 2018-2021. L’accusa avanzata da Tim è di aver agito in “concerto” nella trattativa con la Lega Serie A. Duro Genish nei confronti soprattutto della Lega Serie A: la decisione della Lega Calcio di organizzare una seconda gara sui diritti televisivi “è stata miope, non darà vantaggi nel lungo periodo e non stimolerà la concorrenza. Abbiamo cercato di avere i diritti sul Calcio – ha detto Genish – ci dispiace della decisione della Lega di architettare una nuova gara servita sul piatto a Sky. La Lega se ne pentirà e dovrà fare un’altra gara, tutto questo non è andato a vantaggio dei tifosi. Speriamo si rendano conto delle conseguenze della loro decisione”.
Accuse a cui è arrivata la risposta della Lega: “La Lega Serie A osserva e ricorda che nel corso dell’ultimo anno ha sollecitato il mercato in modo trasparente e pro competitivo, con Inviti a offrire rivolti a tutti gli operatori potenzialmente interessati, sottoponendo agli stessi ogni possibile forma di offerta e pacchetto di diritti audiovisivi”, si legge in una nota della Lega.