Gran Bretagna, la premier May accusata di ingannare i ministri sulla Brexit
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Il governo britannico e’ sull’orlo della crisi ed il motivo ancora una volta e’ la Brexit: ne parlano oggi giovedi’ 7 giugno tutti i principali quotidiani del paese, riferendo che il ministro per la Brexit, David Davis, ora minaccia addirittura di dimettersi. Lo scontro nasce, spiega il quotidiano londinese “The Times”, dal fatto che la premier Teresa May ha nascosto fino all’ultimo ai suoi ministri piu’ euroscettici il piano messo a punto per evitare che dopo il divorzio della Gran Bretagna dall’Ue ci sia nuovamente una frontiera fisica tra l’Ulster (l’Irlanda del Nord britannica) e la Repubblica d’Irlanda (che e’ un paese membro dell’Unione Europea) e cosi’ scongiurare il veto minacciato dal governo irlandese di Dublino all’intero pacchetto di proposte sui futuri rapporti commerciali Gb-Ue, dopo la Brexit che dovrebbe essere approvato nel cruciale vertice dei capi di Stato e di governo europei in programma a Bruxelles il 28-29 giugno prossimi. Il piano, battezzato “backstop” (“rete di protezione”, ndr), propone che tutta la Gran Bretagna resti legata all’unione doganale europea se non riuscira’ a trovare un nuovo accordo con Bruxelles sul controllo delle merci in transito attraverso la frontiera nordirlandese. Il testo della bozza e’ stata presentata ai capofila dei cosiddetti “Brexiteers”, cioe’ al ministro degli Esteri Boris Johnson, al ministro per il Commercio Liam Fox ed al ministro dell’Ambiente Michael Gove, appena quattro ore prima che venisse diffuso al pubblico: un ridottissimo lasso di tempo studiato appositamente per non dare loro alcuna possibilita’ di far valere eventuali obiezioni. Al contrario la May aveva condiviso il piano gia’ nel corso del passato fine settimana con i suoi ministri piu’ favorevoli al mantenimento di stretti rapporti commerciali con l’Ue, i cosiddetti “Remainers” (che cioe’ si erano battuti per la permanenza della Gran Bretagna nell’Ue al referendum del 2016, ndr): il cancelliere allo Scacchiere Philip Hammond e la ministra per l’Irlanda del Nord Karen Bradley; addirittura il capo di gabinetto della May, Gavin Barwell, aveva mostrato il testo ad alcuni parlamentari della corrente “Remainers” del Partito conservatore prima di informare i ministri. A questo punto il ministro David Davis, titolare del dicastero in teoria responsabile per la Brexit, benche’ fosse comunque stato informato del testo si e’ visto costretto a prender atto dell’impossibilita’ di apportare modifiche al piano ed ha minacciato di dimettersi; raccogliendo persino la solidarieta’ del commissario Ue responsabile dei negoziati sulla Brexit, il francese Michel Barnier, che si e’ detto “dispiaciuto” per come Davis e’ stato “maltrattato” dalla sua stessa premier. Uno dei maggiori leader della corrente “Brexiteer” del Partito conservatore, l’ex primo ministro Iain Duncan Smith, ha invitato la premier May a cambiare totalmente il suo approccio ai negoziati con l’Ue: “Era facilmente immaginabile che Bruxelles avrebbe assunto il tipico atteggiamento del bullo della classe”, ha scritto in un articolo pubblicato dal “Times” , “ed e’ proprio per questo che al vertice di fine giugno dobbiamo assolutamente cambiare il modo con cui stiamo trattando per la Brexit”.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Commercio Cina-Usa, Pechino cerca la sponda dell’Unione europea
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – La Cina intende far fronte comune con l’Unione europea per fronteggiare il protezionismo statunitense. Lo scrive il quotidiano “South China Morning Post”, che cita fondi europee secondo cui Pechino premera’ proprio su questo punto in occasione dei prossimi colloqui economici di alto livello Cina-Ue, in programma il 25 aprile. Pechino e Bruxelles, scrive il quotidiano, condividono l’esigenza di un riequilibrio strategico sul fronte dell’economia; segnali di avvicinamento in tal senso si sono scorti il mese scorso, in occasione dell’incontro tra il vicepremier cinese Liu He e il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, che ha sbloccato il dialogo economico tra le due parti. L’Unione europea, ammette il quotidiano cinese, condivide con gli Stati Uniti le critiche al trattamento cinese della proprieta’ intellettuale e alla misure cinesi di dumping, ma negli ultimi mesi si e’ trovata ad essere bersaglio quanto la Cina dell’unilateralismo commerciale di Washington. “La situazione e’ molto complicata, perche’ gli interessi e le conflittualita’ tra le parti si intrecciano”, commenta Cui Hongjian, del China Institute of International Studies. “Non si tratta di semplici relazioni di amicizia o inimicizia”. La Cina ha reagito all’offensiva commerciale statunitense proclamandosi paladina del sistema del commercio globale multilaterale, e recentemente ha espresso l’auspicio di cooperare con l’Ue per arginare la dottrina commerciale del presidente Usa Donald Trump. L’Europa, d’altro canto, teme di essere marginalizzata nel mercato cinese, nel caso Pechino e Washington raggiungessero un accordo di vasta portata per l’accesso privilegiato di merci Usa nella prima Economia asiatica. Bruxelles, alle prese anche con l’instabilita’ e la conflittualita’ politica interna, sta provando a concepire un riequilibrio nelle relazioni con gli altri due attori. Secondo Robert Carnell, di Ing Bank, la nuova Via della seta cinese potrebbe essere uno dei veicoli di questo riposizionamento dell’Ue.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Energia, esportazioni record di petrolio statunitense aiutano a equilibrare la bilancia commerciale
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Gli Stati Uniti hanno toccato ad aprile un record delle esportazioni di petrolio e carburanti aiutando cosi’ la bilancia commerciale statunitense e la crescita economica. Il paese, riferisce il quotidiano “Wall Street Journal”, ha spedito 19,9 miliardi di dollari di prodotti petroliferi (greggio, gas liquefatti e carburanti, come la benzina) a paesi esteri. Lo certificano oggi i dati del dipartimento per il Commercio. Gli Usa stanno quadruplicando mensilmente le esportazioni, come accadeva dieci anni fa. La bilancia commerciale statunitense di merci e servizi, dopo essere cresciuta nel 2017 e ad inizio 2018, e’ scesa ad aprile del 2,1 per cento, il secondo mese consecutivo di contrazione. Nei primi quattro mesi dell’anno il divario e’ aumentato dell’11,5 per cento in confronto ad analogo periodo del 2017. I prezzi piu’ alti del greggio minacciano di far aumentare il costo della benzina a danno degli automobilisti, ma per l’economia generale l’effetto e’ controbilanciato dai maggiori guadagni dell’industria del petrolio e dagli investimenti dei produttori di greggio. L’aumento delle esportazioni di petrolio e’ in parte dovuto ad un provvedimento varato dal Congresso nel 2015, che ha eliminato di divieto di esportare greggio statunitense. Prima di allora, gli Usa esportavano principalmente prodotti della raffinazione del petrolio, come la benzina e il diesel.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Usa, primarie in California: i Democratici non hanno mostrato di poter controllare la Camera dei rappresentanti
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – La lezione delle primarie di ieri in California per i Democratici (Dem) e’ che hanno molto lavoro da fare se vogliono il controllo della Camera dei rappresentanti a novembre. I Democratici, sottolinea l’emittente “Nbc” (National broadcasting company), sono riusciti ad evitare il disastro di rimanere fuori dalle consultazioni per le elezioni generali in California, dove i candidati di tutti i partiti corrono gli uni contro gli altri e i due che prendono piu’ voti si scontrano poi alle elezioni generali. Il risultato del partito, pero’, e’ stato deludente. In alcuni distretti dello Stato, i Repubblicani hanno raccolto oltre la meta’ dei voti. In un clima che, in vista delle elezioni di meta’ mandato, da’ i Democratici in vantaggio, la California e’ il termometro di come potrebbero realmente andare le cose. I Repubblicani punteranno sui numeri dell’economia che ha promosso il presidente Donald Trump e sul basso tasso di disoccupazione. Malgrado il consenso nei confronti del presidente resti basso, molti dei candidati repubblicani non si portano dietro il bagaglio politico di Trump. Per ora i Democratici sono sollevati dall’avere candidati in lista in tutti le gare piu’ importanti per la Camera, un risultato non scontato imputabile anche al sistema delle primarie californiane.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Spagna, Pedro Sanchez presenta i ministri del nuovo governo
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Il presidente del governo spagnolo, il socialista Pedro Sanchez, ha annunciato ieri i nomi dei ministri che comporranno il nuovo esecutivo. Lo riferiscono tutti i principali quotidiani spagnoli, che descrivono uno per uno tutti i profili e le carriere politiche dei nuovi ministri e sottolineano la forte presenza femminile. Progressismo, europeismo e impegno per l’uguaglianza saranno le principali caratteristiche della nuova squadra di governo. Per il momento non sono stati fissati obiettivi temporali, perche’ permane la questione delle nuove elezioni previste per il 2019, anche se la struttura del governo potrebbe richiamare una vocazione alla permanenza. Il Gabinetto e’ composto da 11 ministri donna e 6 ministri uomini, sette compreso Sanchez, con alcuni dei ministeri piu’ importanti affidati proprio nelle mani delle donne: vicepresidenza e Relazioni con i tribunali a Carmen Calvo; il ministero dell’Economia a Nadia Calvino; il Tesoro a Maria Jesu’s Montero; la Difesa a Margarita Robles; la Giustizia a Dolores Delgado e la Politica territoriale a Meritxell Batet. Sanchez ha anche cercato di mantenere un equilibrio territoriale, includendo rappresentanti delle comunita’ autonome caratterizzate da un forte sentimento identitario come Catalogna, Andalusia, comunita’ Valenciana e Paesi Baschi. Inoltre, il nuovo governo di Pedro Sanchez affrontera’ con molta cautela il tema economico, scartando le riforme piu’ corpose e problematiche, scegliendo invece piccole battaglie con grandi effetti sociali, soprattutto sull’elettorato del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe).
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Francia-Canada, le differenze che separano il presidente Macron dal premier Trudeau
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Nel corso del G7 che si terra’ nei prossimi giorni in Canada, il presidente francese Emmanuel Macron incontrera’ il primo ministro canadese, Justin Trudeau. Secondo “Libe’ration” i due leader, definiti spesso come dei “gemelli liberali” mostrano oggi delle profonde differenze. Il loro primo incontro risale al maggio dello scorso anno in occasione del G7 di Taormina, in Sicilia. In quell’occasione Macron e Trudeau mostrarono una forte sintonia. Tuttavia, oggi la loro “complicita’” non e’ piu’ come quella di un tempo. “Diciamo che uno ha una visione verticale e l’altro piuttosto orizzontale del multilateralismo” affermano fonti dell’Eliseo. Il quotidiano afferma che i due “non hanno ne’ lo stesso peso ne’ le stesse ambizioni sulla scena internazionale. “Le Monde” riferisce che ieri Macron e Trudeau hanno firmato una dichiarazione comune dove si impegnano a “lavorare insieme” per “dare delle risposte” in “un contesto di geopolitica complesso, segnato da sfide cruciali per il futuro del pianeta”. Il presidente francese e il premier canadese si sono incontrati a Ottawa per una seduta di lavoro prima dell’inizio del G7. Trudeau ha sottolineato la necessita’ di “coordinarsi” in vista del vertice, che secondo Macron arriva in un “momento critico”. Il quotidiano ricorda come europei e canadesi abbiano “inasprito i toni” contro Washington per contrastare le posizioni del presidente statunitense, Donald Trump. “Ci saranno conversazioni franche attorno al tavolo del G7, in particolare con il presidente americano sul commercio, sulle tariffe” ha detto il premier canadese.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Francia, 450 detenuti radicalizzati verranno scarcerati entro il 2019
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Entro il 2019, in Francia verranno scarcerati 450 detenuti islamisti. Lo riferisce “Le Figaro”, spiegando che le forze dell’ordine e i servizi antiterrorismo sono in stato di massima allerta per far fronte a uno “scenario catastrofico”. L’argomento era tra i punti all’ordine del giorno del Consiglio di Difesa che si e’ tenuto ieri all’Eliseo. Il quotidiano spiega che entro la fine di quest’anno sara’ liberato il 10 per cento circa dei 512 detenuti imprigionati per reati legati al terrorismo, per un totale di una cinquantina di persone. A questo si aggiunge la liberazione entro il 2018 di circa 1300 detenuti, tra i quali si contano 400 islamisti che si sono radicalizzati in cella. “La prigione e’ un temibile incubatore e molti dei nostri ‘clienti’, tra i quali piccoli criminali convertiti, sono caduti nella centrifuga in modo folgorante” afferma un alto responsabile dei servizi. L’Ufficio centrale dell’informazione penitenziaria (Bcrp), che conta 300 agenti, e’ diventato uno strumento fondamentale per raccogliere dati sensibili in merito a possibili azioni terroristiche. La struttura utilizza una serie di tecniche per “penetrare nell’intimita’ delle celle”. L’entourage del ministro dell’Interno, Ge’rard Collomb, afferma che sono state create nuove modalita’ di scambio di informazioni tra il Bcrp e i servizi segreti.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Germania, la grande coalizione da’ il via libera alla commissione del carbone
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Dopo settimane di indecisioni il governo federale tedesco mercoledi’ mattina ha dato alla commissione sul carbone il nome altisonante di “crescita, cambiamenti strutturali e occupazione”. Al gruppo appartengono un totale di 31 esperti, provenienti da organizzazioni ambientaliste, sindacati, imprese e politica, tra cui quattro presidenti e tre membri del Bundestag che non hanno diritto di voto. Entro la fine dell’anno sara’ preparato uno scenario per eliminare gradualmente la lignite dal mix energetico nazionale. Inoltre la commissione presentera’ proposte per lo sviluppo strutturale nelle regioni minerarie dove e’ presente l’industria del carbone, con l’obiettivo di rafforzare la crescita e l’occupazione. Soprattutto nel Nord Reno-Vestfalia e nel Brandeburgo migliaia di posti di lavoro dipendono dalle miniere di lignite. Il calendario e’ ambizioso, e i primi risultati sono attesi a ottobre. Il gruppo si incontrera’ per la prima volta alla fine di giugno. I Verdi hanno criticato la decisione di non invitare rappresentanti dell’opposizione nel gruppo. E’ sintomo di “disprezzo del parlamento”, ha detto Lisa Badum, portavoce per la protezione del clima del gruppo parlamentare dei Verdi. Hans Joachim Schellnhuber, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (Pik), membro della commissione, si e’ detto favorevole all’uscita dal carbone. Secondo l’ex primo ministro del Brandeburgo, il socialdemocratico Matthias Platzeck, la commissione non dovrebbe essere sottoposta a pressioni temporali. Platzeck, uno dei quattro presidenti della commissione, ha dichiarato alla rete radiofonica “Rbb” di essere “preoccupato per la sorte di decine di migliaia di lavoratori”. C’e’ molta credibilita’ politica in gioco, ha detto il ministro dell’Economia, il cristiano democratico Peter Altmaier. La Germania deve rispettare i suoi obiettivi di protezione del clima. Il ministro del Lavoro, il socialdemocratico Hubertus Heil, ha predetto che l’abbandono del carbone non sara’ a breve termine. Della stessa opinione il collega di partito Matthias Miersch. Quest’ultimo ha invitato il ministro dei Trasporti Andreas Scheuer e quello dell’Edilizia, Horst Seehofer, entrambi cristiano sociali, ad adoperarsi, come da accordi di coalizione, affinche’ gli obiettivi sul clima vengano rispettati anche nei loro settori. L’economia e’ preoccupata per il costo dell’energia e per gli adeguamenti strutturali. “La Lusazia non puo’ permettersi di perdere nemmeno una singola societa’ industriale a causa di un’uscita precipitosa dal carbone”, ha ammonito Christian Amsinck, amministratore delegato dell’associazione delle imprese di Berlino-Brandeburgo (Uvb). “Se la Germania vuole essere un pioniere nella protezione del clima, la Lusazia non dovrebbe pagarne il conto”, ha sottolineato. Eric Schweitzer, presidente dell’Associazione delle Camere dell’industria e del commercio tedesco e membro della commissione, ha dichiarato: “Mi aspetto che il governo federale ci dia il tempo necessario”. Una cosa e’ chiara: “Piu’ veloce e’ l’uscita dalla lignite, meno tempo hanno le regioni per sviluppare alternative”. Le industrie ad alta intensita’ energetica tedesche (Eid) hanno definito incomprensibile il fatto di non aver ricevuto alcun posto nella commissione. “Le nostre industrie rappresentano un quarto della domanda di elettricita’ della Germania”, ha affermato il portavoce dell’Eid Utz Tillmann. “L’Unione e l’Spd hanno concordato, nell’accordo di coalizione, di preservare la competitivita’ delle industrie ad alta intensita’ energetica”, ha affermato Tillmann. “Cio’ deve riflettersi anche nelle misure che la commissione per il cambiamento strutturale sta sviluppando”.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Berlino, Parigi e Londra chiedono esenzioni dalle sanzioni iraniane
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Germania, Francia e Gran Bretagna chiedono esenzioni dalle sanzioni contro l’Iran per le compagnie europee. Cio’ emerge da una lettera inviata al governo di Washington, diffusa martedi’ socrso su Twitter dal ministro francese dell’Economia e delle Finanze Bruno Le Maire. La lettera riflette le posizioni prese dal cosiddetto E3 nel recente incontro del G7 a Whistler, in Canada. E’ firmata dai ministri Bruno Le Maire, Jean-Yves Le Drian, Peter Altmaier, Olaf Scholz, Heiko Maas, Philip Hammond, Boris Johnson e il capo della politica estera della Ue Federica Mogherini. Le societa’ europee dovrebbero essere in grado di continuare la loro attivita’ legale in Iran, secondo la lettera indirizzata al segretario al Tesoro statunitense Steven Mnuchin e al ministro degli Esteri Mike Pompeo. Le esenzioni dalle sanzioni dovrebbero pertanto applicarsi in particolare alle societa’ europee che hanno avviato o concluso contratti nel gennaio 2016, in seguito all’entrata in vigore dell’accordo nucleare con l’Iran. “Come alleati ci aspettiamo che gli Stati Uniti si astengano da azioni che sono in contrasto con gli interessi della Difesa europea”. Il presidente Donald Trump ha annunciato l’8 maggio scorso che gli Usa si ritireranno dall’accordo nucleare e ripristineranno le sanzioni economiche contro l’Iran. L’Iran ha annunciato all’inizio di questa settimana che avrebbe gia’ stabilito una tabella di marcia per espandere l’arricchimento dell’uranio qualora l’accordo dovesse ridursi completamente. Grandi aziende come la Opel e la francese Psa hanno infatti gia’ annunciato il ritiro dall’Iran. L’ambasciatore Usa in Germania, Richard Grenell, ha anche richiesto tramite Twitter alle aziende tedesche di chiudere immediatamente la loro attivita’ in Iran.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Donald Trump, l’Italia e la minaccia per la Germania
07 giu 11:04 – (Agenzia Nova) – Con l’Italia guidata dai populisti euroscettici, la Polonia e l’Ungheria da nazionalisti autoritari, la Gran Bretagna che si avvia verso una Brexit infelice e il nuovo governo in Spagna ancora alle prese con i separatisti della Catalogna, non si puo’ certo dire che l’Europa nasconda i suoi problemi. In questa situazione c’e’ un’eccezione, un’isola di stabilita’ rappresentata dalla Germania, che proprio per questo pero’ e’ anche il paese che piu’ ha da perdere nell’attuale fase di tumulto geopolitico: e’ questa la tesi sostenuta dal quotidiano economico britannico “The Financial Times”, in un articolo dell’opinionista Philip Stephens pubblicato oggi giovedi’ 7 giugno. La Germania infatti sta assistendo con rabbia e frustrazione al sempre piu’ bellicoso unilateralismo del presidente Usa Donald Trump e la rottura dell’alleanza transatlantica per Berlino e’ una minaccia esistenziale. Gli Stati Uniti sono stati finora il guardiano della sicurezza tedesca, uno dei due pilastri fondamentali della sua stabilita’ post-bellica. A cio’ si aggiunge il rischio che anche il secondo pilastro su cui si fonda il successo della Germania, la coesione economica e politica dell’Europa, crolli sotto la spinta dell’ondata populista anti-Ue. E’ troppo presto, ammette il “Financial Times”, per dire che l’ascesa al potere a Roma della coalizione tra i populisti di sinistra del Movimento 5 stelle e dei nazionalisti di estrema destra della Lega segni l’inizio dello smantellamento dell’Eurozona: i miei amici italiani, scrive l’opinionista Philip Stephens, predicono che i due partiti si spaccheranno prima che la loro coalizione di governo abbia la possibilita’ di distruggere l’Unione europea. Eppure, avverte il quotidiano della City di Londra, sarebbe da pazzi essere troppo ottimisti sul futuro dell’euro: troppo grande e’ il pericolo rappresentato dal confluire in Italia dei due principali fattori di insoddisfazione dei popoli europei, cioe’ il rancore provocato dagli stagnanti livelli di vita e dalle politiche di austerita’ e la crescente rabbia per il gran numero di immigrati. Certo l’euro non e’ la causa prima dei mali dell’Italia, ma e’ certamente l’ostacolo che le ha impedito di imboccare la sua tradizionale via di sfogo, cioe’ la svalutazione della propria moneta: la cancelliera Angela Merkel ha cominciato ad ammettere le responsabilita’ tedesche in questa situazione, ma i rimedi allo studio sono ancora molto in ritardo; e anche se la Germania non puo’ da sola salvare l’Italia, conclude il “Financial Times”, dovrebbe considerare che vale la pena di pagare per salvaguardare il proprio interesse nazionale.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata