“Prediction is very difficult, especially if it is about the future” (Niels Bohr).
J. Robert Oppenheimer avrebbe risposto: “The optimist thinks this is the best of all possible worlds. The pessimist fears it is true”.
Anche ai giorni nostri non è molto diverso: dobbiamo fare i conti con un clima di incertezza che dura ormai da tempo e che di certo non aiuta a “leggere” la dinamica dei mercati. L’inversione dei tassi di rendimento (yield inversion) iniziata a luglio 2022 continua a premiare i titoli di debito a breve (2 anni), rispetto a quelli a lungo termine (10 anni) con una differenza di circa 70 punti base (bps): indica che ci dobbiamo attendere sorprese in negativo in termini di crescita o di inflazione o di entrambe.
Bloomberg oggi titola: “Germany joins Argentina as the only G-20 member to face a GDP drop”. Un incipit ad effetto che vuole sottolineare come dobbiamo abituarci convivere con sorprese che non avremmo saputo immaginare. Di massima, è meglio non litigare con il mercato, perché è come il tempo: anche se non è sempre buono, ha sempre ragione.
Sono due i trend che si stanno affermando e che non sono da sottovalutare, perché in parte fra loro collegati: (1) il progressivo “de-coupling” dalla Cina, (2) e la crescita contestuale in Europa degli investimenti in nuove giga-factory per la produzione di batterie elettriche e di micro-processori. Da dicembre 2017 a giungo di quest’anno i fondi esteri hanno ritirato 188 miliardi di dollari dalla Cina, di cui 40 miliardi nelle ultime tre settimane. Parallelamente in Spagna, Francia, Germania ed Ungheria sono stati annunciati investimenti per un totale di 72 miliardi di euro in nuove giga-factory per la produzione di batterie elettriche e contestualmente Intel e TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) si sono impegnate ad investire in Germania e Polonia 45 miliardi di euro in nuove giga-factory per la produzione di microprocessori.
In totale si tratta di quasi 120 miliardi di euro solo negli ultimi due trimestri: una cifra che non lascia dubbi sulla magnitudo degli investimenti in corso e che non risulta sia mai stata registrata in passato in un arco di tempo di solo sei mesi. Non è poco, non è un fatto trascurabile e non era scontato: di certo segnala che l’Europa non è necessariamente ancora fuori dai giochi.
Anche questa si direbbe una sorpresa, per tutti coloro i quali pensavano il contrario. È un primo passo e segnala una rotazione dei mercati in parte inattesa, che potrebbe consolidarsi e quindi tradursi in un segnale positivo per l’Eurozona: di questi tempi sappiamo quanto ce ne sia bisogno. Mercati ed investitori vivono di aspettative e per una volta la direzione del cambiamento si direbbe chiara e la volatilità non necessariamente un fatto negativo.
Occorre solo chiedersi da che parte del cambiamento si vuole stare perché chi non va incontro al futuro si troverà presto relegato ai margini del mercato. “Decisions don’t wait”: non è mai semplice fare i conti con il proprio passato, e questo sì potrebbe riservare sorprese, non necessariamente positive.