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The Global Eye. La metamorfosi del rischio e l’inganno del pensiero lineare e separante

Anche se molti ragionano ancora con categorie culturali e politiche antiche, non siamo più nel ‘900. Non tutto va buttato, anzi. Sappiamo, però, che il mondo del terzo millennio presenta caratteristiche del tutto nuove rispetto a quello che, simbolicamente, definiamo il mondo “pre – caduta del muro”. 

Ciò che sta accadendo tra Russia e Ucraina ci mette di fronte a un rischio complesso. Quale realismo, e quale pensiero strategico, dovremmo utilizzare ? 
La complessità del rischio è evidente. Fattori geopolitici si intersecano con fattori identitari, economici, di ridefinizione di rapporti di potenza, di crisi di mediazione e di visione, di disinformazione.

Tutto questo si tiene insieme e il decisore non può non tenerne conto. Per questo, gli analisti-intellettuali più volte evocati, se vogliono svolgere un servizio pertinente, non possono più cullarsi in un pensiero lineare  e separante. 
Putin, con i suoi ritorni al passato e le voglie zariste, si cala all’interno di un mondo in movimento, in continua trasformazione. Le sue scelte, che personalmente ritengo siano da condannare, si calano in un contesto planetario nel quale non esiste l’Occidente, ma tante parti di esso che giocano ciascuna una propria partita; per restringere il campo, l’Europa non esiste come soggetto strategico. E poi c’è la Cina … 

Ciò che è più importante sono le conseguenze delle scelte russe. Come impatteranno su economie, a cominciare dalla nostra, in lenta ripresa dopo gli anni pandemici ? Quanto, dell’auspicato recovery, sarà “annullato” dai rischi geostrategici ? Chi colpiranno davvero le tanto evocate sanzioni ? Senza trascurare la questione del costo dell’energia e del grano, non solo per il nostro Paese. Senza trascurare le antiche disuguaglianze, in crescita con la pandemia, l’inflazione crescente e il già conclamato aumento di altre materie prime. 

Sono tutte domande che necessitano di risposte politiche. E le risposte riguardano il futuro della sicurezza e, soprattutto, di quale governance sia necessaria per fenomeni globali, che nascono da una interdipendenza discutibile, e che cascano inevitabilmente, e senza chiedere permesso, all’interno degli Stati. 

Tutto questo è realtà. Dovremmo lavorare, e queste riflessioni sono parti di un cammino progettuale, a una de-escalation planetaria. Nella mediazione dei rapporti di potere, ineliminabili dal palcoscenico della storia, occorre maturare nuove visioni per nuovi inizi: la sicurezza, pur senza mai compiersi, sarà un’ “anatra zoppa” se non si ri-troveranno le ragioni della cooperazione nella competizione. E ciò sarà possibile se la linearità del pensiero sarà progressivamente sostituita da un pensiero complesso, includente, davvero realistico. 

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