L’Europa si sta finalmente accorgendo che, affinché prosperi un mercato digitale, le barriere devono essere demolite. Se l’Unione europea è stata creata per la libera circolazione di uomini e merci, non si capisce perché non è così nello spazio digitale.
Il piano per creare un mercato unico digitale nei 28 paesi dell’Unione europea ha l’obiettivo di “abbattere le barriere per sbloccare opportunità online”.
Le tre aree di intervento che sono state individuate dalla Commissione sono:
- un migliore accesso on-line a beni e servizi digitali;
- un ambiente in cui le reti e servizi digitali possano prosperare;
- digitale come motore di crescita.
Le proposte hanno attirato molte critiche, tra cui quella di Robert Atkinson, Presidente di Information Technology e Innovation Foundation con sede a Washington, il quale ha dichiarato che l’Europa creerebbe un mercato isolato a scapito dell’economia digitale globale, mentre Reed Hastings, CEO di Netflix, ha detto che ci stanno già pensando loro a risolvere il problema rendendo i contenuti accessibili in tutti i paesi del mondo contemporaneamente.
Tuttavia, il punto principale è la creazione di un mercato aperto e più fertile di cui beneficino anche l’economia digitale globale, migliorando la circolazione dei contenuti. Ciò potenzierebbe anche il mercato interno dei beni digitali, incluso l’intrattenimento, offrendo ai consumatori la possibilità di scegliere tra più di un fornitore di contenuti.
Questo è ciò che dovrebbe intendersi per “mercato aperto”. Il programma Creative Europe (precedentemente noto come Media Programme) il programma per “sostenere settori culturali e creativi in Europa” sta già lavorando in questa direzione dal 1991, con un budget di € 1,46 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.
Altri, come Randy Greenberg, produttore esecutivo di “Meg” ed ex SVP Marketing e Distribuzione Internazionale di Universal Pictures, hanno sostenuto che l’effetto immediato sarebbe la fine delle licenze dei contenuti su base territoriale ed un calo sostanziale dei prezzi dell’audiovisivo a causa di una manciata di grandi acquirenti che emergerebbe a dominare il mercato del vecchio continente spingendo i piccoli fuori mercato.
Ciò causerebbe un ulteriore crollo dei prezzi ed infine entrate complessive minori per le industrie cinematografiche e televisive, non solo nel mercato digitale, ma anche nei media tradizionali e nella distribuzione cinematografica di conseguenza.
Vero, si può ragionevolmente affermare che l’esistenza di acquirenti più potenti potrebbe premere i prezzi verso il basso a causa di un diminuito (o, meglio bilanciato) potere contrattuale rispetto agli Studios. Tuttavia potrebbe anche significare la possibilità per i produttori europei di contenuti ed i distributori (così come per le startup digitali) di beneficiare di un mercato interno più forte e prosperare, a partire dallo spazio digitale. L’antitrust dovrebbe fare in modo che tale potere non vada fuori controllo compromettendo i consumatori.
Inoltre, come spiegato da Andrus Ansip, vicepresidente della Commissione europea responsabile del mercato unico digitale, un’Europa senza frontiere non significa la fine delle licenze su base territoriale esclusiva, o delle finestre, il sistema per cui un film viene distribuito in tempi diversi e successivi su piattaforme diverse, dal cinema, alla VOD alla televisione.
“Noi non vogliamo cambiare il sistema o principio di territorialità”, ha detto Ansip. “Siamo a favore del principio di territorialità, non dell’esclusività territoriale assoluta.” Le misure previste favorirebbero diversità culturale e nuove opportunità per i creatori e l’industria dei contenuti.
Secondo la Commissione europea, abbattere i muri di regolamentazione e di movimento da 28 mercati nazionali ad uno solo composto da più di 500 milioni di potenziali clienti potrebbe contribuire con 415 miliardi di Euro all’anno per l’economia europea e creare 3,8 milioni di posti di lavoro.
Tutto sommato, è ragionevole affermare che tali misure migliorerebbero la circolazione e la monetizzazione dei contenuti digitali, dovrebbero aiutare le imprese digitali europee di crescere, bilanciando il potere degli Studios, nonché dei giganti dell’e-commerce come Amazon e eBay che già godono dei benefici di paradisi fiscali come l’Irlanda e il Lussemburgo.
Infine, aumentando l’accessibilità attraverso l’eliminando del geo-blocking e armonizzando le leggi sul copyright si contribuirebbe anche a combattere la pirateria.