È bastato un tweet piuttosto sintetico di ieri per creare un piccolo terremoto attorno al titolo Tesla. L’amministratore delegato nonché fondatore, Elon Musk, ha espresso infatti la volontà di ritirare il titolo dalla borsa.
Cosa che ha fatto impennare le azioni Tesla dell’11%, fino a sfiorare i 380 dollari.
Am considering taking Tesla private at $420. Funding secured.
— Elon Musk (@elonmusk) 7 agosto 2018
Successivamente, in un nuovo messaggio su Twitter, il CEO di Tesla chiedeva agli azionisti di vendere a 420 dollari ad azione, oppure di rimanere in un’azienda non più quotata sul mercato finanziario.
Un’operazione di “delisting” definita ambiziosa dal Sole 24 Ore di oggi, per un valore complessivo di 72 miliardi di dollari.
Investor support is confirmed. Only reason why this is not certain is that it’s contingent on a shareholder vote. https://t.co/bIH4Td5fED
— Elon Musk (@elonmusk) 7 agosto 2018
Attorno al titolo del costruttore americano sono sempre girate voci e rumors sulle possibili mosse sul mercato e soprattutto in borsa. Secondo recenti indiscrezioni del Financial Times, il fondo sovrano saudita Public investment fund o Pif avrebbe acquisito una quota inferiore al 5% del titolo pari a 3 miliardi di dollari di valore attuale.
Tesla ha poi reso nota la posizione ufficiale dell’azienda e di Musk in un’email ai dipendenti, in cui è spiegato come a suo avviso una privatizzazione dell’azienda è la strada migliore, “anche se nessuna decisione definitiva è stata ancora presa”.
Sarebbe una grande opportunità e “spazzerebbe via le distrazioni legate ai forti sbalzi del titolo in Borsa”, ha scritto il fondatore di Telsa Motors.
“Essere quotati si traduce in maggiori possibilità di essere attaccati – ha scritto Musk nel blog aziendale – e comunque lasciare Wall Street non sarebbe per sempre. Tesla potrebbe tornare sul listino quando arriverà una fase di crescita più lenta e prevedibile”.
Il testo è stato pubblicato a borsa chiusa e i titoli Tesla sono sati sospesi per più di un’ora.
Ora il CEO, che detiene poco meno del 20% delle azioni, dovrà affrontare il proprio consiglio di amministrazione e la strada tracciata dall’iperattivo inventore potrebbe essere anche ostacolata.
La mossa è anche vista in un’ottica di guerra agli “short seller”, si legge sul quotidiano La Repubblica di oggi, coloro cioè che “scommettono contro il titolo vendendolo allo scoperto, criticandoli duramente e inserendoli nella categoria delle organizzazioni che vorrebbero vedere la società morta”.
Privatizzare Tesla significa sostanzialmente sottrarsi alle pressioni troppo grandi del mercato e allo stesso tempo dedicarsi con più forza e senza “distrazioni” solo al lavoro, all’innovazione, ai guadagni (da otto anni non un dollaro di utile) e ai piani futuri di espansione.
A proposito di piani futuri, sembra che Tesla Motors, uno dei marchi più prestigiosi dell’industria delle auto elettriche e dell’eMobility, abbuia cominciato ad assumere presso i suoi nuovi stabilimenti di Shanghai – i primi fuori dagli Stati Uniti – un mese dopo avere siglato accordi con le autorità locali per un progetto del valore di 2 miliardi di dollari.
Secondo molti suoi detrattori si tratta di mosse effettuate con l’unico fine di attirare attenzione e soprattutto attrarre capitali freschi per sostenere la produzione insufficiente delle ecars Tesla e in particolare della Tesla Model 3.
Per tutti gli altri sono strategie di un uomo che è già diventato mito, un inventore che vuole cambiare il mondo, in chiave sostenibile e innovativa.