Regno Unito, l’indagine si concentra sui collegamenti libici
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – La pista libica e’ al centro dell’attenzione degli inquirenti che indagano sull’attentato di Manchester, riferisce il “Financial Times”. Finora le indagini hanno portato a sette arresti nella citta’ e nei dintorni: sei uomini, tra i quali Ismail Abedi, fratello maggiore dell’attentatore suicida, Salman, e una donna; il fratello minore, Hashem, e il padre, Ramadan, invece, sono stati arrestati a Tripoli dalle forze dell’ordine libiche. Il quartiere di Moss Side, dal quale proveniva l’attentatore ospita da tempo un’ampia comunita’ di libici, oppositori del regime di Muammar Gheddafi. Anche i genitori di Abedi ne facevano parte, prima di tornare in Libia. Analizzare le relazioni e le associazioni all’interno di questo ambiente e’ considerato di cruciale importanza, ma e’ anche molto difficile. Come spiega Raffaello Pantucci, direttore degli studi sulla sicurezza internazionale del Royal United Services Institute (Rusi), ci sono tre generazioni di estremisti: la prima venuta dall’estero, legata alle reti originarie e con un focus esterno al Regno Unito; la seconda che si e’ radicalizzata contro l’Occidente dopo l’11 settembre 2001; la terza, piu’ giovane, che ha abbracciato la narrazione della jihad e della battaglia globale, utilizzando i social media. Molti nella comunita’ libica di Manchester hanno reagito con orrore, ma alcuni non sono rimasti sorpresi. Finora e’ emerso che Abedi e’ stato in Libia prima dell’attentato; l’intelligence e’ convinta che sia stato anche in Siria. Non e’ ancora chiaro, pero’, che tipo di rete si estendesse fra i tre paesi. Si indaga, ad esempio, sulla possibile conoscenza di Abdalraouf Abdallah, anche lui di genitori libici, in carcere per aver facilitato il viaggio di “combattenti stranieri” verso la Siria.
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Ex presidente camera Usa Gingrich, “la stampa ha ignorato la portata storica della visita di Trump in Medio Oriente”
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – L’ex presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti Usa, Newt Gingrich, politicamente vicino al presidente Usa Donald Trump, rivolge tramite le pagine della “Washington Post” una dura critica alla stampa statunitense, colpevole a suo dire d’aver perlopiu’ ignorato la storica svolta della politica estera Usa coincisa con la visita del presidente nel Medio Oriente, per proseguire invece gli attacchi politici alla Casa Bianca sul fronte delle presunte relazioni con la Russia. Gingrich cita Philip Graham, ex editore della “Washington Post” che ha poi ceduto il timone al patron di Amazon, Jeff Bezos. Secondo Graham, compito del giornalismo e’ “scrivere la prima bozza della storia”; e il giornalismo Usa, argomenta l’ex presidente della Camera, e’ venuto del tutto meno al proprio compito questa settimana passando in sordina “lo storico discorso del presidente Usa in Arabia Saudita, di fronte ai leader di oltre 50 paesi a maggioranza musulmana”. Mentre i media “si concentravano su questioni effimere, come ad esempio se il presidente avrebbe fatto o meno ricorso alla sua retorica elettorale in un contesto diplomatico, o quanto il viaggio avrebbe influenzato il lascito di Obama”, a Riad si verificava “una svolta titanica nell’ambito della politica estera statunitense”. Trump, scrive Gingrich, “ha chiamato a raccolta il mondo musulmano a fronteggiare ‘la prova piu’ importante della sua storia’: sconfiggere le forze dell’estremismo e del terrorismo”. E lo ha fatto, secondo Gingrich, “come nessun altro presidente Usa ha mai fatto prima di lui”. Pur tendendo ai leader del mondo musulmano una mano in segno di amicizia, Trump “ha anche rivolto loro una sfida precisa: assumere l’iniziativa nella soluzione della crisi che ha infiammato al regione e si e’ estesa al resto del pianeta”. “Cacciate i terroristi e gli estremisti”, ha avvertito il presidente, o in caso contrario consegnerete i vostri popoli a un futuro di miseria e squallore. Per trovare un momento di importanza simile, nella politica estera Usa, e’ necessario risalire secondo l’ex presidente della Camera Usa al giugno 1982, quando Ronald Reagan chiamo’ a raccolta i leader dell’Occidente dal palazzo di Westminster, a Londra, “a combattere in difesa della liberta’ e contro l’aggressione comunista”. In quell’occasione, Reagan predisse la caduta del comunismo, e dichiaro’ il suo intervento un punto di svolta nella storia. Fu effettivamente cosi’, scrive Gingrich; lo stesso ha fatto Trump a Riad, domenica scorsa; il presidente Usa ha avvertito i suoi interlocutori arabi che il suo appello segnera’ una svolta, in un senso o nell’altro: il mondo arabo, ha detto, “si trova a scegliere tra due futuri”, uno segnato dalla civilta’ e dal progresso, l’altro dalla violenza e dalla morte. “Gli Stati Uniti sono pronti a ergersi al vostro fianco”, ha detto Trump, “ma le nazioni del Medio Oriente non possono attendere che sia il potere dell’America a schiacciare per loro i loro nemici. Le nazioni del Medio Oriente devono decidere da sole che tipo di futuro vogliano per loro stesse, per i loro paesi, per i loro figli”. “Mai prima d’ora”, sostiene Gingrich, “un presidente degli Stati Uniti ha chiamato a raccolta cosi’ apertamente il mondo civilizzato, incluse le nazioni del Medio Oriente e dell’Africa, contro le forze combinate del terrorismo. Mai prima d’ora un presidente Usa ha rivolto una sfida diretta a quelle nazioni a contribuire maggiormente alla lotta. E mai prima d’ora un presidente Usa ha mai attribuito in maniera piu’ diretta la responsabilita’ di sradicare il terrorismo alle nazioni della regione”. Cosi’ facendo, conclude Gingrich, Trump ha “implicitamente ripudiato l’approccio dei suoi immediati predecessori, instaurando al suo posto un “realismo di principio basato sulla chiara visione degli interessi, della sicurezza e dei limiti degli Stati Uniti”. “I giornalisti e i burocrati di Washington – conclude l’autore dell’editoriale – sono cosi’ organici all’establishment, da non poter piu’ vedere al di fuori di esso. Sono portati a ritenere la chiamata all’azione di Trump come un diversivo da uno status quo che reputano immutabile Eppure, questa settimana, il cambiamento e’ gia’ avvenuto”.
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Regno Unito, la polizia interrompe la condivisione di informazioni con gli Usa
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce il quotidiano britannico “The Times”, interverra’ oggi a Bruxelles alla riunione della Nato, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, e rivolgera’ un appello agli alleati affinche’ intensifichino la lotta contro lo Stato islamico. “Una Nato forte, capace e unita e’ al centro della sicurezza di ciascuno dei nostri paesi. L’unita’ nel rispondere alle comuni minacce e’ la nostra arma piu’ potente”, ha dichiarato alla vigilia dell’incontro. “Dobbiamo raddoppiare la nostra determinazione contro le minacce comuni, siano esse il terrorismo o la Russia”, ha aggiunto, manifestando l’intenzione di mantenere alta la pressione su Mosca. La Gran Bretagna, dopo l’attentato di Manchester, e’ pronta ad appoggiare la richiesta del segretario generale, Jens Stoltenberg, di un’adesione formale alla coalizione anti-Isis, simbolica visto che i paesi membri sono gia’ impegnati singolarmente nell’intervento. Francia e Germania non si opporrebbero all’iniziativa, per la quale spingono gli Stati Uniti. May partecipera’ poi al vertice del G7 di Taormina (Messina), ma solo alla prima giornata: invece di rientrare a Londra sabato, tornera’ domani, a causa dell’allerta nazionale sul rischio di altri attacchi. L’appello all’unita’ degli alleati contro il terrorismo cade in un momento di frizione per i rapporti Gb-Usa, a causa della fuga di notizie sulle indagini sull’attentato, in particolare la pubblicazione da parte del “New York Times”, di immagini dettagliate, ad esempio di frammenti dell’ordigno, della scena della strage, presumibilmente provenienti dall’intelligence statunitense. Cio’ e’ avvenuto solo poche ore dopo che la segretaria all’Interno, Amber Rudd, aveva protestato con Washington per la rivelazione dell’identita’ dell’attentatore suicida chiedendo di bloccare le indiscrezioni. Oggi a Bruxelles sara’ la premier britannica, Theresa May, ad affrontare la questione direttamente col presidente statunitense, Donald Trump. Nel frattempo la polizia dell’area metropolitana della Grande Manchester ha interrotto la condivisione di informazioni con gli Stati Uniti, per non compromettere eventuali prove o la sicurezza delle persone.
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Eccezionali misure di sicurezza per l’arrivo di Trump ai vertici Nato e G7
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – L’arrivo a Bruxelles del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel pomeriggio di ieri mercoledi’ 24 maggio per la “riunione speciale” dell’Alleanza atlantica in calendario per oggi giovedi’ 25 e’ stato caratterizzato da eccezionali misure di sicurezza: lo riporta il quotidiano francese “Le Monde”, riferendo che precauzioni simili sono state messe in atto nel corso della visita di Trump ieri mattina a Roma ed in Vaticano e sono previste per la partecipazione del presidente Usa al vertice del G7 a Taormina, in Sicilia, domani venerdi’ 26 e dopodomani sabato 27. E’ evidente, scrive il “Monde”, che l’attentato terroristico di Manchester ha aumentato a dismisura le preoccupazioni dei servizi di sicurezza di tutti i paesi coinvolti negli spostamenti del presidente Usa. Tuttavia, nonostante le sfide logistiche e di sicurezza poste dai diversi appuntamenti di Trump a Bruxelles e dalle annunciate manifestazioni di protesta, il Belgio ha mantenuto al “livello tre” lo stato di allerta, sui quattro previsti, ed ha mobilitato per il mini-vertice della Nato circa 3 mila uomini tra poliziotti, gendarmi e soldati. Paragonata alla capitale belga, la localita’ turistica di Taormina dove si svolgera’ il vertice del G7 sembra invece molto piu’ facile da proteggere: ma le autorita’ italiane lo hanno ugualmente messo praticamente in stato d’assedio, mobilitando 8 mila militari sin da lunedi’ scorso. Le caratteristiche del centro storico di Taormina hanno posto problemi insoliti ai servizi segreti statunitensi: non potendo utilizzare le vetture blindate nelle anguste strade di Taormina, Trump dormira’ in mare su una unita’ della Us Navy ancorata nella baia e raggiungera’ il sito del vertice a bordo di un elicottero, che atterrera’ sull’eliporto realizzato a tempo di record dal Genio militare italiano.
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Francia, Macron prende nelle sue mani l’antiterrorismo
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – Dopo l’attentato di Manchester, la minaccia terroristica torna in primo piano e permette al neo eletto presidente Emmanuel Macron di affermare la sua autorita’ su tutte le questioni legate alla pubblica sicurezza: lo scrive il quotidiano “Le Figaro” riferendo che il presidente ha intanto gia’ detto di voler chiedere alla nuova Assemblea Nazionale, che uscira’ dalle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno prossimi, di estendere per la sesta volta e fino al 1° novembre lo stato di emergenza la cui scadenza e’ attualmente fissata al 15 luglio; si tratta di una misura che era stata proclamata dal suo predecessore Francois Hollande all’indomani delle stragi del 13 novembre 2015 a Parigi. Al termine della riunione del Consiglio della difesa che Macron ha presieduto ieri mercoledi’ 24 maggio all’Eliseo, il neo presidente ha poi annunciato per il prossimo autunno una nuova legge antiterrorismo: il testo dovrebbe rendere permanenti alcune disposizioni per l’ordine pubblico rese possibili finora solo appunto in casi eccezionali e garantire anche per il futuro la sicurezza dei grandi eventi culturali, ricreativi e sportivi; insomma, come scrive il “Figaro”, sara’ uno “stato di emergenza light e permanente”. Nella riunione di ieri Macron ha poi sollecitato le forze dell’ordine, e soprattutto i servizi segreti, ad accelerare la costituzione di quella “task force anti-Daesh” di cui aveva parlato durate la sua campagna elettorale: secondo il primo ministro E’douard Philippe, la minaccia di attacchi terroristici da parte dello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis) e di Al Qaeda resta “ad altissimo livello” in Europa, e soprattutto in Francia ed in Gran Bretagna, a causa particolarmente dell’incitamento dell’Isis “ai suoi affiliati residenti nei nostri paesi perche’ commettano azioni isolate” e del rischio di “infiltrazione in Francia ed in Europa di emissari provenienti dal medio Oriente incaricati di costituirvi cellule terroristiche”. Nel corso della campagna per le elezioni presidenziali, ricorda il “Figaro”, molti avevano espresso dubbi sulla reale capacita’ di Macron di essere efficace nella lotta al terrorismo; e in effetti lui era sembrato a disagio sulla materia: ora invece la nuova situazione ha offerto al neo presidente l’occasione di mostrarsi determinato e di porsi in prima linea in questa battaglia, seguendo le orme del suo predecessore Hollande.
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Terrorismo, verso un sistema di controllo totale
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – Dopo l’attentato terroristico di Manchester tornano ad imporsi con prepotenza i temi della sorveglianza e della sicurezza. Negli Stati Uniti e’ gia’ diffuso l’utilizzo delle “bodycam”, che riprendono il punto di vista degli agenti. Si utilizzano software in grado di rilevare in tempo reale i volti delle persone. I Servizi di intelligence tedeschi dal maggio di quest’anno posso accedere alle immagini delle fototessere dei documenti d’identita’. E’ ora di dominio pubblico che per anni le autorita’ tedesche hanno potuto accedere segretamente alle registrazioni di qualsiasi telecamera di sicurezza. Nel 2016 l’Universita’ statunitense di Pardue ha sviluppato un software che permette di accedere alle immagini di qualsiasi videocamera non schermata in una determinata area. Sistemi di riconoscimento di individui pericolosi sono utilizzati a Israele e in Cina. Prima delle prossime elezioni la Grosse Koalition vorrebbe autorizzare l’utilizzo di un Trojan in grado di installare un software dannoso sui dispositivi dei privati, da usare come “ultima ratio” per i reati piu’ gravi. Dopo l’attacco alla maratona di Boston del 2013, la citta’ statunitense ha installato un sistema di monitoraggio detto AlSight in grado di analizzare le immagini riprese da telecamere ad alta definizione e di individuare comportamenti potenzialmente pericolosi da parte di individui sospetti. Un sistema di valutazione comportamentale a punteggio puo’ stabilire cio’ che ai cittadini e’ consentito e cio’ che e’ vietato. A seguito dell’attacco di Londra del marzo scorso, il primo ministro britannico Theresa May ha chiesto di decriptare le conversazioni su WhatsApp, richiesta avanzata da tempo anche dal ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizi’ere. Sistemi di rilevamento visivo sono stati installati dal 2015 anche nella stazione di Osaka in Giappone. A settembre dello scorso anno le Forze armate tedesche hanno annunciato di volersi dotare di nano droni, poco piu’ grandi di un’ape, dotati di microfono e fotocamera ad alta definizione. Dal novembre del 2016 in Gran Bretagna e’ stata varata una legge in base alla quale le immagini relative alle attivita’ dei cittadini vengono immagazzinate e conservate per un anno, e qualunque attrezzatura privata puo’ essere violata ai fini della sorveglianza in caso di necessita’. La polizia tedesca usa dal 2014 un software, “precobs” in grado di predire la probabilita’ di furto con scasso. A Dubai ha fatto la sua comparsa la scorsa settimana un “robocop”, un agente di polizia robotico impegnato per il pattugliamento delle strade. Nel 2015 in Kuwait e’ stata approvata una legge che prevede il test obbligatorio del Dna per tutta la popolazione. Uno studio cinese, attraverso un software, puo’ prevedere se un individuo delinquera’ o meno. L’attacco informatico globale sferrato questo mese, tramite il ransomware “WannaCry”, pero’, espone rischi di questa espansione senza freni dei controlli sulla societa’: il virus era stato sviluppato dalla National Security Agency statunitense (Nsa), che poi ne ha perso il controllo. L’espansione senza freni della sorveglianza, sottolinea il settimanale tedesco “Der Spiegel”, e’ in evidente contrasto con i diritti individuali. Il livello di sorveglianza cui sono sottoposti oggi i cittadini rappresenta un prezzo altissimo da pagare per prevenire attentati come quello di Manchester. Anche ammesso che questi sistemi siano efficaci, scrive il settimanale, non e’ detto che il fine giustifichi davvero i mezzi.
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Vertice Nato a Bruxelles, Erdogan incontra Juncker e Tusk
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, si trova oggi a Bruxelles per il vertice della Nato; a margine del summit, il presidente turco incontrera’ il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il presidente Donald Tusk. Sara’ una conversazione difficile per via degli epiteti gravissimi, come “nazisti” o “razzisti”, rivolti dal Presidente turco alle leadership di alcuni paesi dell’Unione che avevano proibito la conduzione della campagna elettorale referendaria del governo turco sul loro territorio. Erdogan aveva reagito duramente ai divieti opposti ai comizi di membri del governo turco sul suolo europeo, definendo l’Europa “un continente marcio”. Ora i toni sono cambiati: “Vogliamo continuare il processo di adesione alla Ue con rispetto reciproco”, ha dichiarato due settimane fa. Il suo portavoce, Ibrahim Kalin, ha descritto l’adesione alla Ue come un “obiettivo strategico” del suo Paese. Il ministro Oemer Celik ha preparato l’incontro con Juncker e Tusk. Gli europei sono il principale partner commerciale della Turchia e i maggiori investitori. Un ruolo particolare in questo senso lo riveste la Germania, e Erdogan ha recentemente dichiarato: “Abbiamo bisogno gli uni degli altri”. Ma e’ proprio il fronte delle relazioni bilaterali con la Germania quello piu’ caldo: sui rapporti tra i due paesi gravano il caso del giornalista turco-tedesco Deniz Yuecel, arrestato da Ankara, il divieto opposto ai deputati tedeschi di visitare il contingente schierato presso la base di Incirlik, e l’asilo concesso dalla Germania ad alcuni ufficiali turchi accusati di aver partecipato al tentativo di colpo di Stato dello scorso luglio. Piu’ in generale, sui rapporti tra Germania e Turchia pesa lo scontro dei due governi per assicurarsi la lealta’ della numerosissima comunita’ turca residente in Germania; un problema che riguarda anche altri paesi del Nord Europa dove la diaspora turca e’ numericamente significativa. I Paesi della Ue sono divisi su come trattare con la Turchia di Erdogan. I negoziati di adesione sono attualmente ad un punto morto. Il governo federale tedesco lo vuole mantenere vivo nonostante tutto. Altrimenti la Turchi potrebbe rivolgersi alla Russia, ha avvertito il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel. Il Lussemburgo e l’Austria sostengono invece la rottura dei negoziati. L’Europa tuttavia ha bisogno di Ankara anche per la politica sui rifugiati e per la sicurezza. Il cancelliere Merkel e’ stato pero’ categorico circa la necessita’ da parte turca di non adottare la pena di morte.
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Spagna, il governo “pronto a tutto” per impedire il referendum sull’indipendenza catalana
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – Stavolta, il governo spagnolo “ricorrera’ a tutti i mezzi a sua disposizione” perche’ non si ripeta l’immagine di un “paese in cui non si rispettano le regole”. Lo dicono al quotidiano “El Pais” fonti dell’esecutivo presieduto da Mariano Rajoy. L’obiettivo e’ quello di disinnescare il referendum sull’indipendenza della catalogna che il governo di Barcellona promette di effettuare a settembre. Il riferimento e’ al 9 novembre del 2014, giorno in cui si celebro’ un “processo partecipativo sul futuro politico della Catalogna”, formula con cui si cerco’ di mascherare il referendum che Madrid aveva gia’ tacciato di incostituzionale. La nuova scadenza si avvicina, il dialogo tra le parti non fa un passo e il governo, rivela la testata che piu’ di altre sta seguendo il dossier, ha pronto da diverse settimane un piano d’azione dai contorni incisivi. Tre anni fa l’esecutivo fece finta di non vedere i seggi elettorali che venivano allestiti per le strade e ignoro’, per evitare di esacerbare le tensioni, la pubblicita’ che le autorita’ locali dettero all’appuntamento. Questa volta le cose andranno diversamente. Appoggiandosi ai dati del Centro di ricerche sociologiche (Cis), l’esecutivo ritiene che la spaccatura tra fautori e contrari all’indipendenza sia meno accentuata e che i favorevoli alla separazione siano in calo: condizioni che renderebbero meno indigesto un intervento piu’ severo del governo centrale. Il quale non e’ piu’ disposto a permettere che le televisioni internazionali trasmettano immagini di un paese dove si celebra impunemente un referendum vietato dalla legge. Il governo catalano ha fatto sapere che il processo e’ pronto a partire e che anche i dettagli organizzativi pratici sono in dirittura d’arrivo. Madrid fa sapere che ha inviato ai funzionari statali e regionali operanti in catalogna avvisi perche’ si assumano le responsabilita’ – attraverso dichiarazioni scritte – dei gesti che compieranno in quei giorni. Monito girato anche alle imprese che si sono candidate o si candideranno a offrire supporto tecnologico, materiale o virtuale, al referendum.
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Brasile, duri scontri nella manifestazione anti-Temer; in strada l’Esercito
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – La crisi politica che colpisce il Brasile, resa ancor piu’ dura dall’avanzare delle ombre delle inchieste sullo stesso presidente Michel temer, ha gettato il paese nel caos. Una affollata manifestazione contro il governo a Brasilia e’ presto degenerata in un crudo scontro con le forze di sicurezza, portando al ferimento di 49 persone, otto arresti e diversi atti vandalici a sedi istituzionali. Dinanzi all’escalation di violenza l’esecutivo ha deciso di mettere in campo l’esercito, con un decreto presto finito nel mirino delle critiche di maggioranza e opposizioni. Rispondendo all’appello di sindacati e movimenti sociali, decine di migliaia di persone hanno occupato le strade della capitale federale per protestare contro le riforme liberali del governo e chiedere le dimissioni del capo di Stato, sempre piu’ oggetto delle attenzioni della magistratura. Una manifestazione imponente senza incidenti fino a quando il corteo non si e’ avvicinato alla sede del Congresso nazionale, dove e’ iniziato un crudo braccio di ferro tra elementi dei black-bloc – sempre piu’ presenti nelle iniziative di contrasto al governo – e le forze di sicurezza. I primi lanciavano pietre e petardi, gli agenti reagivano con le armi di dissuasione in loro potere. E qualcosa di piu’: il quotidiano “O Globo” pubblica un video nel quale almeno un agente e’ nitidamente ripreso mentre spara quasi ad altezza uomo verso i manifestanti. In seguito si riporteranno le gravi ferite da arma da fuoco subite in volto da un venditore ambulante che a quanto pare nulla aveva a che fare con il corteo. La spianata dei palazzi governativi diventava in fretta scenario epico, con colonne di fumo un po’ ovunque, almeno sette ministeri assaltati, di cui un paio dati alle fiamme. Troppo per l’esiguo schieramento di forze di sicurezza. Nelle strade viene inviato l’esercito, caso eccezionale considerato che le forze armate brasiliane, in democrazia, si erano viste solo durante eventi speciali come i giochi olimpici e in alcune crisi regionali, ma mai nella capitale federale. I militari, recita il decreto d’urgenza firmato da Temer, rimarranno a disposizione del ministero della Difesa per una settimana. Fino a quando non sara’ ristabilito l’ordine, chiarisce Temer mostrando di non voler cedere dinanzi alla pressione che il paese, giorno dopo giorno, esercita su di lui. In Parlamento, appresa la notizia del decreto, scoppiava la bagarre. Anche perche’ la versione fornita dalla Difesa era che la misura eccezionale era stata richiesta dal presidente della camera Rodrigo Maia. I deputati e senatori che gia’ avevano denunciato “la violenza della polizia” hanno forzato l’interruzione dei lavori. Maia ha smentito il governo segnalando che aveva solo chiesto un aumento delle forze di sicurezza e che l’invio dei militari era stata scelta autonoma della presidenza.
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Italia, il reddito minimo universale potrebbe funzionare
25 mag 11:36 – (Agenzia Nova) – Il reddito di cittadinanza e’ spesso respinto come troppo costoso per il sistema paese; in alcuni paesi, pero’ – scrive Leonid Bershidsky su “Bloomberg” – il sistema del welfare e’ cosi’ mal congegnato e oneroso, che l’introduzione del reddito minimo universale potrebbe tradursi addirittura in un risparmio. E’ il caso dell’Italia, almeno stando all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). L’organizzazione ha deciso di contribuire al dibattito in materia perche’ sempre piu’ paesi aprono alla sperimentazione del reddito di base, e sempre piu’ forze politiche di orientamento progressista lo includono nelle loro piattaforme programmatiche. Due paesi – Canada e Finlandia – stanno gia’ conducendo una sperimentazione su larga scala, e i Paesi Bassi faranno lo stesso a partire dal mese di settembre. Sono in corso anche diversi esperimenti finanziati da privati. Se adeguatamente congegnato – scrive l’opinionista – il reddito di base potrebbe addirittura coniugare l’ideale socialista di eliminazione della poverta’ materiale, e quello liberale di una riduzione del ruolo dello Stato quale redistributore della ricchezza. Lo studio dell’Ocse non si sofferma a valutare una serie di questioni rilevanti, e si limita a prendere in considerazione quali vie gli Stati possano intraprendere verso l’adozione del reddito di cittadinanza, partendo da una serie di assunti: anzitutto, che il reddito minimo debba essere parte dell’imponibile complessivo soggetto a tassazione, e che il reddito netto di ogni individuo debba essere quantomeno pari al minimo garantito. Rimarrebbero in vigore le tutele sociali esistenti e i benefit per gli anziani, mentre tutti gli sgravi fiscali verrebbero rimossi per finanziare il reddito minimo. L’Ocse ha provato ad applicare questo modello a tre paesi: Finlandia, Francia, Italia e Regno Unito, concludendo che il sistema sarebbe implementabile ed economicamente conveniente nei primi tre. Questo perche’ “in diversi paesi sviluppati, specie quelli del Sud Europa, i meccanismi del welfare sono concepiti in maniera pessima”. In Grecia, Italia, Portogallo e Spagna “i trasferimenti finiscono in misura maggiore al 20 per cento piu’ ricco della popolazione, anziche’ al 20 per cento piu’ povero”. La causa e’ soprattutto la complessita’ dei sistemi di cui si e’ dotato lo Stato sociale in quei paesi, che rende difficilissimo per i meno abbienti comprendere e far valere i diritti teoricamente riconosciuti loro. In questo contesto, un meccanismo semplificato di trasferimento diretto, come il reddito di base, potrebbe agire secondo l’Ocse come uno straordinario strumento di contenimento delle diseguaglianze economiche, e risolvere almeno in parte le storture dei sistemi del welfare preesistenti. Resta comunque l fatto – sottolinea “Bloomberg” – che l’esercizio dell’Ocse e’ puramente teorico. Per quanto riguarda l’Italia, il reddito di base simulato dall’Ocse sarebbe di soli 158 euro mensili, pari al 21 per cento del reddito entro cui scatta la soglia ufficiale di poverta’; non basterebbe pertanto a garantire la sussistenza, senza contare che in molti paesi sarebbe politicamente impossibile eliminare le esenzioni fiscali in vigore, che spesso sono connesse a particolari gruppi di interesse. Resta comunque il fatto, conclude l’editoriale, che “tagliare il nodo gordiano” della selva fiscale, burocratica e sociale tramite il reddito di base potrebbe essere la soluzione piu’ efficace nei paesi in cui tale selva e’ piu’ intricata; Italia inclusa.
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