Merkel, Trump e la fine dell’Occidente
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – La “scomoda visita” del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in Europa ha avuto una “conseguenza esplosiva”, osserva l’editorialista del “Financial Times” Gideon Rachman: la cancelliera della Germania, Angela Merkel, ha quasi annunciato la morte dell’alleanza occidentale, dichiarando finita l’era in cui l’Europa poteva contare su altri ed esortandola a prendere in mano il proprio destino, pur mantenendo buone relazioni con gli Stati Uniti, il Regno Unito e altri vicini, Russia compresa. Benche’ sia giustificato attribuire responsabilita’ al presidente statunitense, secondo il commentatore anche la leader tedesca “ha agito in modo irresponsabile”, con dichiarazioni che potrebbero aggravare la spaccatura atlantica e renderla permanente. Le argomentazioni contro Trump sono facili, dopo la sua performance “disastrosa” nel tour europeo: al vertice della Nato, a Bruxelles, col silenzio sull’articolo 5, la clausola della mutua difesa, ha mandato “un chiaro messaggio sul fatto che l’impegno dell’America per la difesa dell’Europa non puo’ piu’ essere dato per scontato”; al G7 di Taormina (Messina), poi, e’ stato l’unico a non sostenere l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Potrebbe sembrare, prosegue Rachman, che Merkel abbia tirato delle conclusioni ovvie; nonostante cio’, il suo discorso e’ un errore per almeno cinque motivi. Innanzitutto, e’ sbagliato mettere in dubbio l’alleanza transatlantica, che dura da settant’anni, dopo quattro mesi di presidenza Trump. In secondo luogo il presidente statunitense ha una ragione quando rileva che la maggior parte dei paesi europei membri dell’Organizzazione non e’ in linea con i parametri della spesa militare e che il 75 per cento del bilancio e’ a carico degli Stati Uniti. Inoltre, Merkel ha reso piu’ grave l’errore di Trump sull’articolo 5: entrambi hanno incoraggiato la Russia a sperare nella rottura dell’alleanza occidentale. Il quarto punto riguarda il Regno Unito: aver associato Londra a Washington e’ stato “ingiusto” perche’ la premier britannica, Theresa May, sul clima e’ stata al fianco dell’Unione Europea e perche’ ha ribadito l’impegno nella Nato. Se Berlino affrontera’ con lo stesso “spirito conflittuale” il negoziato sulla Brexit, chiedendo che lo Stato uscente saldi i conti prima ancora di discutere, rischiera’ di formulare “una profezia che si autoavvera” e di creare un “duraturo antagonismo”: e’ difficile, infatti, aspettarsi che la Gran Bretagna possa considerare gli stessi paesi avversari nella Brexit e alleati nella Nato; pertanto una Brexit “dura” potrebbe mettere in discussione anche l’impegno britannico nella Nato. L’ultimo difetto del discorso riguarda la lezione della storia: la Germania e’ il paese che ha piu’ riflettuto sul recente passato ed e’ “sconcertante” che un leader tedesco possa annunciare la separazione dagli Stati Uniti e dal Regno Unito e citarli insieme alla Russia. Merkel, conclude il commento, non e’ sullo stesso piano politico e morale di Trump, che ha mostrato disprezzo per valori occidentali come la liberta’ di stampa, il divieto di tortura e il sostegno alle democrazie. Per questo e’ stata indicata come la nuova leader dell’Occidente, forse prematuramente: la realta’ e’ che “sembra poco interessata a combattere per salvare l’alleanza occidentale”.
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Germania-Usa, portavoce Merkel Seibert: “importante chiarire le divergenze”
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Il portavoce del cancelliere tedesco Angela Merkel, Steffen Seibert, ha commentato le dure dichiarazioni rivolte dal capo di governo tedesco all’indirizzo dell’amministrazione presidenziale Usa dopo il G7 di Taormina. Le relazioni tra Germania e Stati Uniti sono state per decenni “uno dei pilastri della nostra politica estera”, ha detto il portavoce del Governo tedesco lunedi’ a Berlino, “ma per il bene del rapporto, e’ importante individuare con chiarezza le divergenze”. Chiaro il riferimento alle agende del clima e del commercio internazionale, che vedono l’amministrazione del presidente Usa Donald Trump e il governo del cancelliere Merkel su posizioni inconciliabili. Il viaggio d’esordio del presidente Usa Trump in Europa, la scorsa settimana, pare aver cristallizzato queste differenze, sfociate in una vera e propria rottura diplomatica. “E’ finito il tempo in cui potevamo fare pieno affidamento sugli altri. Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani”, ha dichiarato Merkel di ritorno dal vertice di Taormina. Il cancelliere tedesco, pero’, aveva consumato la rottura prima ancora del suo incontro con Trump a Bruxelles, in occasione del vertice Nato: simbolica, a questo proposito, la decisione del Cancelliere di incontrare il giorno stesso a Berlino l’ex presidente Usa Barack Obama, icona di quelle politiche di orientamento globalista di cui Trump e’ antitesi. Le parole di Merkel, comunque, sono parse rivolte anche al Regno Unito, tanto che il segretario dell’Interno britannico, Amber Rudd, ha dichairato alla “Bbc”: “Possiamo assicurare alla Germania e gli altri paesi europei che rimarremo partner affidabili”. In Germania, comunque, la linea di Merkel non e’ isolata: la leader della Linke Katja Kipping, ha richiesto una linea ancora piu’ dura nei confronti di Donald Trump: “La Germania deve abbandonare il suo atteggiamento di codardia morale nei confronti degli Stati Uniti”, ha dichiarato. Kipping ha chiesto inoltre uno stop alla concessione della base aerea tedesca di Ramstein, in Renania-Palatinato, per le missioni dei droni Usa. Ha infine definito il presidente Usa “un narcisista infantile”. L’esperto di politica estera dei Verdi Juergen Trittin si e’ detto favorevole a un “rafforzamento comune europeo”, pur non creando uno strappo definitivo con gli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, si e’ spinto se possibile ancora oltre. sposando la linea dei media statunitensi ostili a Trump e accusandolo di mettere a repentaglio la cooperazione tra i due paesi nel campo dell’intelligence. Una posizione moderata dal direttore dell’Ufficio per la protezione della Costituzione, Hans-Georg Maassen, che intervistato dalla rete televisiva “Ard” ha sottolineato l’importanza della cooperazione con gli Stati Uniti: “Abbiamo bisogno degli americani”, ha dichiarato.
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Argentina, in arrivo il ciclone delle inchieste giudiziarie brasiliane
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Il ciclone delle inchieste giudiziarie brasiliane sta per abbattersi con tutta la sua potenza in Argentina. Giovedi’ 1 giugno la procura brasiliana consegnera’ a Buenos Aires le prove delle presunte tangenti versate dall’impresa di costruzioni Odebrecht al governo argentino. Nelle dichiarazioni rese dai proprietari dell’impresa a una corte degli Stati Uniti, in cambio di uno sconto sulla pena, si parla di circa 35 milioni di dollari versati tra il 2010 e il 2014 per ottenere appalti da 278 milioni di dollari. Mancano pero’ i dettagli e le tracce che permettano di capire chi abbia ricevuto fisicamente il denaro. E la questione diverra’ a breve centrale nell’agenda politica nazionale. Nel periodo in esame il paese era guidato dalla presidente Cristina Kirchner e il dossier finira’ nelle mani del procuratore generale argentino Alejandra Gils Carbo’, la stessa che l’attuale governo di Mauricio Macri cerca di rilevare perche’ considerata troppo vicina all’ex capo di Stato. I contenuti del fascicolo, che il governo insiste per rendere pubblici, potrebbero rivelarsi decisivi alla vigilia delle elezioni legislative che segneranno ad ottobre la meta’ del mandato di Macri. Molte sono le attenzioni sulla figura di Julio De Vido, potente ministro della Pianificazione durante i governi dei Kirchner, e sul suo entourage: l’ex segretario alle opere pubbliche Jose’ Lopez e’ stato di recente pizzicato mentre cercava di nascondere nove milioni di dollari in un convento. Ma problemi potrebbero esserci anche per il fronte governativo, non solo per il coinvolgimento diretto che alcuni uomini del governo Macri hanno nelle imprese in odore di corruzione, ma anche per la denuncia di Elisa Carrio’, alleata “discola” del presidente: la deputata ha chiesto alla giustizia di mettersi sulle tracce di De Vido e ha denunciato la possibile connivenza di settori dell’esecutivo con l’ex ministro. Dal fronte delle opposizioni si cerca inoltre di dimostrare che l’altra notizia del giorno, le dimissioni del ministro degli Esteri Susanna Malcorra – “per motivi familiari” – siano riconducibili all’imminente arrivo di un dossier che la titolare della diplomazia argentina dovrebbe temere.
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Venezuela, ancora scontri: ferito un deputato dell’opposizione e l’ex candidato alle presidenziali
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – L’ennesimo scontro con le forze di sicurezza in Venezuela ha portato questa volta al ferimento di Henrique Capriles, governatore dello Stato di Miranda, ex candidato alle presidenziali e attivo leader delle opposizioni al presidente Nicolas Maduro. Capriles sarebbe stato colpito al volto da un elemento della Guardia nazionale bolivariana nel corso di una nuova manifestazione organizzata per avvicinarsi alla sede del Difensore del popolo – agenzia statale cui le opposizioni chiedono un intervento contro quelli che denunciano come abusi del potere. In ospedale anche un deputato dell’opposizione, Carlos Paparoni: un video che e’ presto circolato in rete, ritrae il momento in cui viene schiantato al suolo dal getto di un idrante, caduta che gli causera’ ferite al cranio. E le opposizioni non si fermano. Per la giornata di oggi hanno convocato un nuovo corte di protesta: la marcia si fara’ verso la sede del ministero dell’Interno e avra’ come obiettivo la denuncia degli eccessi della polizia nelle azioni di repressione.
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Regno Unito, duello televisivo a distanza tra May e Corbyn
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Theresa May, premier del Regno Unito e leader del Partito conservatore, e Jeremy Corbyn, leader del Labour, principale forza di opposizione, si sono confrontati in un duello televisivo a distanza trasmesso da Channel 4 e Sky News, intervistati separatamente per 45 minuti da Jeremy Paxman, con domande anche dal pubblico in studio. La prima, riferisce la stampa britannica, e’ stata incalzata soprattutto sui suoi numerosi ripensamenti, il piu’ recente dei quali riguarda l’assistenza sociale per gli anziani; il secondo sulle sue passate posizioni sulla difesa, in particolare sull’opposizione alla guerra delle Falkland. May non e’ entrata nei dettagli riguardo all’aumento degli oneri per gli assistiti, limitandosi a dire che nessuno sara’ costretto a vendere la casa mentre e’ in vita per sostenere le spese. Ha puntato, invece, sulla Brexit, ribadendo che “nessun accordo e’ meglio di un cattivo accordo” e che intende rispettare la volonta’ popolare espressa nel referendum e fare dell’uscita dall’Unione Europea un successo. Corbyn, a sua volta, non e’ entrato nei dettagli sul tema della gestione dell’immigrazione: ha affermato che probabilmente ci sarebbe una riduzione degli ingressi sotto un governo da lui guidato, ma non ha voluto indicare un tetto. Ha poi dichiarato che il suo programma e’ un investimento per il futuro e che il 95 per cento delle persone non paghera’ una sterlina in piu’, mentre pagheranno un po’ di piu’ le imprese e i piu’ ricchi. Chi ha vinto il confronto? I verdetti dei commentatori, ovviamente, divergono. Complessivamente entrambi sono sopravvissuti alla prova, che non sembra aver cambiato il corso della campagna elettorale; forse, sintetizza John Rentoul su “The Independent”, la performance di Corbyn e’ stata migliore; tuttavia, May e’ la leader che gli spettatori manderebbero a Bruxelles a negoziare con l’Ue.
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Francia, sotto inchiesta la ministra Marielle de Sarnez
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Decisamente la moralizzazione della vita politica francese, parola d’ordine del governo del nuovo presidente Emmanuel Macron e del suo primo ministro Edouard Philippe, si sta rivolgendo contro l’esecutivo: il quotidiano “Le Parisien” oggi martedi’ 30 maggio rivela che la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare contro l’attuale ministra degli Affari europei, Marielle de Sarnez. La vicepresidente del partito centrista Movimento democratico (MoDem), che appunto ha fatto della moralizzazione della vita pubblica il suo cavallo di battaglia, e’ sospettata del reato di “abuso di fiducia pubblica” per aver assunto in maniera fittizia la sua assistente personale nel corso del suo mandato di deputata al Parlamento europeo; lei ed il suo partito smentiscono qualsiasi abuso nell’assunzione di Philippine Laniesse; ma il “Parisien” sottolinea come quell’assistente parlamentare si sia vista solo raramente a Strasburgo e che del resto passa la maggoranza del suo tempo a svolgere il ruolo di consigliere municipale in un Comune dell’Ile-de-France. L’inchiesta penale che coinvolge la ministra Sarnez e’ partita dall’esposto dell’eurodeputata del Front national (Fn) Sophie Montel, che aveva denunciato altri 18 eurodeputati francesi di sinistra, ecologisti e della destra “classica” ed una trentina dei loro assistenti parlamentari; un’inchiesta simile era stata aperta dalla magistratura francese anche nei confronti di alcuni esponenti del Fn, tra cui la leader Marine Le Pen accusata dall’Unione Europea di aver stipendiato fraudolentemente, con i fondi del Parlamento di Strasburgo, alcuni suoi collaboratori che invece svolgevano unicamente ruoli di funzionari di partito in Francia. Lo scandalo che coinvolge la ministra Marielle de Sarnez si aggiunge a quello che da alcuni giorni vede al centro delle polemiche il ministro della Coesione territoriale, il socialista Richard Ferrand, accusato di “conflitto d’interesse” per aver favorito l’impresa di proprieta’ di sua moglie quando lui era direttore della societa’ mutualistica Mutuelles de Bretagna: destra e sinistra ora ne chiedono le dimissioni e puntano a mettere sotto pressione il governo Macron-Philippe in vista delle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno prossimi.
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Germania-Usa, la dura critica del ministro degli Esteri tedesco Gabriel all’amministrazione presidenziale Usa
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Dopo il cancelliere tedesco Angela Merkel (Cdu), anche il ministro degli Esteri, Sigmar Gabriel (Spd), ha rivolto una critica durissima, e ancor piu’ diretta, al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, mettendo in dubbio l’adeguatezza di quest’ultimo a incarnare la leadership nella “comunita’ dei valori occidentali”. Il fallimento del summit del G7, ha detto Gabriel, e’ “purtroppo un segnale del cambiamento nell’equilibrio di potere nel mondo”: “L’Occidente e’ diventato un po’ piu’ piccolo”. Gabriel, che ha preso parte ad una tavola rotonda sui rifugiati e la migrazione, ha proseguito: “Il nuovo isolazionismo americano pone problemi a fronte delle sfide sulle migrazioni, quelle climatiche, delle guerre e delle persecuzioni politiche e religiose”. Gabriel si e’ espresso in particolare a sostegno dlel’accordo sul Clima di Parigi, che stando alle ultime indiscrezioni, Trump sarebbe deciso ad abbandonare. Ed ha criticato Washington per il rifiuto di cooperare alla gestione delle “cause prime” del fenomeno migratorio “Se non verra’ affrontato risolutamente il problema dei flussi migratori, questi si allargheranno ulteriormente verso l’Europa”. “La politica miope del governo statunitense e’ contraria agli interessi dell’Unione europea”, ha accusato il ministro. Il ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maizie’re (Cdu), resta invece fiducioso in merito alla cooperazione con gli Usa sul fronte della sicurezza che, ha sottolineato, resta,fondamentale per la Repubblica federale. Anche il direttore dell’Ufficio per la protezione della Costituzione, Hans-Georg Maassen, ha sottolineato l’importanza della cooperazione transatlantica in materia di intelligence: “I servizi di intelligence statunitensi sono un partner fondamentale”, ha dichiarato.
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Elezioni parlamentari in autunno per l’Italia
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – “Non c’e’ tre senza quattro” potrebbe essere il precetto elettorale di questo anno 2017 in Europa: e’ la previsione del quotidiano economico francese “Les Echos”, secondo cui dopo la Francia, la Gran Bretagna e la Germania, anche l’Italia potrebbe essere chiamata alle urne nel prossimo autunno. La scadenza naturale delle elezioni parlamentari italiane, ricorda il corrispondente da Roma Olivier Tosseri, e’ nella primavera del 2018: ma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non si opporrebbe ad uno scrutinio anticipato in caso di accordo tra i partiti su una nuova legge elettorale; si tratta di un vero e proprio serpente di mare della vita politica italiana, che da almeno dodici anni riappare e scompare alla ricerca di un sistema di voto che incontri il piu’ largo consenso possibile. Ora sembra proprio che la soluzione stia per esser trovata: l’Italia sta cercando ispirazione nel modello della Germania, il cui sistema proporzionale con una soglia di sbarramento al 5 per cento dei suffragi sembra essere quello privilegiato dai partiti. In questo scenario, sarebbero quattro le formazioni politiche nel futuro Parlamento: il Partito democratico (Pd) di Matteo Renzi, Forza Italia di Silvio Berlusconi, la Lega nord di Matteo Salvini ed il Movimento 5 stelle (M5s) di Beppe Grillo. Una nuova legge elettorale cosi’ concepita segnerebbe la fine del bipolarismo che ha caratterizzato la vita politica italiana dal 1993 ed anche del tripolarismo emerso negli ultimi tre anni; ed imporrebbe, proprio come in Germania, una “Grosse Koalition” che a Roma gia’ definiscono “governo Renzusconi”: i partiti dei due ex presidenti del Consiglio sarebbero infatti costretti a trovare un’intesa tra loro per impedire l’arrivo al potere del M5s, che d’altronde ha dato il suo accordo di principio al fine di andare al piu’ presto alle urne e capitalizzare la sua ascesa nei sondaggi. grillo ha persino proposto una data, il 10 settembre, mentre Renzi pensa al 24 settembre, in contemporanea con l’elezione del Bundestag tedesco. Tuttavia l’esito, secondo la previsione del corrispondente di “Les Echos”, potrebbe essere piu’ simile a cio’ che e’ successo in Spagna: elezioni a ripetizione per oltre dieci mesi alla ricerca di una maggioranza di governo; tutto il contrario, commenta Tosseri, di quella stabilita’ di cui l’Italia e l’Unione Europea hanno imperativamente bisogno.
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Horowitz (“New York Times”): gli Usa hanno lasciato l’Italia in balia della Russia
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha sfruttato al massimo la finestra offerta dalla sua visita in Italia, la scorsa settimana: “ha ottenuto un’udienza privata con il Papa, ha incontrato il presidente e il primo ministro a Roma, e’ volato in Sicilia per un meeting di leader mondiali ed ha visitato le truppe statunitensi presso una vicina base navale e aerea”. Cio’ non e’ bastato, secondo l’opinionista del “New York Times”, Jason Horowitz, a cancellare “il timore dei funzionari europei e statunitensi di un ritorno alla nuova norma del disinteresse statunitense”, dettato anche dagli attacchi che l’amministrazione presidenziale Usa deve affrontare a livello nazionale, in relazione alle presunte relazioni con la Russia. Mentre Washington si disinteressa all’Italia, pero’, “la Russia la corteggia assiduamente”. L’Italia, avverte Hotowitz, “ha avuto il Partito comunista piu’ grande al di fuori del Blocco sovietico, ed e’ ritenuta da molti analisti il ventre molle dell’Unione europea”. La Penisola, insomma, e’ una candidata ideale a soccombere all’influenza del Cremlino: un avvertimento che giunge dall’importante firma del quotidiano Usa proprio mentre si prospetta lo scenario di un ritorno anticipato dell’Italia alle urne, il prossimo autunno. A Roma, ricorda Horowitz, “Trump ha lasciato un’ambasciata priva di ambasciatore, sgomberando un campo da gioco geopolitico che l’ambasciatore di Mosca a Roma, Segej Razov, potra’ calcare in solitaria”. Gli “effetti dei tentativi della Russia di influenzare l’Italia sono gia’ visibili”, sostiene l’opinionista: “Politici italiani dell’intero spettro politico” obiettano alla linea dura adottata dall’Unione europea nei confronti di Mosca dopo la crisi ucraina del 2014. I molti “entusiasti” italiani della Russia sono “rincuorati” dalla recente visita in Russia del premier, Paolo Gentiloni. il suo predecessore e leader del Partito democratico, Matteo Renzi, visito’ il Forum economico internazionale di San Pietroburgo lo scorso anno, e si espresse contro il rinnovo “automatico” delle sanzioni nei confronti della Russia. Queste aperture della politica italiana alla Russia sono dunque dipinte da Horowitz come la prova dell’influenza politica esercitata nel Belpaese dal Cremlino; agli occhi dell’opinionista, pero’, il principale successo della politica di “influenza” russa in Italia e’ l’ascesa politica del Movimento 5 stelle, che contende al Pd il primato di consensi nello scenario partitico italiano. La piattaforma di politica estera dei 5 stelle, accusa l’opinionista, dipinge di fatto la Russia come “partner strategico del paese”, e dipinge l’alleanza 70 ennale con gli Stati Uniti come un “rapporto abusivo” che ha fatto il suo corso. Horowitz cita Manlio Di Stefano, responsabile per gli affari estri del Movimento; il fatto che questi, come diversi altri esponenti della politica italiana, abbiano espresso preoccupazione per i danni commerciali ed economici arrecati all’Italia dalle sanzioni europee alla Russia, e’ secondo Horowitz un pretesto dietro cui si cela proprio il lavoro di influenza sotterraneo esercitato dal Cremlino. Inoltre – accusa l’opinionista – “l’ambiguita’ della posizione del presidente (Usa) Trump in merito alla Russia ha fatto emergete il latente orientamento anti-americano del Movimento 5 stelle”. Non esiste alcuna prova del trasferimento di fondi dalla Russia di Putin al partito anti-establishment italiano, ammette Horowitz, ma e’ un fatto che “nel 2014, il Movimento sia passato dal criticare Putin per le sue violazioni dei diritti umani, ad esaltarne la leadership”; in questo cambio di posizione, “alcuni funzionari europei e statunitensi scorgono la mano invisibile di Putin”. L’amministrazione Trump, conclude l’opinionista, non si e’ voluta esprimere in merito alla posizione dell’Italia nella visione geostrategica della Casa Bianca. Eppure, “l’assenza degli Usa e’ gia’ stata notata”. Durante una recente visita al Vaticano, il democratico Tim Kaine – candidato alla vicepresidenza Usa della campagna di Hillary Clinton, lo scorso anno – ha incontrato l’arcivescovo Paul Gallagher, ministro degli Esteri della Santa sede; questi – ha riferito poi il senatore democratico – “era molto interessato a discutere della Russia”: “Se gli Usa lasceranno un vuoto – avrebbe dichiarato Gallagher, secondo Kaine – quel vuoto dovra’ essere riempito da qualcuno, e oggi quel qualcuno e’ la Russia”.
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A quattro mesi dall’insediamento di Trump il “vecchio” ordine mondiale e’ vivo, ma sofferente
30 mag 11:35 – (Agenzia Nova) – Quattro mesi dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il sistema della governance globale che gli Usa hanno gradualmente edificato dopo la Seconda guerra mondiale evidenzia segnali di grave stress. Il presidente Usa, scrive “Bloomberg” in un’analisi, non ha dato seguito in maniera letterale alle posizioni espresse durante la campagna presidenziale dello scorso anno: bollare come “obsoleta” la Nato, abbandonare il trattato commerciale Nafta, prendere atto dell’annessione della Crimea da parte russa e dichiarare la Cina una manipolatore valutario; tuttavia, il viaggio compiuto dal presidente nel Medio Oriente e in Europa, la scorsa settimana, ha lasciato gli Alleati – specie quelli del Vecchio continente – piu’ preoccupati, e non meno, in merito alle fondamentali questioni summenzionate. L’Europa “non e’ sicura dell’adesione degli Usa al principio di difesa collettiva della Nato; non sa dire con chiarezza quale sia la posizione dell’amministrazione Trump nei confronti della Russia; e’ profondamente preoccupata per la sfiducia manifestata dall’inquilino della Casa Bianca nei confronti dei trattati di libero scambio, e per l’ipotesi di un abbandono da parte degli Usa dell’accordo sul clima di Parigi del 2015”. “Non ci troviamo per nulla in una buona condizione”, commenta Francois Heisbourg, presidente dell’International Institute for Strategic Studies. “Sotto certi aspetti, la situazione e’ peggiore di quanto pensassi”. Il riferimento va ovviamente alle relazioni tra gli Usa e il principale attore dell’Europa continentale, la Germania: il cancelliere Angela Merkel, “un’atlantista che era riuscita ad intendersi con il presidente Usa George W. Bush quando altri leader del Continente non ne erano stati in grado”, e’ parsa la piu’ scoraggiata al termine dei summit della Nato e del G7 della scorsa settimana. E’ vero che per diversi alleati non europei degli Usa – Arabia Saudita ed Israele tra tutti – l’elezione di Trump si e’ rivelata una vittoria. A soffrire, pero’, sono soprattutto “le alleanze e le istituzioni che gli Usa hanno edificato con le democrazie affini”. “Sul fronte della Nato, dobbiamo dedicarci a un’opera di costante limitazione dei danni. Chiaramente non c’e’ molto che possiamo fare assieme”, afferma Heisbourg, che liquida anche la spinta di Trump a riorientare l’alleanza in funzione anti-terrorismo: “La Nato e’ equipaggiata a far fronte al terrorismo quanto il Vaticano”. Ancor piu’ drastico Ian Bremmer, presidente della societa’ di consulenza Eurasia Group: a suo dire, lo scorso fine settimana e’ andato in scena a Taormina “il primo meeting formale del G-zero”. A trarre vantaggio dal progressivo allontanamento delle sponde dell’Atlantico – avverte l’analisi – non e’ tanto la Russia, sola preoccupazione dei detrattori domestici del presidente Usa, ma la Cina, che ha appena ospitato a Pechino un vertice di 30 capi di Stato e governo per promuovere il mega-progetto infrastrutturale e commerciale della Nuova via della seta. Da un lato, dunque, la Cina espande la sua influenza politica ed economica, attraendo verso la sua orbita l’Europa e pure la Russia, isolata dalla prima. Dall’altro, gli Usa si richiudono sempre piu’ nella politica del “primato americano” promosso da Trump e negli scontri intestini all’arma bianca che si consumano, anche a livello sociale, tra i sostenitori e i detrattori del presidente. Per “Bloomberg”, comunque, la situazione e’ in evoluzione, e diversi esponenti della Casa Bianca “sono consapevoli dell’esigenza di edificare un clima di fiducia con gli alleati europei, resi scettici dalla retorica che ha portato all’elezione” del presidente Trump.
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