Uno studio presentato lo scorso dicembre e realizzato da AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) e Legambiente, ha censito al 2012 gli impianti in esercizio di teleriscaldamento (o riscaldamento urbano a rete), individuato le ulteriori potenzialità di sviluppo e stimato i benefici energetici e ambientali.
Quasi 3 milioni le persone che usufruiscono di servizi di teleriscaldamento o raffrescamento in 150 centri urbani sparsi in 10 regioni italiane (tutte al nord escluso il Friuli – al 2012 – e in tre del centro Italia: Toscana, Lazio e Marche), con conseguenze positive sia in termini di risparmio economico che di impatto ambientale. Non a caso quella del riscaldamento urbano a rete è indicata come una delle strade principali da intraprendere per la riduzione di emissioni di CO2 nella lotta ai cambiamenti climatici.
La tecnologia offre oggi soluzioni adeguate all’utilizzo di diverse fonti: impianti a biomassa, geotermia, solare termico, recupero di calore in eccesso da impianti in cogenerazione, processi industriali, termovalorizzatori, raffinazione di combustibili e bio-combustibili.
Tali strutture soddisfano attualmente il 6% del fabbisogno nazionale di domanda di riscaldamento, ma si stima che un’attenta analisi del territorio italiano, che tenga conto delle diverse zone climatiche e valorizzi le risorse esistenti – come il caso della Toscana, ricca di geotermia – potrebbe portare a coprire il 25% della domanda, limitando gli attuali sprechi di energia primaria.
Lo spreco di risorse per la produzione di energia è infatti particolarmente significativo. Si stima che per il riscaldamento degli edifici le caldaie comuni o singole utilizzino non più del 75-80% dell’energia primaria fossile contenuta nel combustibile, inoltre si tratta di energia termodinamicamente pregiata che per portare la temperatura interna di un ambiente a 20°C richiede temperature di combustione in caldaia di circa 1.200-1.500°C.
Anche la produzione di energia elettrica, prevalentemente derivante da centrali termoelettriche, sfrutta solo il 46% dell’energia primaria dei combustibili utilizzati (metano, olio combustibile, carbone), con uno spreco di risorse economiche che pure producono forti impatti ambientali.
Ovunque il costo finale del calore da teleriscaldamento risulta inferiore a quello di qualunque altro vettore energetico commerciale oggi disponibile sul mercato. Inoltre l’assenza di fiamme in locali annessi agli edifici da riscaldare, sostituiti dalla fornitura diretta di acqua calda o surriscaldata, rendono questo sistema molto più sicuro per la collettività.
Fonti: Arpat Toscana e Legambiente