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‘Telegram perché’, il primo libro sulla piattaforma più adatta per il business

Telegram, perché? Perché ti risolve la vita. È la risposta alla domanda chiave: come fare business oggi, in questi nostri tempi di crisi, tramite il digitale, usandolo bene, dunque proficuamente, in modo responsabile, etico e, così, produttivo e remunerativo.

Telegram è lo strumento che, se ben adoperato, aiuta a raggiungere il successo, i propri traguardi e obiettivi, nel lavoro e nella vita: a beneficio non solo nostro, ma della società tutta, sul piano educativo e istituzionale, economico e politico, del mondo dell’informazione e della comunicazione.

Questo il senso del mio libro Telegram perché, su Amazon qui: il primo libro in assoluto sul tema, scritto a seguito di una elaborazione pluriennale iniziata quando scoprii per caso l’App, prima non-nerd forse in questo, restando stupita e affascinata dai numerosi vantaggi lato business, ma soprattutto sul piano di sicurezza e privacy, essenziali per tutti, non certo solo per le aziende. Fu allora che ribattezzai Telegram – all’epoca nata da non molto, dato che il suo fondatore Pavel Durov la dà ufficialmente alla luce il 14 agosto 2013 – #YouTelegram, Telegram Utile-Per-Te.

E questo nonostante – o meglio tanto di più, come il libro intende appunto dimostrare, in un paradosso solo apparente – altre siano le applicazioni che possono vantare numeri d’iscritti a svariati zeri. Come WhatsApp che, lo scorso 27 luglio, ha annunciato di aver tagliato il traguardo di 1 miliardo di utenti attivi al giorno, 55 miliardi di messaggi scambiati al giorno e 1,3 miliardi di utenti attivi al mese, o Messenger, con 1,2 miliardi di utenti attivi al mese. Sul piano italiano, stando alle ultime analisi di Vincenzo Cosenza, sempre WhatsApp risulta l’App più usata con 22 milioni d’iscritti, seguita da Messenger con 15 e Skype con 8. Proprio Cosenza, però, parla di boom per Telegram: affermazione da prendersi con le pinze, certo, in quanto basata non su «statistiche ufficiali», ma su «dati in mio possesso, acquisiti da diversi provider», e secondo cui proprio Telegram si piazzerebbe al quarto posto tra le App più usate nel nostro Paese, con 3,5 milioni di iscritti, «in crescita del 150% rispetto allo scorso anno».

Vero è, comunque, che neppure un mese fa lo stesso Pavel Durov ha annunciato in questo post rilanciato anche tramite il suo canale e quelli affiliati all’App il 14 agosto scorso – in occasione del quarto compleanno di Telegram, nel suo «Ferragosto di fuoco» – risultati davvero da record: 600.000 nuovi utenti al giorno e una crescita globale annuale di oltre il 50%.

Aldilà di numeri e statistiche, ha davvero senso parlare di boom? Soprattutto, però, quali sono le motivazioni alla base di una crescita esponenziale di utilizzo, purtroppo solo raramente ancora fatta con l’adeguata strategia e non solo per «copiare il competitor» o timbrar il «cartellino di presenza» anche su questa ennesima piattaforma? E, soprattutto, qual è il valore qualitativo dell’App, il suo «peso» al di là dei «conti», in questa nostra «era di povertà spirituale e materiale»? Può davvero Telegram porsi come exit strategy dalla crisi – magari proprio la via migliore?

La risposta all’interrogativo di base è il fil rouge del libro, che contiene «tutte le ragioni (esemplificate, documentate e linkate) per le quali è da preferire a qualsiasi altro sistema di messaggistica», scrive nella prefazione Marco Stancati (di cui è autore, così come della foto di copertina). «Anche perché va ben oltre la chat», continua, «offrendo, in tutte le declinazioni, il requisito irrinunciabile della sicurezza dei dati». Un libro edito da La Fabbrica dei Segni, anticipato ora in versione e-book e presto disponibile in formato cartaceo ancora più ricco di risorse, contributi e tool utili, che «non è soltanto un puntuale manuale per capire cosa fare, come farlo e perché farlo con Telegram», scrive Stancati. «È anche visione, strategica e operativa, della vita digitale alla quale troppi continuano ad affacciarsi da sprovveduti».

Torniamo, infatti, sempre lì: urge un percorso di innovazione radicale, una presa di consapevolezza responsabile, etica, della necessità non più rinviabile di una Educazione Digitale come Educazione Civica Digitale e, anzitutto, Educazione: che trasmetta e faccia trasmettere la coscienza del Digitale come strumento, da usare bene per il bene, dunque proficuamente – il che significa in modo anche redditizio. Grazie dunque a un testo che offre non solo una vision strategica globale, ma anche la spiegazione manualistica delle caratteristiche dell’App, dei suoi «cittadini e abitanti» – per abbattere le barriere dei non pochi che ancora considerano Telegram «difficile, strana» (?) e lasciar emergere così la sua vera efficacia, il suo porsi e proporsi come terreno ideale ove attuare attività tattico-strategiche che oggi più che mai facciano raggiungere la meta – la risposta al «perché» del titolo sta nel DNA di Telegram, in sé e tanto più se comparato ai nostri tempi e ai competitors.

Qui Telegram può fondatamente esser ribattezzata You-Telegram, un’applicazione su misura per te e le tue esigenze, utile-per-te. E non certo solo come qualcosa di potenzialmente proficuo e di cui, però, si possa anche far a meno: «utile», piuttosto, in quanto «indispensabile» per il tuo successo nel business e nella vita, poiché fa l’utile, poiché avrai l’utile adoperandola. Telegram è cioè lo strumento migliore, allo stato attuale, per una #Digital #Education predicata e praticata che porti al successo: la piattaforma ideale per un’Educazione Digitale che ti porti alla meta, facendo un uso digitalmente educato dello strumento Rete – una Rete, quella di Telegram, come nessun’altra usabile bene per il bene – al fine di risolvere il nodo centrale, nonostante tutte le difficoltà che ci ruotano intorno.

In un percorso condotto sulla scia della regola delle «5 W + 1 H», Who, What, When, Where, Why, How, il libro dimostra come Telegram (What?) sia anzitutto «il braccio operativo ideale per una nuova educazione civica», scrive Stancati, «quella digitale»: lo strumento per eccellenza, il modello di quel Digitale Utile capace di sprigionare tutto l’Utile del Digitale, espressione esemplare di App che aiuta, nella molteplicità dei suoi sensi. È ciò che io chiamo #HelpMarketing, «l’essenza della» mia «quotidianità digitale», come da prefazione, «aiutare il nostro prossimo, prossimo che sul Web si dilata a numeri imprevedibili, a vivere la Rete con più consapevolezza, con più responsabilità» per conseguire noi stessi il ROI, in senso letterale e globale. Telegram è dunque, il terreno esemplare ove implementare la sola possibile strategia di successo oggi, nel lavoro e nella vita. Perciò (Who?) Telegram è per chi cerca la soluzione al problema di tutti noi oggi e riguarda così potenzialmente tutti, in ogni settore, sul piano professionale e personale.

A consentirne sviluppi e applicazioni in tal senso, il suo DNA, dicevamo: le sue caratteristiche intrinseche e qualità in senso assoluto. Quali? Tre i fattori chiave:

  1. Velocità e sicurezza;
  2. Offerta di una Customer Experience memorabile, da sogno, al cliente internoEmployee Engagement, Employee Experience – come a quello esterno, al contatto-amico in Rete. È la capacità di Telegram di vendere un sogno via robot;
  3. Unicità del rapporto qualità-prezzo: il tutto per tutti a costo (quasi) zero. Una relazione cioè, tuttora irrintracciabile altrove, tra risorse investite – economiche e non solo – e risultati raggiunti.

Ancora più importante appare tutto questo se confrontato con gli altri cittadini e abitanti del mondo digital: in senso relativo, dove il suo plus si fa doppiamente vincente. Entro uno scenario in cui, in pochi anni, si è passati da scoppi di entusiasmo collettivo, che nel 2009 sfociarono persino nella candidatura di Internet al Premio Nobel per la pace, a fenomeni successivi di tendenze sempre più forti a condannar il mondo online, censurarlo, chiuderlo, controllarlo, manipolarlo, dove le altre App e social non solo non fanno nulla per contrastare la radice del fenomeno, ma al contrario rischiano di essere ancor più inutili e dannose nel momento in cui fingono di implementare strumenti d’indirizzo contrario, rimanendo in ogni caso sconfitte. Telegram è la sola ad aver fatto della privacy la propria mission, a fornire informazione vera contro ogni Fake News e a impegnarsi concretamente nella lotta alla Web Violence, violenza reale.

E quei non pochi che ancora la bollano come «la App dei terroristi» – a partire purtroppo dagli organi di informazione, Tg e giornali – verrebbe da invitarli a farsi un giro sul Canale ufficiale ISIS Watch, che ogni giorno fornisce report dei canali e Bot riferibili all’ISIS bannati nella giornata in corso e un report conclusivo a fine mese sul totale, come il 31 agosto, quando il messaggio giunto in serata scriveva «226 ISIS bots and channels banned on August, 31. Total in August 2017: 9078  Report ISIS content using the in-app ‘Report’ button or to abuse@telegram.org». O ancora di leggere la dichiarazione di Markus Ra, portavoce dell’azienda con base a Berlino, lo scorso 29 luglio 2016: «Telegram fa il possibile per chiudere entro poche ore le discussioni che inneggiano all’odio. Nel caso di canali e chat private, accessibili solamente ai membri del gruppo, Telegram non può però agire né moderare o eliminare il tipo di contenuto proposto».

Ciò dipende, appunto, dal suo essere cloud-based, con crittografia dotata di protocollo MTProto client-server/server-client (per le Cloud Chats) e garantita da infrastruttura con più data center frazionati e distribuiti in ogni parte del mondo e sotto molteplici giurisdizioni – cosa che ne rende l’accesso impossibile per chiunque. Per non parlare poi delle Secret Chats, con crittografia end-to-end e autodistruzione con timer. Tutto ciò che è pubblico «è invece moderato 24 ore su 24. Vogliamo mantenere la nostra piattaforma libera da ogni forma di abuso. È possibile segnalare le violazioni dei Termini d’Uso usando l’apposito bottone o tramite email, scrivendo a abuse@telegram.org». Persino le FAQ lo ricordano qui: «Se criticare il governo è illegale in qualche Paese, Telegram non sarà parte di questa censura politica. Questo va contro i principi dei nostri fondatori. Mentre blocchiamo Bot e canali legati al terrorismo (ad esempio legati all’ISIS), non bloccheremo nessuno che esprime pacificamente altre opinioni».

Con un excursus sugli esempi negativi di uso dell’App – breve solo perché l’elenco del #LoStaiFacendoMale sarebbe troppo lungo – e casi invece di eccellenza – qui al contrario breve solo per costrizione, poiché gli esempi per cui si può dire #LoStaiFacendoBene sono ancora davvero pochi – il libro si arricchisce dei selezionati contributi dei «numeri uno» sul tema, ciascuno dal proprio punto di vista. Da Francesco Piero Paolicelli aka Piersoft, già OpenData Manager Comune di Matera e consulente a Lecce, membro Task Force Agenda Digitale Lucana, a Andrea Trapani, esperto di comunicazione, Net Neutrality e sicurezza degli utenti, passando per Guglielmo Crotti, direttore del blog AppElmo – Le Applicazioni di Guglielmo e del seguitissimo canale @AppElmo, Roberto Buonomo aka ★Robby★, che ogni giorno divulga le chicche più preziose su Canali, Bot e sull’indispensabile utilità di Telegram tramite @ProgressTelegram, un must tra i Canali forte dei suoi 4000 membri, e @ProgressSponsor, nonché Flavius-Florin Harabor, responsabile del progetto InsiDevCode e dei canali InsiDevCode e Inside Telegram, e  Tamara Maggi, «mamma 4.0» con una capacità unica di combinare il ruolo di madre, moglie e lavoratrice con la sua naturale, appassionata vocazione per la comunicazione e l’Educazione Civica Digitale.

Telegram, perché? Io auspico di essere riuscita a rispondere alla domanda: non solo con il libro, ma con la mia attività quotidiana, tramite il Canale Ufficiale del Progetto #Digital #Education – «Laboratorio di Valori in Corso», «progetto collaborativo», com’è stato definito dai media, «Laboratorio permanente, strumento per una formazione di valore» – e il #TGZ, il TG della #Digital #Education – ogni giorno all’alba 3 news in anteprima assoluta – il tutto integrato col Bot @RaquelZBot, per garantire possibilità di dialogo, supporto, e Mission dichiarata (qui, sul mio LinkedIn Pulse, o qui, sul mio Slideshare Channel, via slide, o qui, in versione video). D’altronde, come recita Friedrich Hölderlin in Patmos, «Là, dove è pericolo, cresce anche ciò che salva». Io ci ho messo la faccia: come farò domani, allo speech che terrò alla Social Media Week, dedicato proprio al tema «Bot, Chatbots, Artificial Intelligence: come usarli in modo sano, consapevole, etico, proficuo. Per il business e la vita».

«Metterci la faccia» è certamente pericoloso. Solo così, però, si arriva a innovare. E per me, «filosofa e Normalista, uscita da Pisa con Heidegger nella testa e Hölderlin nel cuore», come conclude Stancati, «essere cittadini digitali consapevoli vuol dire, prima di tutto, essere costantemente vigili».

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