Non c’è ancora pace per le tlc italiane.
Per lunghi anni abbiamo seguito tavoli di governo e non, che non sono mai pervenuti ad alcuna soluzione per lo sviluppo della banda larga e poi ultralarga.
Abbiamo preso atto, come tutti, di un alto e apparentemente non ricucibile livello di litigiosità tra competitor, che peraltro non ha pari in Europa.
Abbiamo assistito a una campagna governativa (dei vari governi che si sono succeduti nel corso degli anni) per lo scorporo della rete. Operazione mai andata a buon fine anche per via di un’eredità pesante dovuta al fatto che, più realisti del re, abbiamo permesso che lo Stato lasciasse la quota di Telecom Italia al mercato (in controtendenza rispetto a Francia e Germania dove lo Stato ha solide e inattaccabili presenze nella proprietà degli incumbent nazionali).
Abbiamo appreso con piacere della strategia del governo per la banda ultralarga lanciata lo scorso marzo, ma abbiamo scoperto solo dopo che era stata varata senza alcuna concertazione tra le parti, e nei fatti usata come deterrenza per indurre Telecom Italia a scelte non condivise precedentemente.
Abbiamo seguito il coinvolgimento “strumentale” di ENEL (società controllata dallo Stato), coinvolta forse perché si prestasse a una disponibilità solo teorica, che col passare delle settimane è diventata opzione concreta (anche una società come ENEL può trovare interessante una commessa su banda ultralarga da qualche miliardo – pur se esterna al proprio business – su cui assicurarsi però la manutenzione a vita).
Abbiamo sempre avuto davanti il nodo Telecom Italia, mai risolto.
Una società che ha avuto per lunghi anni un socio industriale come Telefonica che non ha proferito parola e che ora ha un nuovo padrone come Vivendi che da qualche mese sta in silenzio, dialoga solo con il governo e tiene a distanza controllata il management, non ha ancora mosso un capello in azienda (stante lo stato di confusione esterno del settore) a partire dalla composizione del Cda, che riflette ancora gli equilibri di Telco, società che non esiste più da tempo.
Insomma un quadro che appare privo di bussola, dove le scelte sembrano essere condizionate dal contingente, dall’ultimo evento registrato dalle cronache e da cui emerge pesantemente un deficit di strategia governativa.
Ora l’ultimo evento, in ordine di tempo, è stato di un fragore assordante: Xavier Niel che raggiunge oltre il 15% in poche ore, sembra essere, a giudicare dagli stati d’animo che circolano, l’anticamera di qualcosa di più pesante.
Vediamo di cosa potrebbe trattarsi e proviamo a fare alcune considerazioni che potranno esserci utili nei prossimi giorni.
Chi è Xavier Niel?
Niel non è un corsaro, anche se certa stampa blasonata italiana lo presenta capziosamente come il Re delle Hot Chat, per via del suo business iniziale. Niel è invece un imprenditore importante, nono per ricchezza in Francia, con un profilo tale da farlo inquadrare come un vero e proprio azionista industriale di Telecom Italia, con una connotazione anche più forte di quella che si è data a Vivendi.
Xavier Niel ha sposato ed ha avuto una figlia da Delphine Arnault (vicedirettore generale della Louis Vuitton), figlia di Bernard Arnault (proprietario del numero uno globale del lusso Lvmh).
Delphine Arnault è a sua volta membro del Cda di Havas (uno dei più importanti gruppi globali di comunicazione), il cui Ceo e Presidente è Yannick Bolloré, figlio di Vincent Bolloré, principale azionista di Vivendi (a sua volta principale azionista di Telecom Italia).
Xavier Niel è anche coeditore del quotidiano Le Monde.
Figura anche tra i membri dell’International Advisory Board del gruppo RCS, Board presieduto da John Elkann e nel quale figurano anche Axel Springer e News Corp. Un “salotto buono” non di poco conto. Il rapporto con l’editoria non è, come è noto, degli imprenditori corsari, ma degli imprenditori con antiche radici e Xavier Neil rientra in questa grande famiglia.
Plausibile e naturale, quindi, immaginare che un imprenditore di tlc trovi di interesse investire in una società di tlc, importante peraltro, come Telecom Italia.
Perché Xavier Niel lancia l’operazione?
Perché Telecom Italia è comunque una società appetibile, ha un asset importante come Tim Brasil in Brasile e ha un’altra società forse ancor più strategica come Sparkle, che controlla il traffico internazionale dati tra Europa, Americhe, Asia e Africa.
Sparkle, con i suoi data center di Palermo, rappresenta uno dei due più importanti hub per il traffico dati del Mediterraneo, una regione (se si considera anche l’area subsahariana) in cui il business cresce tra l’altro di oltre il 40% all’anno. L’altro grande hub guarda caso è a Marsiglia ed è controllato dai francesi.
In questo caso la vicenda assumerebbe quindi anche connotazioni politiche, anzi geopolitiche, e lascerebbe intendere forse una qualche connessione con il sistema di potere francese. Del resto un imprenditore come Xavier Niel deve assicurare alle proprie operazioni successo ed espansione. E allora pourquoi pas, se si riscontrano queste condizioni di interesse, che sono sotto gli occhi di tutti, in Telecom Italia?
Xavier Niel fa tutto all’improvviso?
Non si direbbe.
Queste operazioni hanno bisogno di tempi tecnici che non si risolvono nell’arco di una nottata, né di una settimana, né forse di un mese.
Nella comunità ristretta degli analisti internazionali queste cose si masticano in tempo reale e quindi saranno stati in molti a sapere cosa accadeva già da tempo. La stessa architettura del pacchetto dei derivati indica un’articolata procedura di acquisizione che non può passare inosservata agli addetti ai lavori.
Va inoltre considerato che la crescita di valore delle azioni di Telecom Italia delle ultime settimane, una crescita che ha fatto lievitare il valore della società di un bel po’ di miliardi, avrebbe dovuto indurre gli osservatori a immaginare qualcosa del genere, considerata l’assenza di precise ragioni di carattere industriale o di valorizzazione nel contesto italiano tali da produrre un apprezzamento del titolo così significativo. Il titolo è cresciuto perché l’operazione di rastrellamento delle azioni sul mercato determina questo effetto, come è a tutti noto. Questo vuol dire che è, ammettiamolo pure, difficile immaginare che il governo italiano fosse totalmente all’oscuro. Se così fosse, sarebbe grave.
Xavier Niel, il governo e la banda ultralarga
Naturalmente ci si è affrettati in queste ore a valutare come questo nuovo scenario possa o meno intervenire sul percorso dell’azione di governo in materia di banda ultralarga.
Il quadro che conosciamo non è certo rassicurante.
Da anni parliamo di tavoli di concertazione e di scorporo della rete, senza che sia accaduto alcunché.
La politica non è stata in grado di far sentire la sua voce in modo forte.
Le aziende non sono state in grado di approfittare di questo disorientamento della politica per creare condizioni di sviluppo più legate al mercato.
Abbiamo parlato per 4 anni di scorporo della rete, per poi renderci conto della sua impraticabilità e per un paio d’anni di società veicolo, tutta centrata su Metroweb, una società che, a dispetto delle sue dimensioni aziendali (numero di dipendenti appena nell’ordine di qualche decina di persone e un valore di qualche centinaio di milioni, pari più o meno al valore di uno stabile importante nel centro di Roma) è inspiegabilmente diventata il cuore del sistema solare della banda ultralarga italiana. Il risultato è stato un inchiodamento ad una visione tolemaica dei soggetti in campo, senza alcuna considerazione delle dinamiche internazionali dei mercati e del cambio delle geometrie nelle relazioni tra aziende.
Conclusioni
Ora è arrivato Niel. C’è chi dice che potrebbe essere d’accordo con Vivendi, per portare in Francia il 35% del controllo di Telecom Italia. Consob ha convocato Niel. Ma è routine.
Altri sostengono che l’acquisto di Niel sia di natura opportunistica e che l’imprenditore francese rivenderà a breve al miglior offerente. Ma sembra una lettura puerile. Niel è un imprenditore industriale delle telecomunicazioni e sta facendo il suo mestiere.
Non è chiaro ancora cosa accadrà.
Forse più che chiederci cosa faranno gli altri, converrebbe chiedere cosa stiamo facendo noi.
Riusciremo ad avere una strategia industriale governativa della banda larga o continueremo a sentire il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi limitarsi a dichiarare la propria vigilanza per sapere quali siano i piani industriali di questo o quel contendente di Telecom Italia, come se fosse una semplice spettatrice e non la fonte della vision di sviluppo del settore?
Riusciremo ad avere una strategia del governo capace di valorizzare le aziende che operano sul mercato, a partire dagli asset di ciascuna di esse, dal momento che tutte, pur con diversi gradi di coinvolgimento, stanno investendo perché l’Italia abbia una infrastruttura adeguata e schiodi dalle ultime posizioni dei ranking europei?
Riusciranno Governo e Parlamento a definire, nel rispetto dei rispettivi ruoli, un’azione istituzionale che sottragga l’intera industria di settore alle incertezze che si trascinano da anni?
Rimaniamo in attesa di un novello Copernico che ci suoni la sveglia e ci dica che non è la piccola terra ad essere al centro del movimento degli altri pianeti, ma che il nostro sistema è parte integrante di un sistema ben più ampio da cui dipende per una miriade di interrelazioni.
Questo sarà utile alle aziende, alla PA, ai cittadini e consumatori.