Il governo brasiliano sembra voglia offrire una sponda alle attese nozze tra Oi e Tim Brasil, con una nuova proposta di legge che andrebbe ad allentare gli obblighi anacronistici in capo al principale operatore fisso del paese.
Secondo il ministro delle comunicazioni André Figueiredo, il quadro normativo brasiliano sulle telecomunicazioni è obsoleto ed è necessario metterlo al passo cin l’evoluzione del mercato per attrarre investimenti e stimolare operazioni di fusione e acquisizioni.
Oi è il primo operatore di rete fissa del Brasile ma è anche molto indebitato. Anacronistico, quindi, secondo qualcuno, che pesi sull’incumbent l’obbligo di manutenzione delle 650 mila cabine telefoniche pubbliche, che costa alla società circa 300 milioni di real l’anno (circa 70 milioni di euro).
Entro la fine di marzo, quindi, una nuova proposta di legge sarà presentata al Congresso, con l’avallo del presidente Dilma Roussef e del ministro delle finanze Nelson Barbosa, per consentire alla società di concentrarsi sugli investimenti nella rete mobile e nella banda larga.
Nel mese di novembre, le linee mobili attive in Brasile si sono attestate a quota 269 milioni, superando la popolazione di 205 milioni di persone. Nel paese, inoltre, la banda larga non è ancora ampiamente disponibile.
“Sarebbe inconcepibile”, pertanto, continuare a mantenere un quadro normativo incentrato sulla rete fissa piuttosto che sulla banda larga, ha detto Figueiredo.
Senza questi cambiamenti, inoltre, difficilmente Telecom Italia accetterebbe di intavolare trattative per la fusione. Sia l’ad Marco Patuano che il miliardario russo Mikhail Fridman, su questo punto sono stati molto chiari.
Fridman, attraverso il fondo LetterOne, ha messo sul piatto 4 miliardi di dollari per assicurare a Oi un aumento di capitale, a patto che persegua la fusione con Tim. L’offerta è valida fino a maggio. Anche per questo il governo brasiliano sembra voglia accelerare la riforma del quadro normativo del settore.
Telecom Italia, che pure continua a sostenere di considerare Tim Brasil un asset strategico, è sembrata nei mesi scorsi più possibilista su un eventuale deal, considerando anche che rispetto alle proposte che l’avevano preceduta, quella di LetterOne “è diversa da altre che sono state portate a conoscenza di Telecom, perché dimostra la volontà di fare un’operazione con Tim”.
E’ possibile ipotizzare che a spingere verso la cessione dell’asset siano anche il socio di maggioranza Vivendi, entrato in Telecom proprio in seguito alla cessione a Telefonica della controllata brasiliana GVT nell’ambito della quale ha ereditato la prima tranche di capitale da cui è partita la scalata fino all’attuale 21,4%.
Sul fronte nazionale, intanto, si registrano novità sul fronte della fibra ottica: ieri, i vertici di Telecom hanno tenuto un incontro preliminare con l’Agcom per discutere del sistema di regole applicabile agli investimenti nell’FTTH, ossia la fibra ottica fino a dentro le abitazioni.
Un incontro, non un’audizione, ha specificato Patuano, cui ne seguiranno sicuramente degli altri vista la particolare complessità della materia.
“Sono servizi nuovissimi in un mercato che deve essere competitivo e nell’ambito di quello che Telecom Italia sta continuando a proporre che è la pax regolatoria. Non si può continuare a bisticciare all’infinito, stiamo parlando di investimenti molto cospicui in un ambiente in cui le regole e il modo in cui operano gli operatori sia cooperativo e collaborativo”, ha detto Patuano.
All’incontro hanno partecipato anche l’ad di Metroweb, Alberto Trondoli, e i vertici di F2i (che controlla il 53% di Metroweb) e FSI, il Fondo Strategico della Cassa Depositi e Prestiti, ma non si sarebbe parlato del piano in via di definizione tra le due aziende per l’infrastrutturazione in fibra di 250 città: l’attenzione è per il momento concentrata sulle regole, ha sottolineato Patuano.
Secondo alcuni rumors, il piano in discussione prevede un investimento da 2,5 miliardi da realizzare attraverso Metroweb Sviluppo, partecipata al 100% da Metroweb, nell’ambito di un percorso che vedrebbe Telecom salire al controllo della società al completamento dei lavori. Previste, ovviamente adeguate garanzie di governance per gli altri soci, così da garantire parità di accesso.