Non si è ancora affievolito lo stupore suscitato dalla notizia, confermata ieri dalla Consob, dell’ingresso di Xavier Niel in Telecom Italia, che l’autorità di Borsa annuncia stamattina che in realtà la quota potenziale in mano al patron di Free non è dell’11,2% come emerso dai documenti del 21 ottobre, bensì del 15,4%. L’incremento sarebbe stato comunicato il 27 ottobre.
C’è da dire che Niel non ha ancora in mano nulla, avendo fatto degli acquisti a termine che spostano l’inizio dell’esercizio delle opzioni alla metà del prossimo anno. Sembra dunque una scommessa sulle potenzialità a lungo termine dell’operatore italiano.
Ma perchè Telecom suscita tanto interesse ed è considerata un investimento di peso?
E’ evidente il fatto che nel risiko in corso, Telecom è sicuro una preda e non un cacciatore, e non solo in Italia, ma anche in Brasile.
Sul mercato domestico, dove conta 30 milioni di clienti mobili, 12 milioni sulla rete fissa e 7 milioni nel broadband, l’appeal deriva dal fatto che Telecom resta operatore dominante e potrebbe a breve trovarsi con un concorrente in meno sul mercato mobile dato il progetto di fusione tra Wind e 3 Italia.
In Brasile, dove Tim Brasil conta 74 milioni di clienti, ieri il cda di Oi ha approvato all’unanimità la proposta del fondo russo Letter One del patron di Vimpelcom Mikhail Fridman. I russi hanno proposto un aumento di capitale fino a 4 miliardi di dollari finalizzato però all’integrazione con Tim Brasil, secondo player mobile del paese, anche in questo caso preda ambita nonostante il difficile contesto macroeconomico.
Secondo gli osservatori, quindi, a contribuire a questa corsa al posizionamento in Telecom, anche il cambio delle regole di governance che facilitano l’acquisto di capitale e permettono di pesare di più sulle scelte strategiche.
Anche secondo l’ad di Telecom Italia, Marco Patuano – che pure non ritiene ci possa essere accordo tra Niel e Bollorè – l’ingresso del patron di Free conferma la validità delle strategie del gruppo, visto che non si tratta di un investitore qualsiasi ma di un imprenditore del settore.
Il faro della Consob sull’asse francese
Mentre continuano a fiorire ipotesi e dietrologie sul perché di questa incursione di Niel in Telecom Italia, la Consob ha riferito di stare indagando su un eventuale accordo tra Niel e Bollorè – che insieme, quando Niel entro un paio d’anni eserciterà le sue opzioni, deterrebbero il 35% del gruppo – per aggirare l’obbligo di Opa, che scatterebbe al superamento di una quota del 25%.
Sembra tuttavia improbabile che ci possa essere un accordo tra Niel e Bollorè, anzi.
Vivendi, pur precisando di non ritenere ‘ostile’ l’avanzata di Niel e dicendosi pronta a collaborare con “qualcuno che ha a cuore gli interessi a lungo termine dell’azienda”, sembra essere stata colta abbastanza di sorpresa: dopo aver sborsato circa 3 miliardi di euro per portarsi a oltre il 20% di Telecom, non si aspettava questa incursione, che ad alcuni osservatori suona come una sfida, l’ennesima, di Xavier Niel contro i ‘poteri forti’.
Bollorè, lo ricordiamo, non è un manager qualunque: in Italia è ben radicato negli ambienti economici e finanziari, essendo tra l’altro il secondo maggiore azionista di Mediobanca con una quota del 7,5%, ed è amico di vecchia data dell’ex premier Silvio Berlusconi.
Non ha, però, ancora rappresentanti nel cda Telecom Italia. Ecco perchè, a questo punto, l’ingresso in partita di Niel potrebbe spingere Bollorè a salire ancora più vicino alla soglia del 25% di Telecom, limite oltre il quale dovrebbe scattare l’Opa (un’operazione da almeno 18 miliardi di euro, quindi improbabile, anche ammettendo l’ipotesi di azione di concerto tra i due). Di più, Bollorè potrebbe a questo punto pretendere un rappresentante, o anche due, nel consiglio della società italiana.
Niel, dal canto suo non sembra avere molto spazio di manovra: certo, è tra i primi 10 uomini più ricchi di Francia e la sua fortuna è valutata oltre 7 miliardi di euro, ma difficilmente li investirà tutti in Telecom Italia, visto che ha agito a titolo personale e non attraverso il gruppo Iliad – che invece, quello sì, potrebbe ambire al controllo totale del gruppo italiano.
In passato, poi, la scalata a Telecom era anche nei piani dell’ex monopolista d’oltralpe, Orange, guidato da Stephane Richard. Chissà che a questo punto – con Vivendi che ha in cassa 10 miliardi da spendere – e a maggior ragione dopo l’incursione di Niel, Orange (cui certo non mancano le risorse) non pensi seriamente di tornare in partita? E che Niel, pertanto, voglia in questo modo puntellare la posizione del suo gruppo, che risulterebbe un nanetto nel momento un cui Bollorè riuscisse nel suo intento di creare un ‘campione sud-europeo delle tlc’ integrando Vivendi (che di mestiere prevalentemente produce contenuti) con Telecom e Telefonica e magari con Orange?
In Argentina, lo ricordiamo, l’Autorità ha bloccato la cessione di Telecom Argentina al fondo Fintech ritenendo che un investitore finanziario e non industriale non fosse adeguato a gestire un operatore tlc.
La posizione del Governo
Oggi, a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi ha fatto il punto sulle novità delle ultime ore attorno all’azionariato di Telecom Italia in una riunione con il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, il sottosegretario alla presidenza Claudio De Vincenti e, telefonicamente, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. In una nota de Vincenti ha sottolineato che il Governo segue attentamente l’evoluzione della vicenda Telecom Italia. “L’interesse del Paese – afferma – è che qualsiasi cambiamento nella composizione dell’azionariato, che naturalmente deve attenersi a corrette regole di mercato sulle quali le Autorità preposte alla trasparenza, alla regolazione e alla tutela della concorrenza svolgono funzioni di controllo, risponda a criteri di rafforzamento industriale di una società, come Telecom, strategica per lo sviluppo del sistema di telecomunicazioni italiano”.
Telecom, del resto, è una società privata e quotata, ma lo stesso gli azionisti di minoranza e i sindacati hanno richiamato il Governo a intervenire, gridando all’assalto alla diligenza e temendo che il controllo di Telecom scivoli definitivamente fuori dall’Italia attraverso manovre puramente finanziarie, con tutte le ripercussioni inevitabili per la sicurezza, l’innovazione e l’occupazione.
La reazione della Borsa
La reazione dei mercati finanziari, intanto, continua a essere discordante, con il titolo Telecom che in apertura cresce del 3,65% a 1.30 euro (dopo che ieri ha toccato aumenti fino all’8%) mentre quello del conglomerato media ha aperto ancora in negativo.
Secondo gli analisti, intanto, dal 21 ottobre – cioè il giorno in cui Niel è entrato in possesso delle opzioni Telecom – le azioni del gruppo hanno messo a segno un rally del 20%, aumentando la capitalizzazione di quasi 5 miliardi di euro, a quota 23,7 miliardi. Ricordiamo che due anni fa il prezzo delle azioni Telecom era sceso sotto i 50 centesimi.