Tanto tuonò che piovve, o meglio, pioverà nelle prossime 24-48 ore quando saranno ufficializzate le dimissioni dell’ad di Telecom Italia, Marco Patuano, che – è ormai certo – lascerà l’azienda un anno prima della scadenza naturale del suo mandato.
Trovano conferma, dunque, le voci di forti attriti tra l’ad e il socio di maggioranza Vivendi. Rumors mai smentiti dal gruppo francese – salito al 24,9% del capitale di Telecom – che si rincorrono da molti mesi e sono diventati sempre più insistenti nelle ultime settimane, in seguito all’incontro a Parigi tra Patuano e l’ad di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine (fotografato, invece, sorridente accanto al presidente Recchi all’entrata dell’ultimo cda).
Già a dicembre, del resto, in un’intervista al WSJ, De Puyfontaine aveva ammesso la “crescente frustrazione” nei confronti del management, mentre a stretto giro al Corriere della sera aveva dichiarato: “senza di noi Telecom è nave senza guida”.
Il giorno dopo, per riassumere, Vivendi fa ‘cappotto’ in assemblea: impone 4 dei suoi in cda – il Ceo De Puyfontaine, il COO Stephane Roussel (entrambi entrati nel comitato nomine) il direttore finanziario Hervé Philippe e l’indipendente Felicité Herzog (entrata nel comitato per il controllo e rischi) – e blocca il progetto di conversione delle azioni di risparmio.
In quell’occasione, insomma, diventa palese che Vivendi, che ha investito in Telecom 3,5 miliardi di euro e si è recentemente portato al 24,9% del capitale da un iniziale 8% ereditato da Telefonica, è entrata in Telecom per restare e anche per comandare.
Le deleghe e la successione
Le deleghe di Patuano saranno affidate al presidente Giuseppe Recchi fino a quando non sarà nominato il nuovo amministratore delegato. La designazione spetterà al comitato nomine, nel quale siedono due rappresentanti Vivendi: lo stesso de Puyfontaine e il Chief Operative Officer Stephane Roussel.
L’iter per la successione di Patuano, che a quanto risulta è partito già da un pò, dovrebbe essere molto breve: scriveva Bloomberg, nelle scorse settimane che Vivendi avrebbe già sondato altri “potenziali candidati al posto di Patuano.
Nel toto-nomine scattato appena trapelata la notizia delle dimissioni imminenti è comunque già arrivata la prima smentita: quella di Flavio Cattaneo.
“Non ha ricevuto alcuna offerta e sta bene dove sta”, ha riferito un portavoce dell’ad di NTV.
Allo stesso modo non sembra trovare riscontro l’ipotesi che vorrebbe l’arrivo al timone di Telecom di Corrado Sciolla, attuale Presidente Europe and Global Telecom Market di BT Global Services.
Tra gli altri nomi che circolano in queste ore, quello dell’ex direttore generale Rai, Luigi Gubitosi e di Tom Mockridge, attuale Ceo di Virgin Media.
La rottura
Patuano, in Telecom dagli anni ’90, era diventato Ad nel 2011.
L’ascesa di Vivendi ha segnato evidentemente un punto di rottura, con i soci francesi sempre più in pressing per un avvicendamento ai vertici che, infine, si è concretizzato a pochi giorni dall’ultimo cda che ha approvato perdite per 72 milioni di euro e una svalutazione dell’avviamento delle Operations brasiliane per 240 milioni di euro per effetto del peggioramento dell’attuale contesto macroeconomico.
Sibillino, all’uscita del cda, il consigliere Tarak Ben Ammar che, interrogato sul destino dell’ad aveva detto che “non c’erano novità e…finché non c’è qualcosa di negativo, è positivo”.
A quanto sembra, sempre in occasione dell’ultima riunione del Consiglio, Vivendi ha chiesto alla società di stringere ancora la cinghia, arrivando a tagliare i costi per almeno 1 miliardo di euro. Questo nonostante de Puyfontaine sembrava avesse mostrato apprezzamento per l’ultimo piano strategico varato dall’ad con investimenti per 12 miliardi in tre anni e un taglio dei costi per 600 milioni.
Asati: dal Governo silenzio assordante
L’associazione dei piccoli azionisti Asati è intervenuta per sottolineare l’inerzia del Governo per le sorti del principale operatore del Paese che in pancia ha asset, come Sparkle, che “richiederebbero una maggiore attenzione e tutela anche ai fini della sicurezza nazionale e internazionale”.
Il rischio, secondo l’associzione, “…è che TI sia oggetto di merce di scambio tra i poteri forti della finanza nazionale ed Europea”.