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Telecom Italia, ecco servito il ‘metodo Bollorè’

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Anche se Bollorè conosce bene l’Italia, i suoi metodi non sono forse così noti nel nostro paese, a differenza che in Francia. L’assalto a Telecom Italia non è che uno degli ultimi esempi del suo approccio da predatore, che si riproduce immutato dagli anni ’80 e, del resto, ne ha fatto la fortuna.

Pur con in mano una quota pari a poco più di un quinto del capitale, la francese Vivendi è riuscita a imporre la sua linea a Telecom Italia nel corso dell’ultima assemblea, bloccando la conversione delle azioni di risparmio e ottenendo l’allargamento del board da 13 a 17 membri per fare spazio a 4 dei suoi.

Un ingresso in punta di piedi, quello di Vincent Bollorè nella società telefonica italiana, grazie alla quota dell’8% ereditata da Telefonica nell’ambito della compravendita di GVT in Brasile (soffiata dagli spagnoli proprio a Tim Brasil), proseguito con la deflagrazione della vittoria schiacciante di due giorni in quel di Rozzano.

Un colpo degno della fama del manager bretone, che dell’Italia conosce bene i salotti della finanza: grande amico dell’ex premier Silvio Berlusconi, Bollorè è il secondo maggior azionista di Mediobanca con una quota di circa l’8%. E a Piazzetta Cuccia ha portato anche la figlia Marie, che siede nel consiglio dal 2014.

Il 16 dicembre, nel primo cda alla presenza dei rappresentanti Vivendi (Arnaud Roy de Puyfontaine, Stephane RousselHervé Philippe e l’indipendente Felicité Herzog), i vertici italiani sono stati rassicurati: non sembra vi sia l’intenzione di nuovi scossoni o di imporre cambi di poltrone. Se poi queste buone intenzioni saranno mantenute, non è dato sapere visto che Vivendi aveva anche dato il suo benestare al piano di conversione delle azioni, atteso dal mercato fin dalla privatizzazione di Telecom, salvo poi cambiare idea poche ore prima dell’assemblea perché le condizioni dell’operazione (che avrebbe portato a una diluizione della quota Vivendi al 14%) “potevano essere migliorate”.

Il ‘metodo Bollorè’

Anche se Bollorè conosce bene l’Italia, i suoi metodi non sono forse così noti nel nostro paese, a differenza che in Francia. L’assalto a Telecom Italia non è che uno degli ultimi esempi del suo approccio da predatore, che si riproduce immutato dagli anni ’80 e, del resto, ne ha fatto la fortuna.

Prima di tutto, Bollorè – soprannominato in Francia ‘petit prince du cash-flow’ – sceglie le sue prede tra le aziende in crisi o sottovalutate dagli investitori, come nel caso dell’azienda metallurgica Vallourec, scalata nel 2002 poco dopo un profit warning che ne aveva fatto crollare l’azione.

Una volta selezionata la preda, sale a poco a poco nel capitale, si dichiara sempre ‘amico’, salvo poi cominciare a contrastare scelte e strategie e rivendicare posti in consiglio per far valere le sue posizioni.

Alcune offensive, come quella su Bouygues Telecom, risalente al 1997, sono state relativamente rapide: in meno di 12 mesi Bollorè ha conquistato più del 12% della società per poi cominciare a sollevare dubbi sulla strategia e minacciare di non far approvare il bilancio. Poco dopo, ha venduto la sua quota a François Pinault intascando 240 milioni di euro.

Un raid che Martin Bouygues ancora non riesce a digerire, neanche dopo che sua nipote Chloe ha sposato il figlio di Bollorè, Yannick, ed madre dei suo 4 figli: “Si è comportato come un delinquente, mi ha raggirato, ingannato, umiliato. Non dimenticherò mai”.

Le cose, ovviamente, non vanno sempre così. Nel capitale del gruppo Havas, Bollorè è entrato nel 2004 e l’anno seguente è entrato nel consiglio. Pian piano, ha aumentato la sua partecipazione fino all’attuale 60%. Il figlio Yannick è presidente.

Nel caso di Vivendi, poi, Bollorè è stato deus ex machina del deciso cambio di rotta del conglomerato, che sotto la sua guida è stato ricentrato sul settore media. Nel 2012, il finanziere bretone ha acquisito il 4,4% del capitale. Nel 2014 dopo esserne diventato presidente, ha condotto la cessione della controllata tlc SFR a Numericable per 11,7 miliardi di euro e quella di GVT a Telefonica per un montante, tra contanti e azioni di circa 7,2 miliardi di euro.

E’ poi passato all’offensiva con le acquisizioni e i cambi ai vertici delle controllate. Dopo aver messo le mani su Dailymotion, assicurandosi nuovi contenuti da distribuire, Bolloré ha infatti deciso, tra le polemiche, di rinnovare i vertici di Canal+, la pay tv leader in Francia.

Attualmente controlla il 15% della società, che controlla anche la principale casa discografica mondiale, Universal Music.

Allo stesso modo, una volta fatte calmare le acque in Telecom Italia, potrebbe spingere per la cessione della controllata Tim Brasil e, chissà, anche rinnovare i vertici.

Tra le ultime prede di Bollorè in ordine di tempo, anche gli editori di videogiochi Ubisoft e Gameloft.

Di quest’ultimo è giunto poco a poco al controllo di una quota del 27% e non esclude di incrementarla ulteriormente fino a salire al controllo della società.

In parallelo, Bollorè ha fatto irruzione nel capitale di Ubisoft, acquisendone il 12%. Un’offensiva in aperta sfida a Yves Guillemot, fondatore insieme ai fratelli di Ubisoft e Gameloft che si era opposto all’ingresso tutt’altro che gradito di Vivendi nel capitale. Yves Guillemot ha detto di aver ricevuto una chiamata da Bolloré “due ore prima dell’annuncio del suo ingresso nel capitale di Ubisoft. Senza neanche averne discusso in anticipo con noi”.

“Questi sono metodi d’altri tempi. Non si entra in una società sfondando la porta”, ha dichiarato Guillemot con malcelata disapprovazione.

Del resto, se non fosse di tal guisa, Bollorè non avrebbe certo costruito un impero partendo da una cartiera, quella della famiglia di cui prese il controllo nel 1981, e che ora spazia dai trasporti alle piantagioni di olio di palma, passando per la produzione di vino, il cinema, la tv, le telecomunicazioni e la musica.

E per non farsi mancare niente, prima di Natale, Vivendi  – come tutti noi – ha fatto quindi un ultimo round di shopping, regalandosi una quota del 64,4% di Radionomy Group, società fondata nel 2008 e che ha creato  una piattaforma digitale che permette alle web radio di trasmettere i loro programmi e monetizzare la loro audience.

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