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Telecom Italia, Giuseppe Recchi: ‘Nessun dossier scorporo sul tavolo del Governo. Solo speculazioni’

Giuseppe Recchi Telecom Italia

Giuseppe Recchi

Il Governo sarebbe pronto a diventare socio, attraverso la CDP di una società ad hoc che avrebbe il controllo della rete Telecom. La smentita del presidente Giuseppe Recchi e dell’azienda che ‘sta valutando tutte le iniziative più opportune a propria tutela’.

“Il dossier non esiste, non ne ho mai sentito parlare. Sono speculazioni che considero superficiali e improduttive”. Così il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, ha smentito le indiscrezioni sullo scorporo della rete rilanciate stamani da La Repubblica, secondo cui il Governo sarebbe pronto a diventare socio, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti di una società ad hoc che avrebbe il controllo dell’infrastruttura di Telecom Italia. Precisazioni sono arrivate a stretto giro anche dall’azienda, che in una nota ha sottolineato che “si tratta di speculazioni assolutamente prive di fondamento sia sotto il profilo dei piani industriali della Società, sia dal punto di vista normativo”.

 

Secondo Repubblica, il progetto sul tavolo del Governo partirebbe dalla necessità di colmare le carenze digitali italiane e prevedrebbe l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti tramite il Fondo strategico Italiano. L’idea sarebbe quella di “…arrivare a prendere un 40 per cento della società della rete per poi salire in maggioranza nell’arco di un triennio. Per poi aprire il capitale ad altri partner, anche stranieri”, scrive il quotidiano.

Ma per il presidente Recchi, si tratta di una notizia “confusa e senza ground”, un’ipotesi “di cui ho già sentito parlare quattro o cinque volte da quando sono in Telecom: ha origini antiche”.

Quello dello scorporo della rete Telecom Italia è, in effetti, un tema che ritorna ormai di moda periodicamente, fin dai tempi del famigerato ‘piano Rovati’ del 2006, che suggeriva lo scorporo della rete fissa, il suo passaggio alla Cassa Depositi e Prestiti e la sua successiva quotazione.

Un piano di ‘societarizzazione’ della rete, che tante grane provocò all’allora premier Romano Prodi, accusato di voler rinazionalizzare Telecom, e che in forme più o meno simili riprende quota di Governo in Governo – ultimo quello di Enrico Letta, che lo proponeva come ‘estrema ratio’ per accelerare la diffusione della banda larga.

Ora, che il governo Renzi abbia manifestato l’intenzione di intervenire per evitare scalate e proteggere la rete Telecom in quanto struttura strategica per la sicurezza nazionale non è una novità: nelle scorse settimane, era stato il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli a ribadire la volontà dell’esecutivo di usare la ‘golden power’ per tutelare la rete telefonica nazionale, pure nel pieno rispetto delle prerogative di un’azienda privata.

L’ipotesi dell’ingresso della CDP, non certo nuova anche questa, ha ripreso vigore in seguito ai rumors secondo i quali Telecom Italia sarebbe pronta a entrare in Metroweb rilevando la quota in man o al fondo F2i. Indiscrezioni smentite da più parti ma che hanno trovato anche qualche sponda in chi ritiene che l’operazione avrebbe un senso sia dal punto di vista finanziario che strategico, poiché si potrebbe condividere i costi dell’investimento con la Cassa Depositi e Prestiti, che ha nelle infrastrutture e nel loro sviluppo uno dei suoi core business, riducendo in tal modo l’impatto finanziario della realizzazione delle reti in fibra ottica.

Da qui all’utilizzo della golden power, possibile solo in caso di pericoli per la sicurezza nazionale e comunque per evitare l’ingresso di gruppi extra Ue ‘ostili’ nella compagine azionaria di una società strategica, ce ne passa e – visto il ricorrere della riapertura del dossier e le immancabili immediate smentite – c’è da ritenere che anche stavolta si tratti di una fiammata passeggera.

Per Recchi, per di più, oltre a non esserci alcun presupposto giuridico perché si possa parlare di scorporo di una rete di un’azienda privata, le continue indiscrezioni in questo senso non fanno bene all’immagine del Paese, tanto più in un momento come quello attuale in cui è alta l’attenzione dei mercati internazionali, “per la quale dovremmo dare una rappresentazione di un Paese serio, che sa di cosa parla e che gestisce le regole senza confusione”.

L’azienda, che sta valutando tutte le iniziative più opportune a propria tutela, ha precisato quindi “…che un ipotetico intervento mirato ad imporre la separazione societaria della rete di accesso presenterebbe evidenti aspetti di illegittimità poiché inciderebbe direttamente sul diritto di disporre e godere dei propri beni da parte di un soggetto privato proprietario della rete”.

Le reazioni della politica

Non sono mancate le reazioni della politica alle nuove indiscrezioni sul futuro di Telecom Italia. Per Sergio Boccadutri deputato PD e componente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati è necessario evitare il ripetersi di un ‘caso Alitalia’: necessario l’intervento del Governo, sempre nel rispetto delle prerogative di un’azienda privata, anche per dare nuovo impulso agli investimenti infrastrutturali di cui il sistema Paese necessità con urgenza.

Telecom Italia da mesi vive di annunci che rimandano obiettivi apparentemente risolutori e momenti di verifica, ma francamente non si intravede una strategia precisa, anzi si ha quasi l’impressione che si viva alla giornata”, afferma Boccadutri, secondo cui “…E’ quindi forse davvero arrivato il momento che il governo prenda il toro per le corna, prima che sia proprio costretto ad occuparsene, come è accaduto in analoghe circostanze con altre aziende importanti”.

“Sia ben chiaro – prosegue Boccadutri – che Telecom Italia è una società privata e le cose vanno fatte nel pieno rispetto di ogni regola, ma non per questo si può girare la testa dall’altra parte”, visto e considerato la strategicità di Telecom Italia “non soltanto per l’economia, ma per lo sviluppo del sistema-Paese”.

“Con i suoi oltre 50 mila dipendenti solo in Italia Telecom Italia è un’azienda che ha conosciuto fasti e che è stata all’avanguardia nella diffusione della telefonia mobile nel mondo. Oggi la situazione si è capovolta e sulla banda larga siamo ormai il fanalino di coda in Europa”, aggiunge Boccadutri, che conclude sottolineando come la vicenda Telecom si porti dietro “…occupazione e competenze, ma sopra ogni cosa la stabilità di cui necessitano lo sviluppo della rete e gli investimenti di cui ha bisogno, elementi indispensabili senza i quali non si potrà avere quella crescita e quello sviluppo dell’economia digitale di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla recessione”.

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