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Telecom, Enel & Co: per la fibra sarà una lunga estate calda

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Più che una corsa fine a se stessa ci sarebbe bisogno di un disegno unitario che non crei un futuro digitale in cui ancora ci siano distizioni tra viaggiatori di prima, seconda o terza classe.

Sarà un’estate calda quella della fibra ottica in Italia, con Telecom Italia che prevede l’apertura tra luglio e agosto di 4 mila cantieri e viaggia alla velocità di “300 km l’ora” in quanto a dispiegamento di cavi ed Enel che sta per chiudere l’accordo per l’aquisizione di Metroweb – cruciali le date del 26 luglio, quando si terrà il cda di F2i e del 28, cda di Enel – e intanto continua a stringere accordi commerciali con player del settore, Tiscali l’ultimo in ordine di tempo, dopo Vodafone e Wind.

I fronti si stanno delineando e la battaglia entrerà dunque nel vivo col solleone di agosto, con Enel pronto a partire forte dell’appoggio dei partner e Telecom che sostiene di non temere la concorrenza pur ritenendo la fibra una tecnologia forse troppo ‘avanti’ per i consumatori ‘normali’, che utilizzano “al 95% quello che già è possibile utilizzare”, ha detto ieri l’Ad Cattaneo in audizione al Senato. Prova ne è che a Milano dove la copertura è al 30%, si utilizza una bassissima parte della capacità disponibile.

Come dire, va già benissimo l’Adsl potenziato col vectoring, ma noi vogliamo comunque arrivare primi e, si, la fibra la facciamo e la portiamo anche sul mobile, meglio e prima degli altri.
Sicuramente, ha puntualizzato il manager dai trascorsi ferroviari, Telecom farà la fibra FTTH – cioè nelle case – meglio e più di Metroweb (“non si può pensare di diventare una società infrastrutturale con 4 città” cablate, ha detto Cattaneo) ma questo non vuol dire che “il rame verrà buttato via perchè non tutti potranno permettersi un abbonamento alla fibra ottica”. Cambieranno le segmentazioni del mercato e le offerte andranno rimodulate.
Ci sarà, insomma, proprio come avviene nei trasporti dove c’è chi viaggia low cost e chi in prima classe, chi viaggerà ‘giga’ e chi in ‘mega’: “Il giga del resto – ha detto Cattaneo – costa sempre di più e ovviamente il suo costo viene ribaltato, non è che rimane in carico alle imprese”.

Un discorso, certo, sacrosanto (chi investe deve ‘recuperare’ i soldi investiti) ma un paragone forse un po’ azzardato che rimanda a immagini del passato e che desta più di un interrogativo sulle reali strategie non solo dell’incumbent, ma di tutto il sistema-Paese.

Telecom, come Enel, parteciperà a tutte le gare Infratel per l’ultrabroadband nelle aree a fallimento di mercato (purchè gli appalti “non siano discriminanti ma siano nell’interesse dei cittadini”), dove la rete verrà realizzata con fondi pubblici.

Il primo bando per la realizzazione delle reti nelle prime sei le regioni pronte a partire – Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto – è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a giugno ed entro l’estate, assicurano dal Governo, partiranno i bandi per tutte le altre Regioni.

Si tratta non di poche aree ma di 7.300 comuni su un totale di 8 mila. In queste aree, gli operatori non hanno ritenuto interessante investire per proprio conto, ma ora, a quanto pare, faranno a gara per prendere la rete pubblica in concessione e offrire i servizi in fibra.
Nelle aree remunerative, invece, Telecom ed Enel Open Fiber si faranno ognuno la propria rete. Eppure, come ha detto ieri Cattaneo, anche in città ricche e dense di business come Milano la fibra è ampiamente sottoutilizzata e va necessariamente abbinata alle tecnologie mobili per essere veramente efficace.

Bisogna pensare al futuro, si dirà. E il futuro è fatto di 5G e IoT, di semafori intelligenti e auto che si guidano da sole. Ma tutto ciò avrà bisogno di capillarità, non di infrastrutture spot. Non a caso, la Ue pensa di rivedere gli obiettivi dell’agenda digitale puntando, per creare una vera ‘gigabit society‘, sui coinvestimenti per far sì che il prima possibile tutto il Continente sia coperto dalla banda larga a 100Mbps e scuole e aziende siano coperte da connessioni a 1 Gbps.

Più che una pletora di reti e una corsa fine a se stessa, anche in riferimento alla ‘conquista’ di Metroweb, insomma, ci sarebbe bisogno di un disegno il più possibile unitario, dettato da una visione d’insieme e che non crei un futuro digitale in cui ancora ci siano distizioni tra viaggiatori di prima, seconda o terza classe. O si rischia di fare la fine del Titanic.

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