Conclusa dopo tre anni di stop and go, non smette ancora di riservare nuove sorprese la cessione di Telecom Argentina al fondo Fintech, completata l’8 marzo.
L’operazione è stata conclusa per un montante complessivo di 960 milioni di dollari, ma Telecom avrebbe potuto incassarne molti di più, visto che l’imprenditore argentino Carlos Newbery aveva messo sul piatto 1,5 miliardi.
In un’intervista al settimanale L’Espresso, Newbery – presentato come un “veterano delle telecomunicazioni in Sudamerica e compagno di università del neo presidente Mauricio Macrì” – sottolinea che i suoi tentativi di contattare l’ad di Telecom Italia, Marco Patuano, per proporgli un’offerta di gran lunga più appetibile di quella dell’imprenditore messicano David Martinez, sono sempre caduti nel vuoto.
A sostegno delle sue affermazioni, Newbery mostra al settimanale una lettera inviata all’azienda italiana nel giugno 2010, quando in corsa per l’acquisizione del secondo operatore argentino c’erano il tandem di imprenditori composto da Eduardo Eurnekian e Ernesto Gutierrez – considerati molto vicini al Governo Kirchner – ma anche il gruppo Clarín, il magnate messicano Carlos Slim e la famiglia Werthein (che attualmente controlla il 32% di Sophora).
All’epoca l’offerta era di 725 milioni di dollari in contanti ma – riferisce Newbery – “…dopo quella lettera siamo arrivati a offrire 825 milioni di dollari, ma non abbiamo ricevuto risposte da Telecom Italia”.
Passa il tempo e nel frattempo, nel 2013, parte l’operazione Fintech, che comunque deve attendere il via libera dei regolatori argentini.
Dopo due anni dall’avvio dell’operazione, ecco però che la vendita era viene bloccata dall’Autorità di settore che aveva rilevato come il fondo di Martinez non fosse in grado di operare e prendere il controllo dei servizi e delle infrastrutture di Telecom Argentina, non avendo dimostrato “esperienza e capacità” adeguate.
Esperienze e capacità rivendicate, invece, da Newbery, imprenditore con all’attivo la partecipazione alla fondazione di Movicom Bell South e oggi azionista di maggioranza e amministratore delegato di Inversiones Condor, con interessi nelle telecomunicazioni in Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile Pakistan e Turchia.
Newbery pensa quindi di rifarsi sotto, come ricostruisce a L’Espresso, e lo fa con due email, una a ottobre 2015, una il 3 marzo 2016.
In quest’ultima, in particolare, l’imprenditore definisce inadeguata l’offerta di Martinez da 960 milioni e rilancia con una da 1,5 miliardi di dollari. “Una cifra che – è specificato – tiene in considerazione la penale che Telecom dovrebbe pagare nel caso in cui decidesse di non vendere più a Fintech”.
Ma ancora una volta, dai piani alti Telecom non arriva alcuna risposta.
Noi, dice Newbery a L’Espresso, “…Siamo esperti del settore, abbiamo i soldi e siamo argentini. Perché allora Patuano non ha mai risposto alle nostre offerte, nonostante la proposta economica sia più allettante di quella fatta dai messicani?”.
A queste accuse, Patuano ha risposto ricordando l’accordo vincolante tra Telecom e Fintech che sarebbe scaduto nel 2017. Solo dopo quella data, Telecom avrebbe potuto riacquistare la partecipazione di minoranza del 17% di capitale Sofora già ceduta a Fintech, oppure procedere con la vendita del 51% del capitale di Sophora a un terzo acquirente, con garanzia Fintech di un corrispettivo minimo di almeno 630,6 milioni di dollari.
“Fintech ci avrebbe fatto causa negli Stati Uniti e il giudice avrebbe potuto farci pagare una penale oppure, più probabilmente, obbligarci a vendere comunque a loro per il prezzo pattuito”, ha detto l’ad a L’Espresso, presagendo da un’eventuale ricorso di Martinez “conseguenze imprevedibili”. Senza contare, aggiunge Patuano, che le offerte di Newbery, al contrario di quelle di Fintech – che ha subito depositato i 960 milioni pattuiti – non sono mai state vincolanti.
Il timore era, dunque, che Newbery avrebbe potuto tirarsi indietro. Il principio, invece, è che “i patti si rispettano”.
Certo è che le dichiarazioni di Newbery aggiungono un nuovo interrogativo riguardo la cessione di Telecom Argentina avviata in un momento storico e politico molto diverso da oggi e in cui c’era il forte rischio di una nazionalizzazione.
Dopo l’ingresso di Telefonica nel capitale della società italiana, infatti, paventando il rischio di eccessiva concentrazione, l’antitrust argentino aveva imposto a Telecom Italia di cedere la propria quota nella holding Sofora, nei tempi e nei modi stabiliti dalle autorità locali. Dopo un lungo contenzioso, tuttavia, la Corte della camera penale di Buenos Aires ha annullato la decisione dell’antitrust e la minaccia di nazionalizzazione si è sgonfiata.
Anche le finanze della controllata sono molto cambiate da allora: nel 2015, la società ha registrato ricavi consolidati in crescita del 21,5% con ricavi da servizi mobili (internet e dati) in aumento del 21,9% e un Ebitda di 800 milioni di dollari.
La questione potrebbe essere discussa al prossimo cda del 17 marzo, ma intanto nei giorni scorsi – nel bel mezzo dei rumors che lo volevano prossimo a lasciare l’azienda in anticipo sulla scadenza del suo mandato per volere dell’azionista di maggioranza Vivendi – Patuano ha continuato comunque a definire la cessione della controllata “una buona operazione” sulla quale non ci sono ripensamenti, come non dovrebbero essercene mai in finanza.