Per il pieno sviluppo del 5G servono più risorse spettrali di quelle disponibili al momento. E’ per questo che Bruxelles deve decidere una posizione comune sulla banda sub 700 Mhz, per ora destinata alla televisione digitale terrestre fino al 2030. Che fare? Mantenere questa dead line oppure anticipare la liberazione di questa banda sub 700 Mhz per destinarla all’ulteriore sviluppo del 5G, in particolare dell’Industrial IoT?
Spettro radio per il 5G
Il dibattito è aperto e la Commissione Ue dovrebbe assumere una posizione comune entro l’estate, in vista del prossimo summit globale sulle politiche dello spettro radio, il WRC 23 organizzato dall’ITU, l’agenzia Onu che si occupa di frequenze, in programma a Dubai il prossimo novembre.
Secondo stime della GSMA, usare la banda sub 700 per il 5G darebbe un contributo al Pil globale di 130 miliardi di dollari, secondo i dati diffusi nel suo ultimo report. In particolare, l’Europa occidentale avrebbe un beneficio di 26 miliardi di dollari fino al 2030, pari ad un incremento annuo dello 0,8% del Pil.
In particolare, più spettro al 5G sarebbe utile per lo sviluppo della banda ultralrga in quei paesi emergenti dove la banda larga fissa non è sviluppata. In questo modo la banda larga mobile fungerebbe da vicario del fisso.
Pressing della GSMA
Cresce quindi il pressing della GSMA per anticipare la liberazione della banda sub 700 dal digitale terrestre televisivo. Tanto più che con lo sviluppo dello streaming e l’affermazione delle varie piattaforme on demand come Netflix e Amazon Prime il digitale terrestre sta perdendo appeal soprattutto nel target giovanile.
Ma non tutti i paesi europei hanno la stessa posizione di fronte allo switch off del digitale, previsto non prima del 2030. Ad esempio, in Spagna la televisione digitale è potente e di certo la speranza è perpetuare la presenza del digitale ben oltre il 2030. Lo stesso vale ad esempio per l’Italia, dove Rai e Mediaset e le emittenti locali spingono per allungare il più possibile il ciclo di vita del digitale terrestre già procrastinato al 2032. E in realtà nemmeno le telco italiane, alle prese con una crisi profonda, hanno alcuna fretta di cambiare lo status quo. Di certo non hanno alcuna intenzione di imbarcarsi in una nuova asta frequenze nel breve termine, tanto più che non stanno ancora monetizzando più di tanto dal 5G.
Il ciclo di vita del digitale terrestre avrà inoltre un peso non indifferente sul valore di asset di RaiWay e EI Towers, i principali operatori di reti broadcasting del paese, di nuovo in predicato di negoziare una fusione più volte sfiorata in passato.
Spagna e Italia tifano per il digitale, il Nord Europa per il 5G
Spagna e Italia sono i paesi europei con il maggior numero di canali del digitale terrestre. La Svizzera, invece, ha già provveduto allo switch off mentre altri paesi hanno altre tecnologie, in particolare via cavo per la diffusione del segnale televisivo.
Il Nord Europa, in particolare Svezia e Finlandia, sono invece favorevoli ad un passaggio anticipato dello spettro sub 700 alle telecomunicazioni per lo sviluppo del 5G. I primi a beneficiarne in ottica 5G sarebbero in effetti Ericsson e Nokia.
A questo punto è necessario che Bruxelles adotti una posizione comune in tempi stretti e che anche l’Italia si presenti con una sua posizione ben chiara in materia di programmazione dello spettro radio.