Ogni giorno, miliardi di persone in tutto il mondo affidano un’enorme quantità di informazioni sensibili ai loro gestori di telefonia mobile e di servizi internet. Le società tlc – un’industria con un valore di mercato complessivo di circa 2 trilioni di dollari – sanno dunque un sacco di cose sui loro clienti, ma molto sarebbe da dire sul loro livello di trasparenza e resistenza alla corruzione, almeno da quanto emerge da un rapporto dell’organizzazione Transparency International che ha preso in esame 35 player del settore con una dimensione globale.
Scarse sono, a livello generale, le informazioni che le telco divulgano riguardo la loro organizzazione e i paesi in cui operano: un’opacità che, secondo il rapporto, rende difficoltoso risalire alle responsabilità in casi di corruzione, come quello che nel 2013 è costato l’ergastolo al presidente di China Mobile, Lu Xiangdong o, più di recente, ha portato all’arresto di Jo Lunder, ex Ceo di Vimpelcom.
Tre le aree prese in esame dal report per vagliare il livello di trasparenza delle Telco mondiali: diffusione dei programmi anti-corruzione, trasparenza organizzativa e divulgazione di informazioni finanziarie chiave per i paese in cui operano.
Su una scala da 1 a 10, 26 delle 35 società analizzate hanno totalizzato meno di 5 (tra queste c’è anche Telecom Italia); 27 su 35 non rivelano i paesi in cui operano le loro controllate e solo 4 divulgano informazioni sulle tasse che pagano in tutti i paesi in cui sono attive.
C’è da dire che 7 società nella top ten delle più trasparenti sono europee (Deutsche Telekom, Vodafone e Telenor hanno superato il 50% in tutte e tre le aree esaminate), mentre 7 delle 10 compagnie in fondo alla classifica sono asiatiche.
Il settore delle telecomunicazioni – spiega Transparency International, un’organizzazione il cui scopo è quello di ‘dare voce alle vittime e ai testimoni di corruzioni’ – è particolarmente vulnerabile alla corruzione perché è un settore altamente regolamentato e complesso che spesso si trova a operare in paesi con istituzioni deboli.
“Per garantire il rispetto delle leggi e per gestire i rischi di corruzione e scarso rispetto degli standard etici, le società di tlc devono adottare politiche forti e chiare e sistemi di gestione che siano in grado di frenare la corruzione”, ha spiegato József Péter Martin, Executive Director di Transparency International Hungary.
Rivela ancora il rapporto che, sebbene la maggior parte delle aziende prese in esame si siano dotate di programmi anti-corruzione, soltanto 15 su 35 dispongono di meccanismi di controllo sistematico.
Una parte fondamentale di questi programmi risiede nel supporto pubblico delle misure anticorruzione da parte del management, come specificato, ad esempio, nel codice di condotta di Deutsche Telekom (“ci asteniamo dall’intraprendere qualsiasi forma di corruzione o anche azioni che potrebbero essere interpretate come tali”). Anche se i vertici di 29 delle 35 aziende esaminate attestano questo sostegno, solo la metà chiarisce che le politiche anticorruzione si applicano al consiglio di amministrazione nella sua interezza e solo sei dicono di formare il board sui programmi anticorruzione.
“Le grandi multinazionali attive nel settore delle telecomunicazioni hanno strutture complesse e operano come reti di organismi interconnessi aventi sede in paesi diversi – alcuni dei quali sono spesso paradisi fiscali. Le strutture aziendali possono essere quindi volutamente opache per nascondere i proventi della corruzione o eventuali conflitti di interesse”, si legge nel rapporto.
Preoccupa, pertanto, che 27 compagnie – soprattutto giapponesi ed americane – non forniscono informazioni sulle loro partecipazioni immateriali, che spesso e volentieri sono situate in paesi in via di sviluppo o in giurisdizioni finanziarie segrete – e sono esattamente quelle che le aziende dovrebbero rendere pubbliche.
Ma – precisa il rapporto – anche sapere quali aziende operano in un paese e a quali strutture appartengono, non è abbastanza: le aziende dovrebbero anche divulgare i loro dati finanziari paese per paese, cosa che è fatta solo da 4 aziende su 35.
Per una maggiore trasparenza su questo fronte si sta muovendo, ad esempio, la Commissione europea che intende obbligare tutte le aziende a rivelare le loro informazioni finanziarie in ogni paese in cui sono operative: cittadini e stakeholder hanno infatti il diritto di sapere quali aziende operano sul loro territorio e concorrono all’assegnazione di licenze e contratti.
“La telefonia mobile e Internet si sono dimostrati essenziali per la crescita economica, la diffusione della democrazia e anche la riduzione delle diseguaglianze. Le compagnie telefoniche devono pertanto fare il possibile per essere trasparenti e per evitare casi di corruzione al loro interno”, ha commentato Jermyn Brooks, presidente dell’Advisory Board di Transparency International.