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Teatro Patologico, l’urlo di protesta del fondatore Dario D’Ambrosi

Ieri sera abbiamo avuto il piacere di assistere ad uno spettacolo teatrale che è stato al tempo stesso un evento politico, un vero e proprio atto di “politica culturale”: nella cornice splendida (ed istituzionale, per alcuni aspetti) del Teatro Argentina di Roma, un teatrante eterodosso ed un attivista social-politico eccellente ha presentato uno spettacolo commovente ed al tempo stesso ha lanciato un urlo di protesta contro le italiche istituzioni…

È stata una serata appassionante, che merita essere segnalata su queste colonne, dato che qui ci interessiamo giustappunto soprattutto di politica culturale e di economia mediale.

Chi è stato l’agitatore (il termine ci sembra proprio calzante)?!

Dario D’Ambrosi, fondatore e direttore del Teatro Patologico, che è teoria e pratica, ovvero ormai storica iniziativa di convergenza tra la dimensione artistica e la dimensione sociale delle attività culturali.

In occasione della fine del corso universitario sperimentale di Teatro Integrato dell’Emozione, realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, D’Ambrosi ha portato in scena al Teatro Argentina la “Medea” di Euripide, un classico della drammaturgia da lui adattato e diretto, e interpretato dagli attori diversamente abili del corso universitario.

Questo corso universitario è il primo al mondo a essere rivolto a persone con disabilità fisica e psichica: una vera eccellenza italiana.

Lo spettacolo è stata l’occasione per (di)mostrare quanti e quali benefici il corso abbia portato alle persone disabili che lo hanno frequentato in questi anni, e quanto sollievo abbia arrecato alle loro famiglie, ed anche – indirettamente – alla comunità tutta.

In Italia, circa 2 milioni di persone sono “disabili psichici”

D’Ambrosi ha sostenuto che in Italia, su 4 milioni di persone disabili, ben 2 milioni sarebbero “classificabili” nell’area dei disturbi psichici, e che ben 10 milioni di persone soffrirebbero di forme di disagio a livello mentale.

A più di quarant’anni dalla “legge Basaglia” e dall’abolizione dei manicomi in Italia, lo scenario generale non è confortante, anche perché striscianti e sempre più pervasive appaiono patologie “minori”, come ludopatia e la dipendenza da “device” digitali… Si tratta di “piccole follie” minori – per così dire – che stanno alterando il complessivo stato di salute del nostro Paese (ben oltre le tassonomie del Dsm-5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali)…

Ha spiegato Dario D’Ambrosi: “il programma didattico di teatro-terapia da me impostato ed eseguito da una preparatissima equipe di docenti specializzati, si basa su un percorso emotivo che, attraverso l’attività teatrale, aumenta la capacità di riconoscere e vivere con più consapevolezza le proprie emozioni, e fornisce quegli strumenti utili a esprimerle e condividere proprio come deve saper fare un attore”.

Sul palco, gli “attori speciali” della Compagnia Stabile del Teatro Patologico – giovani ragazzi affetti da malattie mentali e disabilità fisiche – hanno dato vita a questa particolare versione della tragedia di Euripide, affiancati da attori professionisti, tra cui Sebastiano Somma (Creonte) e Almerica Schiavo (che ha interpretato la protagonista), Paolo Vaselli (Giasone). Musiche dal vivo (belle assai) di Francesco Santalucia, direzione Coro e percussioni Francesco “Papaceccio” Crudele, scene e costumi (anch’essi molto belli) Raffaella Toni.

Lo spettacolo messo in scena da D’Ambrosi è senza dubbio ben impostato drammaturgicamente, ed ha una sua valenza estetica in sé, indipendentemente dalla peculiare dimensione psico-sociale che lo caratterizza.

Al di là del buon risultato in termini di critica teatrale (estetologica), è stato comunque emozionante osservare la gioia dei giovani teatranti, a conclusione dello spettacolo, allorquando il Rettore dell’Università Orazio Schillaci ha consegnato ad ognuno di loro il diploma di partecipazione al corso.

Il valore sociale e l’impegno comunitario espressi dal lavoro di Dario D’Ambrosi si manifesta nella capacità di creare uno spazio di inclusione e accoglienza, oltre che di incontro teatrale, con la libertà creativa dei ragazzi disabili psichici, senza influenzarne fantasia e sensibilità, ma permettendo a ognuno di trovare il proprio spazio in cui si sentono e continueranno a sentirsi protagonisti. Una bella possibilità di espressione artistica ed emotiva, un bel luogo di aggregazione e di formazione in cui giocare e divertirsi.

Lo spettacolo ha fatto il giro del mondo, calcando palcoscenici internazionali come il Quartier Generale delle Nazioni Unite di New York (Onu), l’Auditorium Umberto Agnelli di Tokyo, il Winton’s Music Hall di Londra, il Parlamento Europeo di Bruxelles, e ancora il Market Theater di Johannesburg (Sudafrica) e il Teatro Cafè La Mama di New York…

Ieri sera, D’Ambrosi ha ringraziato – invitandoli sul palco per un breve commento – due personaggi che invece sostengono la sua battaglia, che è culturale, artistica, psichica, sociale: Gennaro Migliore (deputato, attualmente in Italia Viva) ed il giornalista Domenico Iannacone (autore di programmi innovativi come “Che ci faccio qui” su Rai3). Entrambi hanno confermato la volontà di sostenere D’Ambrosi ed i suoi “ragazzi”. Si rimanda anche al bel documentario Rai curato nel 2021 da Iannacone, “L’Odissea. Un viaggio nel mondo della disabilità mentale” (clicca qui per rivederlo su RaiPlay).

Il progetto IsICult “Cultura vs Disagio”, censimento delle buone pratiche culturali contro il disagio (fisico, psichico, sociale)

Abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente Dario D’Ambrosi, che abbiamo invitato ormai quasi dieci anni fa in occasione di una avanguardistica iniziativa promossa dall’IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale, ovvero il festival “Lo Spettacolo… Fuori di Sé. Festival delle Eccellenze nel Sociale”, iniziativa che si è posta come prima (e finora unica, per quanto ci è dato sapere) occasione festivaliera in uno spazio ospedaliero (il Forlanini San Camillo di Roma).

Quella originale kermesse multidisciplinare era una delle iniziative del progetto speciale IsICult sostenuto dal Ministero della Cultura (Direzione Generale Spettacolo) “Lo Spettacolo Antidoto Contro il Disagio” (alias “Sacd”), che si è poi evoluto nel progetto “Cultura vs Disagio. Censimento delle Buone Pratiche Culturali Contro il Disagio (fisico, psichico, sociale)”, alias “Cvd” (sostenuto dalla Direzione Cinema e Audiovisivo). In quell’occasione (dicembre 2013), IsICult organizzò anche due incontri convegnistici, uno dei quali ha visto D’Ambrosi come appassionato relatore. Il 14 dicembre 2013 s’è tenuto l’incontro “I festival per la diversità e contro il disagio in Italia”, ovvero il primo incontro nazionale dei direttori artistici di festival focalizzati sulla lotta al disagio ed alle discriminazioni. Anche in quell’occasione (clicca qui, per la videoregistrazione sul canale IsICult su YouTube), D’Ambrosi manifestò critiche severe nei confronti della disattenzione delle istituzioni italiane rispetto a coloro che “utilizzano” la cultura per lenire il disagio. A distanza di quasi dieci anni, la situazione complessiva non è granché migliorata.

Ieri sera, l’attacco di Dario D’Ambrosi è stato veramente netto, forte, duro: una sorta di appello “disperato” nei confronti delle istituzioni italiane. “Perché diavolo (ci sembra di ricordare che in verità abbia usato un termine più pesante…) non c’è nessun Ministro della Repubblica ad assistere a questo spettacolo?”, ha urlato.

Pensavamo rivolgesse il pensiero al titolare del Ministero della Cultura Dario Franceschini, ma poi abbiamo compreso che il destinatario (primario) delle sue critiche era il Ministro dell’Università Maria Cristina Messa. In effetti, il corso universitario attivato da Tor Vergata ha ancora un carattere sperimentale, allorquando potrebbe costituire un precedente per avviare iniziative simili in tutte le università d’Italia: pare che invece il Ministero tardi a riconoscerne il valore anche accademico…

Per chi vuole approfondire l’esperienza di D’Ambrosi, si consiglia la lettura di una sorta di sua autobiografia, fresca di stampa: “Tutti non ci sono”, per i tipi de Le Commari Edizioni di Roma (il titolo del libro prende spunto da un graffito sulla parete di un manicomio…).

Condividiamo l’appello di D’Ambrosi, che ci stimola ad una rinnovata riflessione su queste tematiche: come dimostra il progetto IsICult “Cultura vs Disagio”, vi sono in Italia migliaia e migliaia di iniziative (a tutti i livelli: nazionale, regionale, comunale…) promosse da appassionati artisti, organizzatori culturali, attivisti sociali, che fanno della cultura lo strumento primario per costruire “comunità”, per dimostrare “solidarietà”, in una prospettiva inclusiva di “welfare” evoluto (clicca qui per una “mappatura” in itinere).

Portando alla luce comparativamente iniziative di grande impegno civile ed umano, che spesso non beneficiano dei riflettori mediali, il progetto “Cultura vs Disagio” da anni mira a promuoverne il riconoscimento (sociale ed istituzionale) e lo sviluppo, favorendo le buone pratiche.

I contesti che rientrano nel perimetro del progetto sono tutti afferenti ai diversi ambiti ed aspetti del “disagio”: dalle carceri alle comunità agli ospedali, alle più varie dimensioni della disabilità e del malessere, della criticità nella coesione sociale e nell’integrazione interculturale, della lotta all’emarginazione ed alle discriminazioni. Si tratta di una serie di “sub-universi” che in taluni casi si sovrappongono, con profondità di disagio aggravate.

Manca una visione organica, sistemica, strategica, olistica da parte dello Stato: il sostegno pubblico è disperso (e dispersivo)

Esiste un’attenzione organica da parte dello Stato italiano nei confronti di queste iniziative?

La risposta è netta: no.

L’intervento è disperso tra Ministeri, Regioni, Comuni.

Intervento disperso e dispersivo. Prevale frammentazione, e finanche limitata conoscenza delle tante iniziative sul territorio.

Vengono pubblicati bandi, ma con modalità variegate, discontinuamente e frammentariamente.

Questo deficit di coordinamento (che è anch’esso sintomatico della complessiva carenza di sensibilità istituzionale) viene confermato dalle tante iniziative, che non sono collegate tra loro. Il deficit di informazione riduce anche le chance di costruzione di reti, di sinergie possibili.

Un esempio, tra tutti, di questa complessiva carenza di sensibilità istituzionale è veramente emblematico: la lentezza con la quale procede l’iter parlamentare della proposta di legge n. 2933 del deputato del M5s Raffaele Bruno (clicca qui, per analizzare lo stato dei lavori: il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto il 25 marzo scorso) finalizzata allo sviluppo delle attività teatrali nelle carceri, intitolata “Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari” (vedi in argomento anche “Key4biz” del 21 marzo 2022, “Cultura per combattere il disagio, fra teatro sociale e diritto alla felicità”). Torneremo sull’argomento, con uno specifico approfondimento.

E che dire dello stato confusionale nel quale versa ancora in Italia tutto il mondo delle “arti-terapie”, tra teoria e prassi, e tante professionalità correlate?!

Va certamente dato atto che talvolta iniziative concrete vengono assunte: come ha dimostrato ormai da anni, il Ministro Dario Franceschini mostra sensibilità su questi temi, che pure vengono però ancora oggi affrontati purtroppo in modo disorganico e discontinuo.

Se risale all’aprile 2016 l’apertura della prima sala cinematografica in un ospedale italiano (presso il Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma), su iniziativa dell’associazione MediCinema Italia onlus (guidata da Fulvia Salvi e Francesca Medolago Albani), nel settembre del 2017 – in occasione del Festival del Cinema di Venezia – il Ministro Dario Franceschini annunciò che nel piano di 30 milioni di euro l’anno per il potenziamento, la ristrutturazione e la realizzazione di sale cinematografiche, avrebbe proposto una modifica affinché il 10 % venisse utilizzato per costruire cinematografi negli ospedali… Negli anni dal 2018 al 2021, il Ministero ha effettivamente destinato una quota pari al 10 % dell’ammontare delle risorse annue alla realizzazione – anche da parte di enti del terzo settore e altri soggetti pubblici nonché fondazioni – di nuove sale cinematografiche presso strutture ospedaliere pubbliche o private convenzionate, da adibire alla terapia di sollievo per i pazienti e dotate di soluzioni atte a garantire l’accessibilità anche ai pazienti a letto (l’accesso alle quali è a titolo gratuito)…

Un fondo speciale (interministeriale ma coordinato dal Mic), per sostenere la cultura che combatte il disagio…

Al di là di alcune commendevoli iniziative, continua a mancare una visione organica, sistemica, strategica, finanche olistica, del rapporto tra “cultura” e “disagio”.

Riteniamo che la competenza primaria (ovvero “la regia”) dell’intervento pubblico debba essere affidata al Ministero della Cultura, ma sarebbe opportuno ragionare su un coinvolgimento inter-istituzionale con i dicasteri che intervengono in materia di istruzione, università, ricerca, politiche sociali, politiche giovanili… Un “tavolo” inter-ministeriale appare indispensabile, così come una ricognizione critica delle risorse (comunque poche) finora destinate a queste attività.

Sarebbe opportuno istituire un fondo “ad hoc” per sostenere la cultura che combatte il disagio, come saggiamente è stato fatto – per esempio – per la promozione del cinema nelle scuole (in argomento, vedi “Key4biz” del 4 marzo, “Cinema e immagini per la scuola’ (Cips): dal 14 marzo i bandi, budget di ben 54 milioni”)…

E sarebbe necessario anche rafforzare la sensibilità (editoriale, strategica, politica) della Rai su queste tematiche: non basta aver istituito una struttura come Rai per il Sociale (diretta da Giovanni Parapini), se essa non viene dotata delle risorse adeguate; non basta trasmettere programmi come “O Anche No” (curata da Paola Severini Melograni), se non li si dota di un budget adeguato e se li si relega in fasce sepolcrali del palinsesto…

Torneremo presto su queste tematiche.

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