Questa mattina, venerdì 23 giugno 2023, il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato una lunga intervista esclusiva, benevola (nel senso di asettica ovvero acritica), alla iperattiva Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, che esercita, su delega del Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) l’intervento statale in materia di cinema e audiovisivo (ma anche, più in generale, su industrie culturali e creative, dal design alla moda): nel lungo articolo firmato da una penna sempre accurata qual è quella di Andrea Biondi, la Sottosegretaria segnala che è stato inviato alle associazioni (soltanto quelle imprenditoriali, temiamo) un “documento di riflessione sul tax credit”, preliminare ad una qualche correzione di rotta.
Sostiene Borgonzoni che la Direzione Cinema e Audiovisivo (guidata da Nicola Borrelli) sta lavorando ad “una revisione per restituire alla misura la sua forza propulsiva”.
Il che sta a significare che il “tax credit” avrebbe quindi perso la sua forza “propulsiva”?! Oh, perbacco! Ma non è sempre stato considerato uno strumento eccezionalmente efficiente ed efficace?!
L’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult è in grado di offrire alla comunità professionale del cinema e dell’audiovisivo un’altra esclusiva, forse non meno importante – almeno dal punto di vista tecnico (giuridico e economico) – ovvero il “documento di riflessione” citato dalla Sottosegretaria, che il quotidiano online “Key4biz” pubblica in calce a questo articolo, nell’economia della rubrica “ilprincipenudo” (non nuova – e ce ne possiamo fare vanto – a piccoli grandi “scoop” nelle politiche culturali italiane, che annoverano pochissimi giornalisti specializzati).
Lasciamo ai professionisti del settore un’analisi critica del “documento di riflessione”, che pure non è corredato da alcun dataset quali-quantitativo.
E già questa considerazione dovrebbe stimolare riflessioni critiche: come diavolo si può legiferare, decretare, regolamentare, e finanche “correggere una rotta”, se si è avviato un percorso senza adeguata strumentazione tecnica?!
Questa è una domanda che poniamo, anche su queste colonne (ed è stata anche alla genesi della ideazione di questa rubrica su “Key4biz”, ormai sette anni fa): se si continua ad ignorare la fondamentale lezione di Luigi Einaudi del “conoscere per deliberare”, si continuerà ad intervenire sul mercato della cultura in modo inevitabilmente approssimativo.
Il complessivo dataset del sistema culturale nazionale è ancora oggi estremamente deficitario, e lo dimostra anche l’ultima opera promossa, pur con le migliori intenzioni, dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ovvero l’ “Atlante delle Imprese Culturali e Creative in Italia”, cui abbiamo dedicato attenzione qualche settimana fa su queste colonne: vedi “Key4biz” del 9 giugno 2023, “L’Atlante della cultura della Treccani e la campagna estiva per il cinema a 3,5 euro: funzioneranno?”. Non sono sufficienti strumenti come i rapporti annuali di Federculture, di Symbola, di Civita, per comprendere il vero funzionamento delle industrie culturali e creative italiane.
Perché la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo resta un documento semi-clandestino?
Nello specifico del cinema e dell’audiovisivo, è evidente a tutti (o quasi) come la “valutazione di impatto” della Legge Franceschini del 2016 (strumento previsto dalla norma stessa, per il monitoraggio della sua attuazione), affidata da anni all’associazione temporanea di impresa Università Cattolica del Sacro Cuore e Ptsclas spa, non rappresenti uno strumento adeguato per radiografare seriamente, analizzare criticamente, le politiche pubbliche in materia.
Peraltro, va segnalato che questo “rapporto” viene pubblicato in modo semi-clandestino dal Ministero (sul sito web della Dgca), che non lo degna nemmeno di un comunicato stampa o di una presentazione pubblica. E ciò basti. Cui prodest?!
Questa “valutazione” di impatto non è oggetto di una pubblica discussione.
Abbiamo peraltro verificato che la quasi totalità degli operatori del settore non ne conosce nemmeno l’esistenza: perché questa dinamica comunicazionale “low profile”?!
L’ultima relazione ovvero il “report” riguardante l’anno 2021, è stata pubblicata sul sito della Dgca con data 24 gennaio 2023 ed una sorta di “executive summary” è stata pubblicata il 14 febbraio 2023: nessuno ha dedicato 1 riga una a questi due documenti, sui quali si presuppone il Ministero “governi” le politiche settoriali. Nemmeno una riga sulle testate professionali più qualificate, come “Box Office” o “TiVù” (gruppo e-duesse).
L’8 marzo 2023 è stato pubblicato il bando per la “valutazione” della Legge Franceschini per l’anno 2022, ma ad oggi (23 giugno 2023, a tre mesi dalla scadenza dei termini per la presentazione delle offerte) non si ha notizia se l’incarico sia stato riaffidato. E sarebbe per… la quinta volta! e con buona pace del principio generale della rotazione degli affidamenti delle Pubbliche Amministrazioni, se l’incarico venisse riaffidato a Cattolica e Ptsclas…
Queste considerazioni non hanno carattere polemico, ma semplicemente intendono rinnovare la critica nei confronti di un “modello di governo” che continua ad essere assolutamente fragile, inevitabilmente rozzo, inesorabilmente approssimativo.
Il “documento di discussione” elaborato dagli uffici della Dgca e del Sottosegretariato è forse il frutto di una lettura critica della “valutazione di impatto”?!
Perché, in effetti, studiando il report per l’anno 2021 non emerge una posizione critica da parte di Cattolica e Ptsclas rispetto a questo strumento: quindi va tutto bene?! Quindi il “tax credit” è realmente quello strumento decantato dai più?
Anzi, va segnalato che c’è chi auspica addirittura una “estensione” del tax credit anche al settore teatrale… ed altri ancora.
L’avvocato Michele Lo Foco, “vox clamantis in deserto”, rispetto alla deriva del tax credit…
Oppure una qualche piccola (grossa) criticità “intorno” al tax credit c’è…
Eppure l’unico a denunciare pubblicamente la deriva dello strumento è l’avvocato Michele Lo Foco, specializzato su queste tematiche, ma non ancora adeguatamente ascoltato dal Governo guidato da Giorgia Meloni. Lo Foco è uno dei massimi esperti del settore, è stato nel cda di Cinecittà e RaiNet, è stato nel Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (quel Csca, che, sulla carta, è il massimo organo consultivo del Ministero, ma si è dimostrato evanescente), nel cui consesso non è stato rinnovato ed è stato curiosamente sostituito dal Presidente dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa), Giancarlo Leone… Da decenni, Lo Foco è alfiere delle esigenze dei produttori indipendenti (ed anche di quelle “fasce più deboli” evocate da Borgonzoni nell’intervista), ma le politiche governative – da Franceschini a Sangiuliano – continuano a privilegiare i grandi produttori, sulla base di una logica monodimensionale (“size does matter”) la cui sanità (imprenditoriale e politica, e quindi culturale) è tutta da dimostrare.
La produzione cinematografica e audiovisiva italiana, a seguito della enorme iniezione assistenzialistica voluta dal 2017 da Dario Franceschini, mostra una numerologia incredibile: secondo il report della Dgca del Mic “Tutti i numeri del cinema italiano” nel 2021 (pubblicato anch’esso in sordina il 21 aprile scorso) sarebbero stati prodotti oltre 300 film (per la precisione: 313, a fronte dei 252 dell’anno 2020).
L’intervento della mano pubblica è nell’ordine di circa 800 milioni di euro, di cui circa 550 sono assorbiti dal “tax credit”…
E ciò basti.
Nessuno (ribadiamo: nessuno) si è però preso la briga di studiare che “fine” hanno fatto queste opere (“chi le ha viste?!”) e se tutti questi danari stanno producendo realmente organici effetti benefici sul settore (al di là della gioia dei produttori e dei lavoratori…).
Che il settore lavori, e tanto, è indubbio.
E che produca “ricchezza” è indubbio: e non potrebbe essere altrimenti a fronte di un simile generoso intervento della mano pubblica.
Che si assista ad una produzione parzialmente “gonfiata” (ed autoreferenziale) è però altrettanto indubbio.
Che la revisione del tax credit sia oggetto di pubblica discussione, e sulla base di dataset adeguati però
Comunque, se la Sottosegretaria ha deciso di avviare una revisione dello strumento del “tax credit”, significa che – evidentemente – qualche segnale di allarme deve essere finalmente giunto anche nelle stanze di Santa Croce in Gerusalemme (la sede della Direzione Cinema e Audiovisivo).
Si tratta di una notizia positiva e di una decisione encomiabile.
Si suggerisce però che questa “revisione” sia oggetto di un dibattito pubblico, aperto anche alle associazioni non imprenditoriali: gli autori ed i creativi non hanno forse diritto di parola, nelle politiche culturali italiane?! E magari potrebbero essere coinvolte anche le università (non soltanto la Cattolica, che sembra esercitare un quasi monopolio a Santa Croce) ed i centri di ricerca…
Anche di questo, scrivevamo giustappunto ieri su queste colonne: della debolezza delle associazioni degli autori e dei creativi (ma anche degli attori e dei tecnici) nel rapporto con le istituzioni (vedi “Key4biz” del 22 giugno 2023, “Intelligenza artificiale: l’importanza dell’approccio umanistico ed artistico. Due iniziative romane controcorrente”) e della limitata sensibilità del Ministero nei loro confronti.
La Sottosegretaria annuncia nuovi requisiti di accesso per le imprese e per le opere; aumento della quota data in acconto che passerebbe dal 40 al 50 % delle spese; lotta alle “rifatturazioni” da soggetti con sede legale fuori dal territorio nazionale, che magari fanno sponda per questo con aziende con sede in Italia… Peraltro c’è chi sostiene che esistono giri strani, in queste dinamiche, con “intermediari” – anche bancari – che approfittano della manna che arriva dal Ministero, talvolta con pratiche “borderline” rispetto alla normativa tributaria-fiscale… E d’altronde la stessa Borgonzoni fa un cenno al rischio di dinamiche “fraudolente”…
E, ancora, anche “premialità” per chi nelle proprie opere internazionali utilizza registi o attori principali italiani. Saggia osservazione…
E Lucia Borgonzoni accoglie le istanze di Gina Nieri: anche Mediaset acceda al tax credit… E poi anche Netflix?
Andrea Biondi segnala che è in discussione anche la possibilità di estendere le agevolazioni ai produttori non indipendenti (collegati ai broadcaster) europei, e qui è inevitabile pensare che Lucia Borgonzoni abbia deciso di accogliere l’istanza di Gina Nieri, la “domina” del Gruppo Mediaset (Consigliera di Amministrazione con ampie deleghe). In effetti, in una lunga intervista (anche questa benevola assai) di Anna Rotili sul mensile “Prima Comunicazione” (che talvolta sembra una sorta di “house organ” di Anica ed Apa), in edicola da lunedì scorso 19 giugno, domanda “Tax credit: Fremantle sì e noi no?”.
Il mensile diretto da Alessandra Ravetta sottotitola: “Gina Nieri, manager di punta di Mediaset, rivendica il diritto per Taodue di accedere agli incentivi fiscali per i produttori. Contraria l’Apa, mentre il commissario dell’Agcom Giacomelli propone di rivedere le regole”.
Non si deve essere appassionati “dietrologhi” à la Roberto D’Agostino per capire che le istanze di Mediaset sono state accolte a Santa Croce.
E d’altronde come dare torto a Nieri, in nome di una sana “italianità” della cultura?!
Lo Stato italiano aiuta Fremantle (Rtl) e Cattleya (Itv) in nome della “italianità” della cultura?
In effetti, la Legge Franceschini ha alimentato le casse di molte società di produzione, alcune delle quali sono poi state acquistate da gruppi multimediali stranieri: un paradosso, allorquando si vuole rafforzare il tessuto industriale (e non anche il tessuto culturale?) del Paese. Anzi, oggi si direbbe della… Nazione.
Si ricordi – e sono soltanto un paio di esempi – che Cattleya è ormai di proprietà di Itv Studios, società del broadcaster inglese Itv, e che il polo televisivo Rtl controlla Fremantle…
Questa è una delle (tante) contraddizioni del sistema normativo italiano.
Nell’intervista, Nieri giustamente rimarca come Fremantle sia una società britannica controllata da un broadcaster lussemburghese… Perché lo Stato italiano deve aiutare una simile impresa e discriminare invece Taodue in nome di un concetto di “produttore indipendente” che – nell’ottica di una integrazione verticale della filiera – è ormai sempre più sfuggente, e comunque non interpretato nel senso più autentico del termine?!
La “fase d’oro” della produzione italiana è reale o apparente? Crescita vera o mero risultato della manna assistenzialistica?
Si auspica che il dibattito fuoriesca dalle ovattate stanze di Santa Croce e dell’Anica e dell’Apa, e venga aperto – come suol dirsi – alla “società civile”, a tutti gli “stakeholder” del sistema, non soltanto imprese. Che non sono soltanto i produttori cinematografici e audiovisivi rappresentati dall’Anica e dall’Apa…
Dichiara Borgonzoni: “la produzione audiovisiva vive una fase d’oro”, ma al tempo stesso è lei a riconoscere “il rischio di sprecare forze e risorse”…
Si deve “chiarire al meglio il quadro delle possibilità e degli interventi”.
Bene. Giusto. Ma come farlo, senza dataset adeguati ed analisi critiche indipendenti?! Sulla base delle comode nasometrie interessate delle confindustriali Anica ed Apa???
Torneremo presto su queste tematiche, confidando che la Sottosegretaria accolga l’invito alla pubblica discussione ed alla massima trasparenza.
Utilizzando magari una strumentazione tecnica ad oggi ancora indisponibile. E forse serve più di quella “decina di giorni” che Borgonzoni ha dichiarato a Biondi essere il termine per ricevere le osservazioni delle “associazioni rappresentative”…
La presunta “fase d’oro” della produzione cinematografica e audiovisiva italiana potrebbe presto rivelarsi una “grande bolla”.
Clicca qui, per il “Documento di riflessione sul tax credit per la produzione nazionale”, curato dalla Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, versione 22 giugno 2023
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.