Il Sottosegretario alla Trasformazione Digitale Alessio Butti, in una lunga intervista rilasciata ad Euractiv, frena sul cosiddetto ‘Fair share’ e richiama alla cautela sulla possibile introduzione della ‘tassa su Internet’, il contributo da richiedere alle grandi Big Tech per realizzare le reti in fibra e 5G europee.
La svolta sul Fair Share
In precedenza, l’Italia si trovava su posizioni diverse e insieme a Francia e Spagna spingeva per accelerare un’iniziativa a livello Ue, voluta in primis dal commissario l mercato Interno Thierry Breton, per far sì che i principali generatori di traffico come Google e Netflix contribuissero ai costi per le nuove infrastrutture di rete.
L’iniziativa basata sul principio del ‘senders pay’, secondo cui chi invia traffico deve pagare per le reti, è stata accolta in modo controverso in Europa, creando tensioni fra stati membri sfociati ennal riunione del Consiglio fra i ministri titolari delle Tlc del 2 giugno scorso.
Butti ‘rapporto OTT-Telco equilibrato, vantaggi reciproci’
“Secondo l’opinione della maggior parte dei paesi europei, l’attuale rapporto tra OTT [over-the-top] e operatori di telecomunicazioni è equilibrato, con vantaggi per entrambe le parti. Questa è anche la posizione del governo italiano”, ha dichiarato in esclusiva a EURACTIV Alessio Butti, segretario di Stato italiano per la transizione digitale.
Butti è molto più cauto del suo predecessore Vittorio Colao, ex Ceo di Vodafone Group. Butti ha definito “non attuale” qualsiasi proposta in questa fase e si è unito a coloro che chiedono alla Commissione Ue di mostrare prove maggiori e più dati prima di avanzare qualsiasi nuovo provvedimento.
Un argomento comunque divisivo in Italia, anche all’interno di FdI. La posizione definitiva del nostro paese giungerà dopo l’esito finale della consultazione Ue sulla connettività del futuro.
E così, mentre la maggioranza del Parlamento Ue ha votato a favore di una risoluzione a favore del Fair Share, il sottosegretario Butti sottolinea che la domanda di contenuti è il driver principale dell’accesso a banda larga. Nel caso di un contributo da parte dei content provider, si verrebbe a creare una situazione in cui gli operatori Tlc usano il loro potere di mercato e si trovano a fronteggiare faccia a faccia i clienti.
“Ciò avrebbe un impatto negativo sui fondi a disposizione degli OTT per gli investimenti in contenuti europei di qualità e sull’ecosistema più ampio. In questo caso, i consumatori sarebbero influenzati negativamente dall’aumento dei prezzi al dettaglio”, ha detto Butti.
Ma anche la Commissione Ue ultimamente sembra frenare sul Fair share.
Buon rapporto fra content provider e service provider
Inoltre, Butti ha osservato che il principio del pagamento del mittente “rischia di interrompere una cooperazione efficiente tra fornitori di contenuti e applicazioni e fornitori di servizi Internet”.
“Si rischia di creare un circolo vizioso di prezzi più alti, domanda in calo, minor scelta e minor utilizzo a scapito di tutti i player di mercato e dei consumatori, mettendo in pericolo gli obiettivi della ‘Digital Decade 2030’’.
Butti ha poi ribadito che Roma sostiene la rapida implementazione di nuove generazioni di reti come la fibra e il 5G, sottolineando inoltre la necessità di rendere queste reti più efficienti, in particolare con l’ampia adozione dell’edge cloud computing.
5G e fibra, Butti: ‘In Italia non mancano i soldi per investire’
Butti ha anche contestato l’idea del divario di investimenti percepito, che uno studio WIK sponsorizzato dalla Commissione stima essere di almeno 174 miliardi di euro, rilevando che ci sono già massicci investimenti nelle infrastrutture di telecomunicazione, con altri in arrivo.
“Il problema dell’Italia non è certo la mancanza di investimenti”, ha detto Butti, sottolineando l’abbondanza di denaro pubblico proveniente dai fondi europei di coesione e dalla Recovery and Resilience Facility. “I soldi ci sono, ma gli operatori non stanno facendo il suo lavoro in tempo.”
Inoltre, il segretario di Stato ha contestato l’argomento degli operatori di telecomunicazioni secondo cui il ritorno sugli investimenti è troppo basso, sostenendo che il problema si riduce alla loro stessa struttura tariffaria.
“I prezzi della fibra al dettaglio in Europa non sono regolamentati e vengono decisi autonomamente dagli operatori di telecomunicazioni in base alle loro strategie di marketing e di business. Gli operatori di telecomunicazioni fanno offerte illimitate, volontariamente, solo perché vogliono aumentare la domanda e riempire le loro reti”.
Eppure, ha aggiunto, le reti in fibra sono praticamente inutilizzate nel mercato italiano perché gli abbonati non sono disposti a pagare un sovrapprezzo per la connettività in fibra. Se i fornitori di contenuti venissero tassati per il traffico che generano, potrebbero decidere di degradare i loro contenuti o aumentare i prezzi, riducendo la domanda di reti ad altissima capacità.
Butti si è anche opposto all’opinione secondo cui gli OTT generano traffico mentre la domanda di traffico proviene dagli utenti perché “i consumatori dettano il proprio utilizzo della larghezza di banda”.
Costi per la rete non correlati al traffico
Un altro argomento che ha respinto è che i costi di investimento nella rete sono direttamente correlati alla crescita del traffico.
Facendo eco al parere dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), osserva che i costi per le reti fisse non sono sensibili al traffico e quelli per il traffico mobile sono bassi e continuano a diminuire.
Come è noto, il BEREC è contrario alla proposta di far pagare alle piattaforme le infrastrutture di telecomunicazione. L’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche ha sollevato diversi punti critici nella sua valutazione preliminare di un imminente modello senders-pay che vedrebbe la piattaforma più data-intensive contribuire al finanziamento delle reti digitali.
Qual è il vero tasso di utilizzo della fibra?
“Un aspetto che vorrei esplorare, e dovrebbe farlo anche la Commissione europea, riguarda il vero tasso di utilizzo delle nuove reti in fibra e come utilizzarle in modo più efficiente rispetto a come vengono utilizzate oggi”, ha aggiunto Butti.
In particolare, Butti ha osservato che in Italia gli operatori di telecomunicazioni lamentano un basso utilizzo di nuove reti in fibra e chiedono l’aiuto del governo per aumentare e sostenere la domanda. Ma tutto ciò sembra difficile da conciliare con le lamentele secondo cui gli OTT spingono sistematicamente verso l’alto la domanda di traffico.
“È illogico tassare esattamente ciò che vogliamo promuovere di più, vale a dire la digitalizzazione”, ha affermato, aggiungendo che un’iniziativa sul Fair share scoraggerebbe gli investimenti nella digitalizzazione e favorirebbe gli operatori con sede al di fuori dell’Europa.