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Tappi di sughero

James Hansen

Il sughero è sotto attacco. È sì ‘naturale’—è quindi per definizione, buono—ma proprio questo è il punto debole, almeno visto dall’angolazione emotiva. Lo si raccoglie periodicamente scorticando vive (!) le querce da sughero (Quercus suber, o ‘sughera’) della loro densa corteccia, un’attività vista da alcune anime tenere come una forma di ‘crudeltà’ verso le piante – malgrado la vita media di questi alberi sia di 250-300 anni.

Le occasionali manifestazioni di protesta contro la pratica ’sugheraia’ non raccolgono grandi consensi e l’obiezione concreta all’uso del materiale riguarda soprattutto il costo e i problemi posti proprio dalla sua naturalezza organica: l’irregolarità e la prevedibile variabilità del prodotto.

Spesso impiegato per l’isolamento termico o acustico, l’uso più noto è quello per i tappi delle bottiglie di vino, una pratica che si va lentamente abbandonando in molte parti del mondo ma che ‘regge’ ancora nei paesi mediterranei come l’Italia, dove l’abbinamento ‘sughero vero’ e vino è tuttora percepito come una sorta di garanzia di qualità – malgrado l’occasionale problema della bottiglia che “sa di tappo”- mentre le chiusure di plastica o metalliche sono malviste.

Dove il sughero resta sostanzialmente indiscusso – nonostante i ‘tappacci’ di plastica schifosi degli spumanti di poco conto – è nei vini frizzanti pregiati, nello champagne e negli spumanti di alto bordo. Qui subentra però, un altro problema curioso: la violenza con cui il tappo ‘erutta’ dalla bottiglia quando si apre.

Un recente studio indica che, ‘al lancio’, la fuga di gas che spinge il tappo fuori dalla bottiglia può raggiungere – brevemente – velocità supersoniche. Ogni anno, specialmente durante la stagione delle feste, si verificano casi di persone che perdono un occhio dopo essere state colpite da un tappo volante.

Si riferisce – non molto verosimilmente – addirittura di consumatori di champagne uccisi dal tappo. Articoli in rete citano il caso di un Ammiraglio britannico, Lord George Paulet, che—dicono— sarebbe morto nel 1808 dopo avere preso un tappo nell’occhio. Sono dei falsi, Paulet è effettivamente esistito, ma è nato nel 1803…

Comunque sia, il rischio di ferimento esiste, per quanto sia dovuto più alla rottura della bottiglia che al suo tappo. Intanto, la ricerca per un diverso e più soddisfacente tipo di chiusura per i vini frizzanti prosegue. Un dirigente del gigante mondiale nel settore delle chiusure, l’italiana Guala Closures, lo descrive come il “sacro graal” del suo settore…

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