Si allarga il fronte della critica ai tagli della spesa IT nella PA, contenuti nella Legge di Stabilità al vaglio della Camera. Al coro dei no, che va da Confindustria Digitale, ai comuni fino alle regioni, ieri si è aggiunta la voce del presidente dell’Inps Tito Boeri, secondo cui il dimezzamento della dotazione finanziaria per l’informatica metterebbe a rischio il funzionamento stesso dell’Istituto.
Anche i tecnici della Camera avrebbero dal canto loro avanzato dubbi sul modello di accentramento della domanda proposto nel documento, mentre ulteriori rilievi sulla formulazione dell’articolo 29, già emendata al Senato, arrivano anche dalla Conferenza delle Regioni, secondo cui è opportuno perfezionare “l’articolato salvaguardando gli scopi di efficientamento e risparmio, peraltro condivisi dalle Regioni, ma rendendo le norme applicabili nel concreto”, ha detto il presidente della commissione speciale Agenda Digitale Paolo Panontin, secondo cui inoltre permangono “perplessità rispetto all’effettiva possibilità che l’Agenzia per l’Italia Digitale- AgID possa avere sufficiente autonomia e disponibilità di informazioni per la predisposizione di un Piano triennale dell’informatica nella pubblica amministrazione che pare comprendere anche gli Enti locali e le Regioni. Se così fosse, andrebbero previste forme di collaborazione e di validazione del piano da parte degli enti territoriali, che non solo potrebbero contribuire nella specificazione dei contenuti, ma anche assumersene la responsabilità”.
In altri termini, la Conferenza delle Regioni si domanda se l’Agid sia in grado e abbia le risorse necessarie per mettere a punto il piano triennale di investimenti di tutte le amministrazioni pubbliche.
Panontin aggiunge anche che “sul fronte dei termini utilizzati non è chiaro cosa si intenda, infatti, per ‘spese da sostenere per l’innovazione’ e ‘beni e servizi strategici’ e come questi possano essere posti in antitesi, in taluni casi, con le spese per la gestione corrente. Se l’obiettivo di risparmio di spesa è riferito nello specifico alla ‘sola gestione corrente del settore informatico’ – conclude – non si capisce come trovi attuazione pratica e se si applichi al caso delle in-house Ict delle Regioni e degli Enti locali”.
In altre parole, non è chiaro se gli obiettivi di risparmio fissati dall’articolo 29 della Legge di Stabilità valgano anche per le società in house delle amministrazioni pubbliche oppure no.
La spesa ICT in Italia rispetto ai big della Ue
La spesa informatica della Pubblica Amministrazione in Italia è in calo da tempo e il nostro paese è indietro rispetto ai maggiori paesi europei in termini di budget IT da destinare a comuni, regioni e enti locali in genere.
E’ quanto emerge dai dati diffusi recentemente da Assinform/NetConsulting cube, secondo cui nel 2014 la spesa ICT nella PA locale e centrale del nostro paese è stata complessivamente di poco superiore a 5 miliardi di euro, in calo del 2% rispetto al 2013. In particolare, la spesa ICT nella PA locale nel 2014 è stata di 2,4 miliardi e di 2,6 miliardi nella PA centrale.
C’è da dire che nel 2013 la spesa complessiva in ICT nella Pubblica Amministrazione è stata di 5,191 miliardi, in flessione del 9,3% rispetto ai 5,725 miliardi del 2012.
In tre anni, dunque, fra il 2012 e il 2014 il calo degli investimenti in innovazione digitale nella PA è stato di 636 milioni di euro circa, segnando un complessivo -11%.
Il confronto con i maggiori paesi europei parla chiaro: l’Italia è il paese insieme alla Spagna che fra le più grandi economie europee spende in proporzione meno in ICT per il settore pubblico, con un’incidenza sul PIL dello 0,3% della spesa nel 2014, a fronte dello 0,5% di Francia e Germania e dello 0,9 del Regno Unito.
La spesa ICT nella PA per cittadino in Italia è pari a 85 euro, a fronte di 99,2 euro in Spagna, 186,3 euro in Francia, 207,2 euro in Germania e 322,8 euro nel Regno Unito.
L’anno scorso, la spesa Ict nella PA per dipendente in Italia è stata di 1.311 euro in Italia, 1.521 euro in Spagna, 2.261 euro in Francia, 2.752 euro in Germania e 2.829 euro nel Regno Unito.
Gli obiettivi di risparmio contenuti nella Legge di Stabilità implicherebbero una riduzione della spesa di circa 2,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni.
Su questo scenario, insiste Confindustria Digitale “ribadiamo la nostra contrarietà, espressa fin dal momento della presentazione in Parlamento del testo dell’art.29, a riduzioni degli stanziamenti per l’innovazione digitale della Pubblica Amministrazione”. Una “contrarietà” che ha spinto la federazione delle imprese dell’Ict a chiedere “la soppressione della norma in questione”. Confindustria Digitale, che si è data come mission la realizzazione di un’agenda digitale italiana, ritiene infatti che “gli investimenti per l’innovazione digitale debbano aumentare significativamente”.
E’ questa la via, sottolinea la federazione delle aziende dell’Ict, “sia per conseguire gli obbiettivi ambiziosi del Governo di crescita economica e modernizzazione del Paese” sia, avverte, per raggiungere “significativi risultati per rendere efficiente la spesa pubblica e contrastare l’evasione fiscale e contributiva”.
Vedremo se alla Camera l’articolo 29 della Legge di Stabilità sarà ulteriormente emendato dopo l’intervento del Senato.