La lettera

Bitcoin energivori secondo Stoccolma: “Mettono a rischio gli obiettivi climatici UE”

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L’energia rinnovabile costa poco ed è abbondante, per questo molti miners si sono spostati in Svezia, ma ora Stoccolma vuole limitare queste attività, perché troppo energivore: sottraggono risorse alla decarbonizzazione dell’industria e dell’economia nazionali. Chiesto intervento di Bruxelles.

Le Autorità finanziarie e ambientali svedese contro il bitcoin

Dal mese di aprile a quello di agosto 2021, in Svezia l’estrazione di bitcoin ha richiesto tanta energia quanta generalmente ne consumano 200 mila famiglie.

La denuncia è stata fatta dal direttore dell’Autorità svedese per la vigilanza finanziaria, Erik Thedéen, e dal direttore dell’Agenzia nazionale per la protezione ambientale, Björn Risinger, che sono molto preoccupati delle attività di mining nel Paese scandinavo e dei grandi consumi energetici associati.

In una lettera ufficiale, le autorità svedesi chiedono all’Unione europea di intervenire per fermare o quanto meno limitare fortemente il mining di criptovalute ad alta intensità energetica, in particolare i bitcoin.

Il sistema Proof-of-Work ad alta intensità energetica

Il documento si sofferma, in particolare, sul metodo di estrazione basato sul meccanismo del “proof-of-work” o PoW.

In una blockchain, il PoW non è altro che il sistema di conferma di una transizione e di produzione di nuovi blocchi per la catena. I minatori devono confermare la transizione e organizzare i prossimi blocchi impiegando molta potenza di calcolo per risolvere problemi matematici piuttosto complessi, a cui consegue un certo consumo di energia.

I minatori entrano in competizione per risolvere questi problemi (un processo noto come hashing) e il vincitore, che aggiorna la blockchain e verifica le transazioni più recenti, organizzando i blocchi successivi, riceverà come ricompensa delle criptovalute.

Il sistema PoW è impiegato soprattutto nelle blockchain bitcoin ed ethereum.

La richiesta all’UE di vietare il mining (soprattutto di bitcoin)

Questa competizione accresce il consumo di energia da parte delle apparecchiature impiegate ed è proprio questo processo che il Governo svedese vorrebbe limitare se non impedire.

Se Bruxelles intervenisse, si legge nel commento al documento su euronews.com, Stoccolma potrebbe a sua volta regolamentare più rigidamente il settore, arrivando ad impedire nuove operazioni di mining e di contenere le politiche di greenwashing di molte imprese e attività commerciali che investono nelle criptovalute (pubblicizzando la sostenibilità ambientale del proprio business).

L’energia rinnovabili serve a decarbonizzare l’economia non a minare

Il punto è che le Istituzioni svedesi non vogliono che l’estrazione di criptovalute vada a sottrarre energia pulita ottenuta da fonti rinnovabili, soprattutto vento e acqua, che invece potrebbe essere dirottata in altri ambiti di consumo per contribuire alla decarbonizzazione dell’economia e dell’industria nazionale.

La disponibilità di energia pulita a basso costo ha attratto molti minatori in Svezia e anche Norvegia, soprattutto di quelli in fuga dalla Cina.

Oggi, con l’energia elettrica necessaria per estrarre un bitcoin, si legge nella lettera, si potrebbero percorrere 1,8 milioni di km con un’auto elettrica di medie dimensioni.

Un volume di consumi che equivale a 44 giri intorno al mondo e ogni giorno in Svezia vengono estratti 900 bitcoin, “questo non è uno ragionevole ed etico della nostra energia rinnovabile”, concludono le due Autorità firmatarie del documento.

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