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Studio Ue sulla trasformazione del mondo del lavoro, il 40% degli occupati senza competenze digitali

Il 14% circa dei lavoratori nei Paesi Ocse (Organizzazione internazionale del commercio e dello sviluppo) è a rischio disoccupazione tecnologica. Si va da un minimo del 6% in Norvegia ad un massimo del 33% in Slovacchia. In Italia il rischio è calcolato tra il 13,7% ed il 15,6%. Automazione diffusa, intelligenza artificiale, software technologies, machine learning, robotica, internet of things (IoT), sono questi i fattori chiave che stanno trasformando il mondo del lavoro.

È quanto contenuto nel nuovo studio del Centro comune di ricerca JCR (Joint Research Centre), il polo scientifico e di conoscenze della Commissione europea, dal titolo “The changing nature of work and skills in the digital age”. Il documento appena pubblicato analizza l’impatto della tecnologia sui mercati del lavoro e la necessità di adattare le politiche in materia di istruzione per rafforzare le competenze digitali.

I progressi tecnologici producono una rapida evoluzione del lavoro e delle competenze richieste dal mercato e l’Unione europea è chiamata a rispondere con urgenza con strategie e politiche mirate. Solidi elementi di prova sono il primo passo per concepire politiche adeguate alle esigenze future e che garantiscano a tutti la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie in modo sciolto, creativo e sicuro”, ha dichiarato il Commissario per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport e responsabile per il Centro comune di ricerca, Tibor Navracsics, commentando lo studio.
La relazione di oggi contribuisce a suffragare importanti iniziative che ho avviato negli ultimi cinque anni, come il piano d’azione per l’istruzione digitale e lo spazio europeo dell’istruzione”.

Un documento utile a comprendere al meglio in che modo la tecnologia ed il digitale stanno trasformando il mondo del lavoro e della formazione: “La tecnologia modifica i mercati del lavoro creando nuove forme di lavoro. Disporre di informazioni sull’impatto di questi cambiamenti sui lavoratori è fondamentale per garantire che da un lato abbiano le competenze richieste e dall’altro continuino a essere protetti”, ha spiegato la Commissaria per l’Occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori, Marianne Thyssen.

D’altronde, in assenza di politiche dedicate all’innovazione del mondo del lavoro e alla formazione avanzata dei lavoratori stessi, nonché di nuovi programmi scolastici e universitari, il rischio della disoccupazione tecnologica potrebbe anche interessare il 50% delle mansioni a basso livello di specializzazione in Francia e il 78% in Polonia.

Non in tutti i Paesi europei tale dato è uguale, dipende dal contesto legislativo e regolatorio, dal sistema dell’istruzione e dai programmi di formazione 2.0 e 4.0.
Ovviamente, è difficile prevedere quanto l’innovazione tecnologica ed il digitale, oltre che creare disoccupazione, siano anche in grado di dare vita a nuovi posti di lavoro.
È sicuro che accadrà, non c’è certezza del trend a causa dei diversi contesti locali.
Lo studio, comunque, prova a delineare possibili scenari, ad esempio: nel settore servizi e retail, le nuove competenze digitali potrebbero vedere crescere i posti di lavoro di un 2% tra il 2016 ed il 2030, tra i professionisti ICT e gli ingegneri IT di un +16%, mentre tra i lavoratori con gli skills più elevato di un +15% (professori, avvocati, manager, medici, professionisti in generale).

Oggi, in Europa il 40% circa dei lavoratori non ha competenze digitali, o ne ha solo ad un livello elementare.

Più basso il livello medio di competenze tecnologiche, più lenta la trasformazione digitale della nostra società. In Europa il dato medio delle imprese che fanno uso di tecnologia per l’Intelligenza artificiale è di 28 su 100.000.
Il dato più alto è quello di Malta e Regno Unito, rispettivamente 45 e 40 ogni 100 mila, il più basso è condiviso da un gruppo di Paesi sotto le 10 aziende ogni 100 mila, tra cui Slovacchia, Polonia, Romania, Ungheria, Italia, Repubblica Ceca e Portogallo.

L’estate scorsa, la Commissione europea ha proposto il “programma Europa digitale” da 9,2 miliardi di euro per far fronte alle sfide digitali emergenti.
La priorità, al momento, va data all’istruzione e alla dimensione sociale, come dimostrano ad esempio il pilastro europeo dei diritti sociali, annunciato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione nel novembre 2017 e il piano d’azione per l’istruzione digitale, che è un elemento fondamentale dello spazio europeo dell’istruzione, presentato dalla Commissione nel 2018.

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