Lo streaming (audio e video) sta esplodendo anche in Italia. Nella prima metà dell’anno è cresciuto del 37% rispetto allo stesso periodo del 2014, ma resta il nodo della disponibilità di banda.
Il 22 ottobre è sbarcato anche Netflix, la popolare piattaforma americana di servizi in streaming, e le offerte online sono molto più ampie e numerose anche da parte degli altri player come Sky online, Infinity di Mediaset o TimVision di Telecom Italia.
Tutto questo fa tremare le nostre reti.
Saranno in grado di reggere l’esplosione del traffico?
A lanciare l’allarme è Les Echos che nell’articolo ‘Le numérique, une priorité nationale pour l’Italie de Renzi‘ fa il punto della situazione italiana evidenziando alcune criticità del nostro Paese a partire da un ritardo che secondo il quotidiano è di tipo ‘strutturale e culturale’.
Un articolo molto critico e dettagliato che va al cuore della strategia di Renzi per il digitale, per concludere che adesso ‘deve spingere l’acceleratore’.
Il tutto avviene mentre Francia e Germania sono entrate a gamba tesa nel piano di rilancio del Mercato Unico Digitale, portando avanti una strategia molto dura contro le multinazionali del web americane, e mentre due big francesi come Niel e Bolloré hanno investito in Telecom Italia, aprendo un forte dibattito nazionale.
L’Italia è evidentemente sotto la lente dei francesi. Se dal punto di vista degli investimenti l’Italia appare chiaramente interessante e piena di nuove opportunità, dall’altro forse, ma ribadisco forse, si intuisce che si vorrebbe qualcosa in più da Renzi che, anche sul fronte della Digital Tax tanto cara a francesi e tedeschi, ha spinto nuovamente avanti la palla chiedendo che sia la Ue ad agire altrimenti lo farà l’Italia ma solo nel 2017.
Il gap italiano
“Non c’è da stupirsi che Matteo Renzi tenga costantemente gli occhi sul proprio telefonino per comunicare a colpi di tweet, hashtag e post su Facebook o su Instagram… Come i suoi compatrioti, il presidente del Consiglio italiano preferisce usare il proprio smartphone piuttosto che il computer di Palazzo Chigi per navigare più velocemente su internet”, scrive Les Echos, spiegando che grazie a numerosi investimenti realizzati in questi ultimi anni, l’Italia può, infatti, vantare una rete di telefonia mobile “moderna ed efficiente”.
Ma per la banda larga le cose cambiano. Qui l’Italia registra un ritardo preoccupante.
Secondo la Commissione Ue solo il 21% delle abitazioni italiane ha l’accesso veloce a internet e il tasso di utilizzo effettivo del web è del 58% contro una media del 75% dei Paesi vicini.
Un terzo degli italiani non ha mai usato internet contro una media europea del 18%.
Stando all’analisi di Ookla, l’Italia è al livello dei Paesi balcanici, Grecia e Turchia, e sotto a Ucraina, Polonia e Bielorussia.
Secondo l’Agenda Ue per il 2020 tutti i cittadini dovranno avere un accesso ad almeno 30Mb/s e tra questi almeno l’85% a 100 Mb/s o anche di più.
L’Italia è in ritardo nonostante il premier Renzi abbia messo il Piano nazionale per la banda ultralarga tra le priorità del suo governo.
Sei miliardi di euro in cinque anni, di cui due miliardi dai fondi Ue, per far accelerare il Paese.
Telecom Italia prevede di investire 10 miliardi di euro in tre anni (2015-2017) nelle reti di nuova generazione di cui tre miliardi solo per la fibra ottica.
Cosa tutt’altro che insignificante nel momento in cui dalla Francia Xavier Niel e Vincent Bolloré manifestano pubblicamente le loro ambizioni per il mercato italiano delle tlc.
Italia, paese di vecchi
Un ritardo che secondo Les Echos è di tipo strutturale, come abbiamo visto, ma anche culturale: la popolazione è la più anziana d’Europa.
Risultato, un quasi analfabetismo digitale, “causa e conseguenza di una domanda anemica di connessioni più veloci che comunque infrastrutture quasi inesistenti sarebbero incapaci di offrire”.
I cellulari hanno per un certo tempo alleviato queste carenze ma la situazione è cambiata negli ultimi anni.
Nella maggior parte delle case italiane, continua Les Echos, il Wi-Fi non riesce più a far fronte alle esigenze di velocità dei numerosi smartphone, computer, stampanti digitali e tablet che usano i diversi membri delle famiglie.
L’esplosione dei contenuti in streaming, la crescita dell’Internet of Things, l’eHealth, la gestione dell’energia o le smart cities che figurano tra le priorità del piano di crescita del governo, “sono incompatibili – secondo Les Echos – con la lentezza delle attuali connessioni”.
Per non parlare poi delle startup che, ricorda il quotidiano, sono 2.716 in tutta la penisola mentre solo Parigi e la sua periferia ne contano 12.000.
“Renzi – conclude Les Echos – si vanta di aver riavviato il motore della crescita in Italia. Adesso bisogna spingere sull’acceleratore”.