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In soli nove mesi nel 2023 ogni giorno, sabato e domeniche compresi sono arrivate 30.581 chiamate al numero rosa antiviolenza 1522. Lo dice l’Istat nel bollettino trimestrale che traccia le statistiche delle chiamate al numero per denunciare abusi di genere. Questo vuol dire che ogni giorno arrivano 113 richieste di aiuto, via telefono o chat, per uscire da una situazione di violenza. Rispetto allo stesso periodo del 2022 si registra un aumento del 36%. Attenzione, bisogna specificare che questi numeri comprendono anche le donne che chiamano più volte, infatti non è solo con una chiamata che si trova il coraggio per uscire dalla spirale e denunciare.
Per capire l’entità del fenomeno della violenza di genere sono quindi interessanti anche le percentuali delle chiamate relative al primo contatto con gli operatori, queste rispetto al 2022 sono cresciute del 24,8%. Ma il dato che deve fare riflettere è questo: considerando la temporalità delle violenze, emerge che la maggioranza delle vittime, il 64,5% ha subìto violenze per anni, mentre il 25,5% ha vissuto situazioni di violenza per mesi. Solo il 10% delle richieste di aiuto proviene da vittime che hanno subìto uno o pochi episodi di violenza. Quindi non siamo davanti a raptus o perdite improvvise di lucidità che portano l’uomo alla violenza: siamo davanti a un atteggiamento che nella maggior parte dei casi è recidivo.
Statistiche sul femminicidio, solo il 15,8% delle vittime denuncia
L’analisi delle tipologie di violenze riportate evidenzia che, per circa il 47,6% delle vittime, la motivazione principale per richiedere aiuto è rappresentata dalla violenza fisica. La violenza psicologica si colloca al secondo posto, coinvolgendo il 36,9% delle chiamate. Nel 62,3% dei casi in cui le vittime subiscono più di un tipo di violenza, la violenza psicologica emerge come la forma più significativa. In situazioni di violenze multiple, la violenza economica, insieme a quella fisica, è più frequentemente associata ad altre forme (12,1%).
Considerando la temporalità delle violenze, emerge che la maggioranza delle vittime, il 64,5% ha subito violenze per anni, mentre il 25,5% ha vissuto situazioni di violenza per mesi. Solo il 10% delle richieste di aiuto proviene da vittime che hanno subito uno o pochi episodi di violenza.
Curiosamente, nonostante la gravità delle situazioni, emerge una resistenza diffusa nel denunciare alle autorità competenti, con solo il 15,8% delle vittime che ha effettuato una denuncia nei tre trimestri considerati. Tale reticenza si manifesta anche nelle situazioni di violenza protratte nel tempo, con il 59,4% delle vittime che, nonostante la durata prolungata della violenza, sceglie di non denunciare. Ci chiediamo se Giulia Cecchettin, avesse mai alzato il telefono per chiedere aiuto.
Giulia Cecchettin è il nome dell’ultima vittima. Ma i dati ci dicono che sarà ultima per poco. E prima di lei: Francesca Romeo, uccisa a colpi di fucile in Calabria mentre tornava dal turno di notte del servizio di guardia medica; Patrizia Lombardi, strangolata presumibilmente dal figlio a Capodrise, nel casertano.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin
Il 18 novembre 2023 il corpo senza vita di Giulia Cecchettin, 22 anni, è stato ritrovato sulle sponde del lago di Barcis, vicino a Pordenone, dopo essere scomparsa l’11 novembre con l’ex fidanzato Filippo Turetta. I due erano studenti di ingegneria all’Università di Padova e avevano una relazione passata. Le indagini hanno rivelato che Turetta aveva agito in modo possessivo dopo la rottura, manifestando sentimenti depressivi e atteggiamenti ricattatori.
Le ricerche dei due scomparsi, Giulia Cecchettin e l’ex fidanzato Filippo Turetta, sono durate giorni. I loro smartphone si sono spenti il 11 novembre alle 23.00 con l’ultima cella telefonica a Fossò, Venezia. Alle 23.15, un testimone ha visto i due litigare in un parcheggio di Vigonovo. Le indagini hanno rivelato che l’auto di Turetta è stata registrata da una telecamera alle 23.30 a Fossò, dove sono state trovate tracce di sangue e riprese video dell’aggressione. Durante la colluttazione Giulia è stata ferita e colpita a calci e pugni.
Dopo essere stata riportata nella vettura da Filippo Turetta, Giulia Cecchettin ha tentato di fuggire, ma è stata inseguita e brutalmente colpita alle spalle, cadendo sull’asfalto. Turetta ha continuato l’aggressione a calci e pugni e con un arma, forse un coltello, fino a quando Giulia ha perso definitivamente le forze. A quel punto è stata caricata nel bagagliaio dell’auto e Turetta si è allontanato cercando la fuga fino all’arresto in Germania.
I centri antiviolenza sono insufficienti
L’Istat – in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità e le Regioni – ha analizzato la situazione sui 272 centri anti-violenza- L’indagine dell’Istat sottolinea prima di tutto che la forze messe in campo contro la violenza di genere sono ampiamente insufficienti. Perché? La legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del 2013 individua come obiettivo quello di avere un centro antiviolenza ogni diecimila abitanti. Ad oggi in Italia si ha una situazione pari a 0,04 Case Rifugio per 10mila abitanti. Insomma, gli obiettivi sono lontanissimi.
L’indagine evidenzia che i centri antiviolenza, gestito da soggetti pubblici o da associazioni, hanno ospitato un totale di 1.940 donne di cui il 62,1% straniere. Guardando i dati precedenti sulle nazionalità delle vittime, si evidenzia che quelle di nazionalità italiana privilegiano altre destinazioni. Ma c’è una forte differenza tra le aree del Paese: il 68,4% delle Case Rifugio è attiva nel Nord Italia, con la Lombardia che da sola conta 57 sedi attive, e il 17,1% nel Centro del Paese.
La serie storica degli omicidi di genere
La serie storica degli omicidi di genere, come mostra il grafico qui sotto, mostra come siano soprattutto gli omicidi di uomini a essere diminuiti in 25 anni. Mentre le vittime donne di omicidio sono rimaste stabili. E’ vero, le donne vengono uccise meno degli uomini, ma è necessario andare a vedere nel dettaglio i dati sulle violenze, sul cosiddetto “femminicidio” e su quanto fa lo Stato per combattere la violenza di genere.
Maltrattamenti, atti di stalking, violenze sessuali sulle donne e percosse sono i cosiddetti reati spia della violenza di genere. Analizzando i reati commessi nel periodo tra gennaio e settembre 2020 confrontato con l’analogo arco temporale del 2019, emerge un andamento altalenante, con numeri comunque inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Durante il lockdown, conseguente alla pandemia da Covid-19, si registra il minor numero dei reati: a marzo 2.516 a fronte dei 3.319 di marzo 2019 e ad aprile 2.586 contro i 3.125 di aprile 2019.
Femminicidio, le statistiche: chi sono le vittime di stupro
Gli stessi reati, distribuiti sul territorio dove la vittima ha denunciato il fatto alle forze di polizia, mostrano che non c’è – da regione a regione – una diversa percezione del fenomeno. L’incidenza per 100mila abitanti di sesso femminile ha quasi gli stessi valori in tutta Italia: spiccano però Campania e Sicilia. Le vittime sono italiane in altissima percentuale. Si parla dell’80% dei casi, con colpevoli italiani che, per la maggior parte dei casi, il 25%, hanno un’età compresa tra i 31 e i 44 anni. L’affermazione che per alcuni reati come i maltrattamenti, le percosse o la violenza sessuale il genere assuma un ruolo preponderante, è dimostrata dai dati. Infatti nel periodo gennaio 2016-agosto 2019, le vittime di sesso femminile sono aumentate, passando dal 68% del 2016 all’81% del 2020.
I dati sul femminicidio in Italia
L’Istat non parla di “femminicidio“, ma di “omicidi di donne“. Questo termine è stato molto criticato e non viene usato né in ambito sociologico né in ambito giuridico. Lo utilizza, però, anche il rapporto “Questo non è amore” della Polizia. “Il termine femminicidio – si legge nel rapporto della Polizia – pur non avendo valenza giuridica, nasce per indicare tutti gli atti di violenza sulle donne, fino all’omicidio, perpetrati in danno della donna in ragione proprio del suo sesso e ricomprende ogni forma di discriminazione che annulla la possibilità di godere dei diritti fondamentali alla vita, alla salute, al lavoro, all’accesso alle cariche pubbliche”.
Il trend dei femminicidi in Italia
Tra i 22 Paesi dell’Unione europea per i quali si hanno a disposizione dati recenti, si osservano valori inferiori a quelli italiani solo in Grecia e Cipro (i dati sono del 2017). E’ necessario fare una premessa: la violenza sulle donne è un fenomeno che va debellato in ogni sua forma e richiede sicuramente investimenti pubblici adeguati. Cosa che, al momento, non succede. Però, le notizie di cronaca di vere tragedie familiari potrebbero far pensare ad un incremento dei femminicidi che, analizzando i dati dell’Istat, non emerge se si guardano ai dati assoluti.
Femminicidio, statistiche e confronto con gli omicidi degli uomini
Come si vede nel grafico in alto, la serie storica degli omicidi per genere – aggiornata al 2017 – dice che sono soprattutto gli omicidi di uomini a essere diminuiti in circa 26 anni. Mentre le vittime donne di omicidio sono rimaste complessivamente stabili. Il diverso andamento degli omicidi di uomini e donne ha, quindi, radicalmente modificato il rapporto tra i sessi. Per i maschi, nonostante l’incidenza degli omicidi si mantenga tuttora sempre nettamente maggiore rispetto alle femmine, i progressi sono stati molto visibili. Per le donne, che partivano da una situazione molto più favorevole, la diminuzione nel tempo ha invece seguito ritmi molto più lenti, fino ad arrestarsi.
Fonte: Polizia, Istat
Ultimo aggiornamento: novembre 2023