Un’analisi approfondita dell’ecosistema delle startup in sei paesi europei, dove il settore hitech è in spolvero. Sarà questo il tema al centro della conferenza LeWeb che si terrà l’11 dicembre a Parigi, un Forum Europeo delle startup per fare il punto della situazione nel Vecchio Continente. Sotto la lente i pro e i contro degli ecosistemi di Regno Unito, Israele, Germania, Francia, Russia e Svezia.
Svezia
Come nel caso di Israele, il mercato interno svedese è troppo piccolo perché gli imprenditori non siano costretti a guardare oltreconfine per lo sviluppo del business dal primo giorno in cui avviano una startup.
Una vocazione internazionale che ben si sposa con caratteristiche innate nella popolazione scandinava, votata per natura al duro lavoro e a una visione etica molto forte.
D’latra parte, il know how tecnologico non manca, anche grazie ad un sistema educativo di qualità e alla propensione a coltivare diversi hobby, per contrastare la durezza del clima.
In generale, la perfetta conoscenza dell’inglese fa sì che diverse realtà svedesi abbiano l’inglese come lingua principale, ulteriore tassello che contribuisce all’internazionalizzazione del business e al reclutamento di talenti all’estero.
Stoccolma
La capitale è un cluster tecnologico importante, patria di diverse startup di successo, basti ricordare Spotify, Auxy, Teenage Engineering nel settore musicale, Klarna e iZettle nel segmento ‘fintech’, Minecraft e King.com nel ‘gaming’.
Il sistema di finanziamento pubblico e il sostegno in termini di strumenti e tecnologie all’ecosistema delle startup locali sono ben sviluppati, e anche le grandi aziende del paese sono coinvolte nel settore.
Punti deboli
Come Israele, anche la Svezia è penalizzata dalle piccolo dimensioni del mercato interno.
Un altro punto a sfavore è il forte legame degli Scandinavi per la famiglia, che li spinge a non esagerare con gli straordinari e a non lavorare troppo oltre il normale orario lavorativo.
Il periodo di ferie estive è piuttosto prolungato, il che porta ad un rallentamento delle attività per un lasso di tempo che può arrivare fino a 10 settimane.
Sul fronte del venture capital, non ci sono investitori con grandi capacità di spesa, sostituiti per lo più da player esteri.
In fase di avviamento, gli investimenti inziali sono di orma molto bassi. C’è carenza di incubatori di grandi dimensioni, rispetto al resto d’Europa gli hub e gli spazi di co-working non sono molto sviluppati.
La tech community è piuttosto sfilacciata e il gap generazionale fra vecchi e nuovi imprenditori si fa sentire.
Infine, gli incentivi statali per l’avvio di una startup sono risicati e il regime fiscale non è dei più favorevoli.