Oggi in Italia sono attive più di 5.800 startup e più del 10% (circa 615,) lo è nel settore energetico. Il contributo al PIL nazionale delle sole imprese energetiche potrebbe arrivare fino a 173 milioni di euro all’anno, poco meno del 10% del contributo dell’intera popolazione di startup in Italia, che si stima possa raggiungere il valore di 1.855 milioni di euro.
In coda, le startup del Mezzogiorno, che producono comunque mediamente oltre mezzo milione di euro.
Sono alcuni dei dati contenuti nel nuovo Rapporto annuale sull’innovazione energetica dell’Istituto per la Competitività di I-Com, giunto alla sua ottava edizione.
Il comparto energetico è uno dei più dinamici in questo momento e le startup stanno contribuendo a tale fase di crescita, anche se, a detta di Stefano Empoli, presidente del think tank I-Com, “si sta ancora parlando in grande maggioranza di potenzialità inespresse, se è vero che il 69,8% delle startup energetiche (e il 67,5% delle startup in generale) dichiara un valore della produzione inferiore a 100.000 euro. I migliori risultati del Centro Italia si spiegano con un numero minore di micro-imprese innovative attive nell’energia (il 66,0% contro il 70,3% del Nord e il 77,2% del Mezzogiorno)”.
Per conoscere il numero pro-capite di startup innovative attive sul territorio e della capacità di sopravvivenza delle neo-imprese è stato elaborato da I-Com un indicatore di performance più completo, tramite cui emerge che le regioni più performanti risultano essere le Marche, l’Emilia Romagna, l’Umbria e il Molise (anche se per le ultime due Regioni il dato risulta statisticamente meno significativo, vista la bassa numerosità delle startup in valore assoluto).
In termini di brevetti, si distinguono Sardegna e Molise, dove almeno la metà del numero di startup energetiche ha depositato un brevetto o registrato un software: “A differenza, ad esempio, della Lombardia, dove a dispetto dei valori assoluti sono meno di un terzo quelle che brevettano, circa il 29% – ha spiegato Antonio Sileo, direttore I-Com – e ciò conferma l’importanza di questa forma imprenditoriale in economie regionali più deboli, dove le start-up possono rappresentare un volano per la crescita”.