La cessione delle quote di Open Fiber da parte di Enel, il 10% a Cdp e il 40% a Macquarie, non avverrà in tempi rapidi e in semplici passaggi. Dopo il via libera del Gruppo guidato da Francesco Starace, per formalizzare la cessione sarà necessario: il parere dell’Antitrust europeo, avere l’ok dalle banche finanziatrici e l’esecutivo dovrà esprimersi come previsto dalla normativa sul golden power, perché Macquarie è un fondo extra europeo.
Starace: “Risolvere il problema delle aree grigie con la concorrenza tra operatori”
A ricordare questo iter è lo stesso Starace, nell’intervista al Sole24Ore, nella quale indica la migliore modalità per cablare con la banda ultralarga, entro il 2026, le aree grigie. “Sono un po’ terra di nessuno”, osserva Starace. “Se nelle aree C e D”, aggiunge, “Open Fiber cabla la zona rurale attorno a una cittadina in zona grigia quella città non la copre nessuno”. “Il tentativo del ministro Colao”, continua Starace, “è arrivare in quelle zone attraverso bandi competitivi. O meglio, immagino che sarà un processo competitivo con cui si mettono a disposizione fondi in una zona al fine di ottenere il prezzo più basso per cablare”.
“Avere più di una rete che compete su aree da coprire risolve qualche imbarazzo e il problema dell’allocazione dei fondi“
Dunque, per il ceo del Gruppo Enel è più efficace, in questo momento, la competizione tra le società che offrono l’accesso alla fibra fino alle case e agli uffici dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione che la realizzazione di una ‘rete unica’ nelle aree grigie.
Infatti, spiega nell’intervista: “Penso che il ministro per l’innovazione Vittorio Colao sia stato chiaro. Non mi pare tanto che la rete unica sia stata scartata, quanto che il vero problema sia cosa dobbiamo fare per accelerare la copertura digitale approfittando dell’opportunità del Recovery Fund. E poiché quei fondi sono allocati su base competitiva, forse avere più di una rete che compete su aree da coprire risolve qualche imbarazzo e il problema dell’allocazione dei fondi. Se poi alla fine di questo percorso le due reti decidono di fondersi è altra cosa. È un discorso che sarà più interessante fra 3-5 anni”.
PNRR e Italia cablata entro il 2026
Quindi, per ricevere con sicurezza dall’Europa i 6,3 miliardi di euro previsti dal PNRR per la banda ultralarga e 5G occorre puntare più sulle reti di connessione di ultima generazione che sulla rete unica.
La futura rete unica come potrebbe realmente prendere vita?
E poi la futura rete unica come potrebbe realmente prendere vita?
Per Margrethe Vestager, Vice Presidente della Commissione Europea e Commissario alla Concorrenza, è necessaria una netta separazione tra il gestore della rete e le aziende che si rivolgono al cliente finale. In poche parole un incumbent verticalmente integrato come TIM non potrebbe far parte della società della rete, se vende anche servizi retail. E in merito ai fondi del Recovery Fund, Vestager ha già chiarito: “dovranno preservare una effettiva concorrenza nel mercato Tlc”.
Anche il premier Mario Draghi spinge sulla concorrenza per garantire entro il 2026 a tutti gli italiani reti ultraveloci, grazie alla banda ultralarga e al 5G. “Dobbiamo impedire che i fondi che ci accingiamo a investire finiscano soltanto ai monopolisti”, ha messo in guardia Draghi nell’illustrare in Parlamento il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La futura rete unica ultrabroadband in Italia, considerate le posizioni del Governo italiano ed europeo, e le affermazioni del Commissario alla Concorrenza Vestager non potrà che essere wholesale only, a maggioranza pubblica e neutrale. Ma ci vuole tempo per poterne beneficiare.