Dopo una lunga carriera nelle multinazionali dell’advertising, Alberto Contri è stato membro del CdA Rai e A.D. di Rainet. Attualmente è presidente della Fondazione Pubblicità Progresso. E’ stato l’unico italiano ad essere cooptato nell’esclusivo board della EAAA (European Association of Advertising Agencies).
Con oggi inizia la sua collaborazione con Key4biz, illustrando ogni settimana una campagna pubblicitaria di particolare interesse sociale.
Un titolo di Repubblica del 28 Novembre recita: “Contrordine sul multitasking: è un pericolo per il cervello“. Ohibò! Ma quale contrordine…
E’ già da diverso tempo che saggisti e ricercatori avveduti come Nicholas Carr e Manfred Spitzer hanno lanciato l’allarme con due libri che hanno fatto rumore: “Internet ci rende stupidi” e “Demenza digitale“. Io stesso, nella mia Lectio Magistralis in occasione del conferimento della Laurea H.C. alla IULM di Milano, vi ho dedicato un ampio capitolo nel novembre del 2010, condensandovi molto del vissuto dell’insegnamento universitario. Mostrando per l’occasione la foto di una giovane dea Khalì, intenta con le sue sei braccia a tenere in mano l’I-Pad, il cellulare, il telecomando della tv, quello del videogioco, un panino, eccetera.
Una forzatura che è una chiara rappresentazione dell’atteggiamento multitasking dei giovani studenti, sempre più distratti da stimoli diversi raccolti in contemporanea, sempre più incapaci di concentrarsi e quindi incapaci di conseguenza di sviluppare un pensiero non frammentato e ben strutturato.
Non ci voleva molto a capirlo, ma quello che accade nella testa di questi giovani è esattamente ciò che l’infografica dell’articolo di Repubblica ci spiega: “Ogni attività che facciamo fa accendere alcune aree del cervello…ma le aree del cervello che riescono ad accendersi non aumentano…anzi, avviene che i neuroni dedicati a ciascuna attività si riducano quanti più sono i compiti che cerchiamo di svolgere insieme“.
Altro che contrordine, la faccenda sta diventando di dominio comune. Al punto che se ne occupa persino la Coca-Cola, mettendola al centro dell’attenzione in uno spot in cui si prende di petto la fastidiosa abitudine di stare sempre attaccati a un qualche device, dimenticando di vivere la realtà e di socializzare sul serio con le persone.
Il rimedio che viene proposto per obbligarci a guardare gli altri esseri umani negli occhi assomiglia a quegli aggeggi che cercano di impedire agli animali domestici di leccarsi una ferita: e a anche in questo c’è una amara ironìa.
E viene in mente il vecchio aforisma “Castigat ridendo mores“. Sicchè questa campagna commerciale assume, pur con il suo trattamento ironico, il tono di una campagna di CSR che cerca di migliorare i rapporti tra le persone.